“L’ultima avventura potteriana funziona a dovere, tanto da incarnare le fattezze di uno dei capitoli più riusciti della saga. Di sicuro il migliore tra quelli diretti da Yates”.
“Quando Steve Kloves ha iniziato a lavorare alla sceneggiatura, è stato chiaro che avremmo dovuto sacrificare troppo del libro di Jo se avessimo dovuto girare un solo film. Semplicemente c’erano troppi dettagli fondamentali per la conclusione della serie”.
Così il produttore David Heyman sintetizza le motivazioni che hanno portato alla scelta di dividere in due lungometraggi la trasposizione su celluloide del settimo testo dedicato dalla scrittrice inglese J.K. Rowling alle avventure dell’occhialuto maghetto di Hogwarts, incarnato sullo schermo da Daniel Radcliffe.
Trasposizione su celluloide che, curata come i precedenti, poco riusciti Harry Potter e l’Ordine della Fenice(2007) e Harry Potter e il principe mezzosangue (2009) dal regista David Yates, vede il protagonista – ancora affiancato dagli inseparabili amici Hermione e Ron, rispettivamente con le fattezze di Emma Watson e Rupert Grint – impegnato a rintracciare e distruggere gli Horcrux, chiave dell’immortalità del malvagio Voldemort alias Ralph Fiennes, il quale potrebbe ottenere il potere assoluto tanto desiderato se l’antica leggenda dei Doni della Morte si rivelasse vera.
E, mentre il mondo dei Maghi è diventato un posto pericoloso per ogni nemico del Signore Oscuro, in quanto la guerra che tutti temevano è iniziata e i Mangiamorte hanno preso il controllo del Ministero della Magia e di Hogwarts, appare evidente, fin dalla sequenza d’apertura con serpente che viene contro lo schermo come se volesse divorare lo spettatore, un certo orientamento generale verso le cupe atmosfere e il look tipici del cinema horror.
Tendenza in parte sfiorata anche nei precedenti tasselli della serie, ma che ora sembra essersi maggiormente accentuata, anche perché, come osserva giustamente Radcliffe: “É stato giusto dare al film un tono più adulto, anche perché è difficile vederci come scolaretti quando ormai non lo siamo più”.
In ogni caso, provvede l’immancabile ironia a rassicurare gli spettatori più piccoli, i quali non potranno fare a meno di essere rapiti da una nuova avventura potteriana ricca di trovate, trasformazioni ed effetti digitali mai invadenti che, molto movimentata nel corso della sua prima parte, la quale concede anche spazio ad una frenetica corsa contromano a bordo di un sidecar, rischia soltanto d’infiacchirsi durante la seconda.
Avventura potteriana che, a causa dei molti cambiamenti effettuati nel passaggio su schermo, farà sicuramente storcere il naso ai seguaci dei libri, ma che cinematograficamente parlando funziona a dovere, tanto da incarnare le fattezze di uno dei capitoli più riusciti della saga. Di sicuro il migliore tra quelli diretti da Yates.
Francesco Lomuscio
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