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‘High Life’: l’umanità danneggiata protagonista

Claire Denis scrive e dirige un'opera potente, composta di strati e di suggestioni, scegliendo un particolare spaccato della società e posizionandolo nello spazio. Su Prime Video

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High Life, su Prime Video, segna il ritorno dietro la macchina da presa per la visionaria Claire Denis (L’amore secondo Isabelle, Bastards), impegnata a dare vita a un’opera quanto mai affascinante e significativa. Il film è distribuito da Movies Inspired.

High Life

Robert Pattinson interpreta Monte, un uomo che vive all’interno di una navicella spaziale, in compagnia esclusivamente della figlia neonata Willow. Man mano che la narrazione procede, si verrà a conoscenza di quanto accaduto in precedenza.

“Infrangi le regole della natura e ne pagherai il prezzo” | L’umanità danneggiata protagonista di High Life

High Life è una di quelle pellicole costruite a strati, che vengono via via svelati, in un crescendo di emozioni tra le più disparate e potenti. La Denis si sofferma a raccontare un’umanità danneggiata, che al suo interno conserva però dei barlumi di compassione, pentimento, propositività.

Elementi che caratterizzano talvolta anche chi ha compiuto atti ignobili e irreparabili. Così in origine c’era un gruppo di galeotti scelti per un vero e proprio esperimento sociale: uomini e donne inviati nello spazio a tempo indeterminato e senza un obiettivo prefissato, se non quello di servire da cavie.

High life

Carnefici che divengono ben presto vittime di una figura che ricorda da molto vicino i cosiddetti medici e scienziati operanti nei campi di concentramento.

“È come se tu fossi la sciamana del sesso” | Tra Medea e Josef Mengele

Juliette Binoche è la dottoressa Dibs, sorta di moderna Medea, ossessionata dalla sua perdita e decisa a ogni costo a mettere al mondo delle creature sane. Creature che saranno comunque condannate a un’esistenza fuori dal tempo e dallo spazio.

Tra tentativi simili alla tortura, inganni e minacce, la donna porta avanti il suo scopo senza alcun tipo di titubanza né di turbamento.

Al tempo stesso magnetico e disturbante, il suo personaggio sarà quello che infine innesta la marcia sucessiva, conducendo la pellicola a cambiare registro.

I riferimenti di High Life e il rapporto tra padre e figlia

High Life appare infatti separato tra il prima e il dopo, in attesa di un probabile oltre. Impossibile non pensare ai vari Alien, The Martian o meglio ai più recenti e piccoli Prospect (visto alla Festa del Cinema di Roma 2019) e Io con Margaret Qualley, con i quali il film della Denis condivide non tanto l’ambientazione, quanto soprattutto questo senso di isolamento, claustrofobia, a tratti disperazione. E Pattinson è bravissimo a reggerne tutto (o quasi) il peso sulle spalle.

Intrappolati per sempre nello spazio profondo, lontani anni luce dal resto dell’umanità, l’unico legame sopravvissuto e fonte di sopravvivenza è quello tra un padre e sua figlia.

Nelle scene iniziali vediamo come l’uno dipenda dall’altra e viceversa, sul piano fisico e a livello psicologico. La sanità viene mantenuta da un equilibrio alquanto fragile, mentre il senso di appartenenza cresce in maniera esponenziale. Saltano tutte le “normali” convenzioni, dal momento che nell’esistenza di Willow e Monte di normale c’è poco o nulla.

Lo stile di High Life è la vera punta di diamante

Stilisticamente e visivamente High Life esibisce delle punte di rara maestosità e poesia. Ne sono un esempio la scena dei corpi fluttuanti nello spazio nero, dove risplendono grazie al colore bianco delle tute, e quella nella cosiddetta stanza del piacere, al limite estremo dell’onirico, che richiama alla mente un po’ Buñuel un po’ Aronofsky, con le dovute differenze.

Luogo di perdizione necessario ma non sempre sufficiente, tale ambiente serve a sottolineare il valore del sesso all’interno della narrazione.

Come l’igiene e la sepoltura, anch’esso fa parte di quei rituali creati dall’essere umano per dare un senso, una cadenza, un valore, alla realtà circostante, che si trovi sulla Terra o su una navicella spaziale. E ancora ai Lupercalia, antichi riti propoziatori dell’antichità, vien da pensare per questa continua commistione mostrata tra sangue e latte (e talvolta sperma).

Con i dettagli viene poi suggellata la potenza espressiva del lavoro della Denis, capace di trasmettere una miriade di suggestioni attraverso pochi tocchi essenziali.

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*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.

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