Si tratta di due titoli appartenenti al filone della Blaxploitation, nato negli Stati Uniti nei primi anni Settanta. Ma cosa è la Blaxploitation? Fusione dei due sostantivi black ed exploitation è, appunto, un genere costituito da pellicole d’exploitation indirizzate al pubblico degli afroamericani. Ne fu il prototipo Pupe calde e mafia nera di Ossie Davis. Iniziò ufficialmente nel 1971 con Sweet, sweetback’s baadasss song di Melvin Van Peebles.
Un genere che, senza contare successivi revival e omaggi (vi dice nulla Jackie Brown di Quentin Tarantino?), è tramontato tra il 1975 e il 1976. Un genere che ha annoverato addirittura varianti horror (pensiamo a Blacula) e che è stato reso popolare soprattutto da Shaft il detective di Gordon Parks.
E al suo interno, appunto, The final comedown e Lady Cocoa non possono rappresentare altro che due chicche da riscoprire. Due chicche che, rispettivamente firmate da Oscar Williams e Matt Cimber, vengono proposte in questo caso in lingua originale con sottotitoli in italiano.
Prodotta dal re del basso costo Roger Corman (non accreditato), la prima si svolge a Los Angeles per inscenare una storia di razzismo e discriminazione.
La storia del giovane di colore Johnny alias Billy Dee Williams, stanco delle continue angherie e ingiustizie nei confronti dei neri. Giovane in cui, di conseguenza, scatta un’intolleranza che lo porta ad organizzare sanguinosi moti rivoltosi insieme a suoi simili e a ragazzi bianchi in lotta per la parità dei diritti.

Perché, pur non essendo mai stato dichiarato, è al movimento rivoluzionario delle Pantere nere che s’ispira la circa ora e venti di visione. Circa ora e venti che, dall’apertura da antologia, con ossessiva colonna sonora su scontri a fuoco tra polizia e neri, si rivela tra le più dure del sottogenere. Sottogenere che annoverò proprio il conflitto con le forze dell’ordine americane nelle sue tematiche cardine. Qui affrontato senza concedere spazio a parentesi scanzonate, fino al confronto a fuoco proto-western conclusivo.
Mentre si respira un’aria completamente diversa in Lady Cocoa, con protagonista Lola Falana, ovvero una delle black girl più gettonate del periodo.
È infatti lei a vestire i panni della ragazza viziata e insolente del titolo, premiata con un permesso di ventiquattro ore dalla prigione. Il motivo? Deve testimoniare contro il boss di un’organizzazione criminale, i cui sicari, ovviamente, ora la inseguono. Costringendola a difendersi in un casinò, dove si scatena un vero e proprio inferno.
Anche se la vicenda in questione si differenzia da quelle interpretate da colleghe dell’epoca quali la Tamara Dobson di Cleopatra Jones : Licenza di uccidere e la mitica Pam Grier. Perché, in realtà, è principalmente nell’ultima mezz’ora di film che viene relegata l’azione. All’insegna di uno dei personaggi che contribuivano a portare avanti sullo schermo il movimento del femminismo nero, il quale si distaccava da quello generale. Un movimento impegnato a contrastare il maschilismo bianco yankee, ma anche quello dei neri stessi, molti ancora attaccati all’idea di vedere la donna sottomessa e incapace.
A cura di Shiva Produzioni, brevi sguardi alle origini della Blaxploitation fanno da extra ai dischi di The final comedown e Lady Cocoa.