Moby Dick è il cortometraggio pluripremiato di Nicola Sorcinelli, classe 1987, un autore e regista giovane e con alle spalle già alcuni cortometraggi interessanti.
Moby Dick narra la storia di Bianca, interpretata da Kasia Smutniak, una giovane donna che si trova a dover fronteggiare la scomparsa prematura del marito e per provvedere al sostentamento della famiglia, cerca di prendere il suo posto su un peschereccio. Ma il silenzio notturno e la quiete del mare vengono interrotte dall’incontro con un’imbarcazione che ospita immigrati clandestini in pericolo di vita.
Solitamente l’attitudine con cui mi accingo a vedere un’opera di finzione, è quella di scegliere volutamente di non sapere nulla di quello che vedrò. Decido di lasciare ai miei sensi la prima codifica. Successivamente, inizio a raccogliere le informazioni che completano quell’esperienza. Press kit, note di regia, making of, tutto quello che mi serve per avere una visione complessiva dell’opera appena vista.
Anche in questo caso, l’approccio è stato di prassi.
Nel cortometraggio Moby Dick, lo spettatore viene trascinato in un mare oscuro, dove si confondono tutti i confini, fino a diventare un unico grande buio e ne restituisce lo stato di dolore che accomuna tutti gli esseri che si trovano in quella condizione.
La scena di apertura del corto vede Kasia Smutniak in acqua fino alle spalle, completamente vestita, giaccone e berretto di lana inclusi. Sembra una vera dichiarazione d’intenti, fatta di contrasti, anche la fotografia di questa scena, gioca su questo. Stacco. Kasia sola sul peschereccio nell’oscuro mare deserto.
La sua solitudine riempie il vuoto lasciato dalla fusione tra il mare e il cielo in un unico nero. Solo una luce riecheggia, nel piccolo dialogo tra lei e suo figlio attraverso la radio di bordo. Così come un colore, quella voce ci accompagna ad un’altra voce, quella che intona un canto che sa’ di sabbia, sudore e paura. Quella stessa luce si appoggia all’orizzonte e si colora di rosso, la vita. Il richiamo che la spinge a raggiungere quella luce è proprio la vita, quella vissuta dai poveri diavoli di questa società che si meraviglia davanti alla caritas.
Vorrei chiedere, sicuramente un giorno lo farò, a Nicola Sorcinelli e Damiano Bruè, che hanno firmato la sceneggiatura, se fin dall’idea prima c’era in sé la scelta di lasciare che fosse il pubblico a decidere quale versione di questa storia scegliere.
Perché è qui che si annida la potenza del cinema, nell’offrire allo spettatore la possibilità di un alternativa. Se la volontà era quella di trasporre i concetti portanti del romanzo Melvilliano, il dilemma dell’ignoto, del senso di speranza e della possibilità di riscattarsi, Bianca/Kasia affronta, con la stessa potenza, tutto questo sola su un peschereccio nel mediterraneo.
Alla luce di questa intuizione, Moby Dick di Nicola Sorcinelli è un buon lavoro. Il regista avrebbe potuto osare di più, eliminando quelle poche concessioni, di cui forse non c’era una vera necessità. Aspettiamo presto il lungometraggio a cui sta lavorando.
Il cortometraggio Moby Dick diretto da Nicola Sorcinelli e prodotto da Redstring e Time Film è distribuito nel mondo da Emera Film