A Dangerous Method, un film biografico del 2011 diretto da David Cronenberg. Il film, ambientato tra Zurigo e Vienna alla vigilia della prima guerra mondiale, si basa sui rapporti turbolenti tra lo psichiatra Carl Gustav Jung, il suo mentore Sigmund Freud, il loro collega Otto Gross e Sabina Spielrein, una donna bella e tormentata che si frappone tra loro. La sceneggiatura è curata da Christopher Hampton, che ha basato per il grande schermo un suo lavoro teatrale del 2002, a sua volta basato sul libro di John Kerr Un metodo molto pericoloso del 1993. Il film è stato presentato in anteprima mondiale e in concorso alla 68ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, e successivamente è stato distribuito in tutto il mondo. Con Viggo Mortensen, Keira Knightley, Michael Fassbender, Vincent Cassel, Sarah Gadon.
Sinossi
Il turbolento rapporto tra il giovane psichiatra Carl Gustav Jung, il suo mentore Sigmund Freud e Sabina Spielrein, la donna bella e tormentata che si frappone tra loro.
A Dangerous Method, ovvero la degenerazione autodistruttiva dell’istinto sessuale: ecco questo potrebbe essere un ottimo punto di partenza per parlare di una pellicola che ha nuovamente al centro il tema delle “contaminazioni”, che non riguardano più però solo la carne che a volte si fa macchina e viceversa, né trovano origine nelle turbe dell’intelletto che si ribaltano sul corpo come accadeva per esempio in Spider, ma si scoprono invece come infestanti gramigne profondamente radicate nell’anima, dentro la coscienza e nella storia. Questa volta infatti la mutazione – di nuovo “schizofrenica” nella sua lussureggiante esposizione visiva fino dal prologo, con una carrozza che corre come priva di freni, trainata da una terna di neri cavalli che sembrano quasi imbizzarriti, e al suo interno rinserra come una prigioniera la Spielrein che in preda ad una crisi isterica si dimena nello spazio angusto dell’abitacolo, trattenuta a stento dal padre, quasi che si trattasse dell’incipit di un film horror – ha un’origine ancora più angosciante e dolorosa, perché è partorita proprio dalla traccia indelebile della mostruosità cresciuta dentro l’essere umano e i territori fecondi che sanno bene come farla proliferare, fino a diventare parte centrale e inscindibile del vissuto di ogni individuo pensante e razionale.
Ma se le tracce di continuità certa con il passato artistico del regista, forse, si riescono a intravedere soltanto (e parzialmente) nella straordinaria resa interpretativo/visiva di un’eccellente Keira Knightley (da troppi ingiustamente sbeffeggiata) nei panni e nel corpo spigoloso di quella Spielrein semi-indemoniata, il cui volto plasmatico – sfidando e dribblando il pericolo del ridicolo sempre in agguato di fronte a simili performances volutamente estremizzate fino all’eccesso – si deforma in maniera davvero inquietante aderendo con coraggio e duttilmente al “quadro” disegnato da regista soprattutto nel corso degli orgasmi che Jung le procura con la violenza, per il resto questa volta si opta per una metafora invero più diretta e lineare (meno “fenomenologica”) nella forma scelta per la mediazione in immagini di una vicenda che non riguarda più (o non soltanto) i fantasmi interiori che ciascuno coltiva nascosti nell’inconscio, ma coinvolge un cambiamento epocale del pensiero e un differente modo di leggere le cose, permesso proprio da questo essere riusciti a “squarciare” persino le coscienze che rende il tutto ancora più tragicamente definitivo perché non lascia scampo, visto che con l’avvento della psicanalisi, probabilmente non c’è veramente più niente dietro cui ci si può nascondere o camuffare.
Con A Dangerous Method, David Cronenberg vira lo sguardo dalle mostruosità del corpo a un meccanismo in superficie molto più classico ma in realtà ancora e sempre fortemente interessato alla messa in scena del processo di mutazione, dove però le dinamiche dello scontro sono affidate a un torrente inarrestabile di frasi e di “concetti” in movimento dentro a un dialogo fittissimo e pieno di sollecitazioni fortemente coinvolgenti.