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Il passo dell’Acqua di Antonio Di Biase alla 7° edizione di Mente Locale

L'uso della pellicola in Il passo dell'Acqua consente di riconnettere l'estetica del film con la tradizione pittorica

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Il passo dell'Acqua

Il passo dell’Acqua, documentario realizzato da Antonio Di Biase, è in concorso alla 7° edizione di Mente Locale. L’opera è stata prodotta da Heide Granauer e Lorenzo Paccagnella per la ZeLIG Film.

Antonio Di Biase, classe 1994, è un giovane cineasta con le idee già molto chiare. Il passo dell’Acqua esprime al meglio le peculiarità artistiche, espressive e culturali del suo autore. Il documentario ha una forte ascendenza pittorica, ma non è sterile manierismo, piuttosto un’indagine, anche antropologica, su un mondo antico, ormai scomparso.

Dalle vette della Maiella al mare Adriatico

Il passo dell’Acqua è un omaggio alla terra d’Abruzzo, dalle vette della Maiella al mare Adriatico. Il documentario è diviso in tre capitoli e racconta la storia di chi vive ancora in contatto con lo spirito della natura. Domenico, un vecchio pastore che passa le giornate con il suo gregge; Nisida, una vedova, che mossa dalla fede, decide di intraprendere un pellegrinaggio; e Michele, un pescatore in pensione, che vive con il suo gatto bianco tra le rovine del vecchio borgo.

Mente Locale – Visioni su territorio 2020, oltre a presentare Il passo dell’Acqua, ospita una ventina di film, con due anteprime mondiali. La kermesse è dedicata al racconto del territorio e la sua giuria è composta da, Marco Cuoco, DAMS DI Bologna; Enza Negroni, documentaristi Emilia Romagnia, Silvestro Serra, Touring Club Italia; Loris Lepri e Olga Torrico, Sayonara Film.

L’Abruzzo di Silone

L’opera realizzata da Antonio Di Biase è, difatti, un racconto di un paesaggio, l’Abruzzo, che appare come un mondo ancestrale. Il regista racconta la sua terra, per evocare un mondo antico. La vita dei contadini, dei pastori e dei pescatori, fatta di gesti, e azioni ripetute, che acquistano un aspetto sacrale.

Le immagini de Il passo dell’Acqua richiamano alla mente le pagine scritte da Ignazio Silone. L’ambiente è lo stesso, dominato da una natura generosa, ma anche crudele, dove l’uomo è solo un ospite silenzioso. Domenico, il vecchio pastore, sembra uno dei tanti “cafoni” di Fontamara o Pane e vino.

La pittura in Il passo dell’Acqua

Ma il maggior riferimento de Il passo dell’Acqua è la pittura. Ogni inquadratura è fissa ed è composta come un quadro a sé. Colori tenui e grandi spazi, come nella pittura olandese del XVII secolo, raffigurano la vita tra i monti. Il riferimento alla pittura, non è un caso, ma un obiettivo del regista, il quale decide di realizzare questo lavoro in analogico.

È la pellicola, infatti, a dare una connotazione contemplativa a Il passo dell’Acqua. Caratteristica questa, già espressa in De Sancto Ambrosio (2019), primo documentario di Antonio Di Biase. Il regista ama dilatare il tempo. Le immagini de Il passo dell’Acqua immortalano l’uomo in un paesaggio maestoso ma soprattutto silente.

La frenesia di oggi, la quiete di ieri

Il tempo in questo documentario viene trattato come materia narrativa e non solo. Si attua una particolare dilatazione temporale, con lo scopo di contrapporre alla frenesia di oggi la quiete di ieri. Domenico, Nisida e Nicola vivono nel silenzio della loro quotidianità. I tre hanno il viso segnato dagli anni e ciò, ancora una volta, viene sottolineato con un uso pittorico della macchina da presa.

Il passo dell’Acqua invoca un mondo ormai passato, con tutte le sue tradizioni, dove anche la bestemmia assume un significato diverso. Non è mai blasfemia, piuttosto un grido d’amore verso un Cristo solidale nei confronti di chi vive con i frutti della terra. La preghiera, la religione diventa centrale nella storia di Nisida.

La voracità della modernità

L’anziana donna viene dipinta (il regista usa la macchina da presa come un pennello sulla tela) immersa nella preghiera. Nisida è avvolta in un’aura sacrale, il tutto in lei riconduce alla supplica, come quando tocca il cibo. È la sua forte fede che la spinge ad affrontare un pellegrinaggio verso l’ermo di San Bartolomeo.

È nel terzo e ultimo capitolo de Il passo dell’Acqua dove diventa ben visibile la voracità della modernità. Nicola è un vecchio pescatore, segnato dal sole e dalla salsedine, ultimo testimone di un mondo passato. In una Pescara ormai moderna, l’uomo ricorda un tempo lontano, quando il mare era l’unica fonte di sostentamento, argomento già affrontato da Antonio Di Biase in Nuova Zita (2016).

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Il passo dell'Acqua di Antonio Di Biase alla 7° edizione di Mente Locale.

  • Anno: 2019
  • Durata: 52 minuti
  • Genere: documentario
  • Nazionalita: italia
  • Regia: Antonio Di Biase