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Film da Vedere

Il cratere, l’ottimo film di esordio di Silvia Luzi e Luca Bellino

Presentato alla Settimana Internazionale della Critica di Venezia e vincitore del Premio Speciale della Giuria al 30° Tokio International Film Festival, Il cratere è l'interessante esordio nel lungometraggio di finzione di Silvia Luzi e Luca Bellino. Un film che non teme di avviare una seria ricerca sul linguaggio. Da vedere

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Il cratere, un film del 2017 diretto da Silvia Luzi e Luca Bellino. È l’esordio nel cinema di finzione dei due registi. Presentato alla Settimana Internazionale della Critica di Venezia e vincitore del Premio Speciale della Giuria al 30° Tokio International Film Festival è uscito nelle sale cinematografiche italiane il 12 Aprile 2018 distribuito da La Sarraz distribuzione. Con Sharon Caroccia e Rosario Caroccia.

Sinossi
Rosario è un venditore ambulante che, nel desiderio di riscatto per la sua vita e per quella della sua famiglia, è ossessionato dal talento canoro della figlia, la giovane e bella Sharon. Prova allora a lanciare la figlia come cantante ma la giovane desidera invece continuare ad avere la sua vita fatta di giochi e di spensieratezza.

 

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Film di esordio di Silvia Luzi e Luca BellinoIl cratere (le prime due opere della coppia di registi sono i documentari Dell’arte della guerra, 2012, e La minaccia, 2008), prima di approdare ufficialmente nelle sale era stato giustamente selezionato dalla attenta commissione della Settimana Internazionale della Critica della Mostra del Cinema di Venezia.

Giustamente perché, finalmente, abbiamo un lungometraggio tricolore in cui, evitando di lasciarsi sedurre dalla tentazione di piacere a tutti i costi, si avvia una sperimentazione seria, attraverso cui indagare il divenire dello statuto ontologico dell’immagine, senza per altro perdere in termini di attrattiva, di fruibilità. Una ricerca intensa, dunque, indirizzata a far collassare la logica della rappresentazione in favore dell’emersione dell’anima dei personaggi (un padre e una figlia: i sorprendenti esordienti – legati anche nella realtà da tale legame di parentela – Rosario e Sharon Carroccia), restituita allo spettatore senza una mediazione che ne riduca la forza. La macchina da presa insiste sui volti dei protagonisti; i corpi degli attori svaniscono quasi, laddove, essendo costantemente amplificati visivamente, perdono i tratti distintivi, i confini che li delimitano: è come se, volendo vedere una tela, la avvicinassimo a tal punto ai nostri occhi da non potere più coglierne il soggetto interno. Gli sfondi continuamente sabotati da un ferreo (verrebbe da dire austero, a livello morale) fuori fuoco, gli oggetti che non di rado si frappongono tra la macchina da presa e il profilmico, “ostacolando” quasi la visione, e l’indugiare sistematico su alcuni dettagli, apparentemente non significativi, rivelano la volontà di contestare la dimensione spettacolare dell’immagine, quella, per intenderci, cui siamo fatalmente assuefatti.

È un prodigioso film sonoro, quello di Luzi e Bellino, nel quale il visibile sprofonda nell’invisibile, grazie alla dilatazione di un potente flusso orale che interrompe la dimensione cronologica del tempo, dando spazio a una durata emotiva in cui scorrono le vite interiori di Rosario e Sharon. Al Potere della Rappresentazione (visiva) subentra la Potenza della Presentazione (sonora). Il cinema resiste alla bulimia dello sguardo contemporaneo, non collude con la maniacalità del voyeurismo di massa, quello che vorrebbe rendere tutto immagine.

La vicenda, pur assai interessante – il sogno di Rosario, divenuto ossessione, e il tormento di Sharon, che non si sente all’altezza delle aspettative sempre più incalzanti del padre – passa quasi in secondo piano rispetto al cortocircuito della forma: quelle voci, quel dialetto (la storia è ambientata a Napoli), sfuggono alla possibilità di conferirgli un vero senso, poiché ad attraversare lo spettatore sono prima i significanti dei significatiIl montaggio non opera in favore della costruzione a posteriori di una storia, poiché viene costantemente segnalato un fuori campo assoluto che non cessa di riverberare sull’intero film. Un fuori, si badi bene, che non è un al di fuori, quanto piuttosto il delinearsi di un piano d’immanenza in cui decade il rapporto dialettico dei personaggi in favore di una gioiosa indiscernibilità che rende conto della precedenza logica e ontologica dell’intersoggettività rispetto ai singoli.

Un’ultima battuta: Sharon Caroccia è quasi più brava di Natalie Portman.

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Il cratere

  • Anno: 2017
  • Durata: 93'
  • Distribuzione: La Sarraz distribuzione
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Silvia Luzi, Luca Bellino