Senz’altro valida la scelta di collocare nella serata di Halloween, tradizionalmente evocativa, l’anteprima di uno degli horror italiani più attesi della stagione, In the Trap di Alessio Liguori. L’appuntamento triestino con il fantastico ha fatto pertanto da battistrada. Sì, perché prima ancora di approdare col suo film a Science + Fiction 2019, il giovane e talentuoso regista aveva fatto parlare di sé quale astro nascente del cinema di genere italiano, capace di sfornare in circa otto mesi ben due titoli su cui si sta già focalizzando l’attenzione degli addetti ai lavori: In the Trap, per l’appunto, ed il non meno promettente Shortcut, col quale confidiamo di poterci confrontare al più presto.
Restando su In the Trap, è risultato ammirevole il modo in cui Liguori ha saputo agganciarsi a determinati topoi, in primis quelli relativi all’horror psicologico e al prolifico filone delle possessioni demoniache, non limitandosi a farli propri ma rielaborandone con cura lo stile, gli obiettivi, le invenzioni sceniche e lo stesso sostrato psicologico.
Già nel prologo con il protagonista bambino, del resto, è insita una piccola lezione di cinema che ha nel montaggio e nell’ottima, geometrica, ansiogena configurazione degli spazi i propri punti di forza. Si prende così confidenza con uno dei protagonisti assoluti del film: la casa. Gli ambienti della soffocante e spettrale dimora del protagonista sono peraltro il frutto di un’impegnativa ricostruzione in studio, come ci è stato rivelato dall’autore, il che rende ancora più ammirevole un dinamico approccio produttivo portato avanti, coraggiosamente, tra Lazio e Inghilterra. Quasi tutti di lingua anglosassone sono infatti gli interpreti, tra i quali si meritano una nota di merito lo spiritato protagonista Jamie Paul e l’esperto David Bailie, nei panni di un volenteroso sacerdote che tenterà di salvare la sciagurata famiglia del giovane dalla dannazione incombente.
Quel Jamie Paul che abbiamo poc’anzi menzionato interpreta quindi l’introverso, solitario Philip, sulla cui tormentata esistenza pesano certi tormentati e drammatici episodi dell’infanzia, che lo tengono ancora inchiodato alla vecchia dimora di famiglia. Una nuova, appassionata relazione servirà solo a risvegliare quelle forze che credeva d’avere sepolto ormai nel passato.
Ciò che avrebbe potuto sfociare nell’ennesimo horror soprannaturale ricco soltanto di spaventi e sinistre apparizioni, nelle mani di Alessio Liguori diventa invece ambigua sonda dei meandri più oscuri dell’animo umano, tra fedi vissute ossessivamente e maligne tentazioni, tra la luce e le tenebre. Oltre alla morbosa, scrupolosa attenzione per gli elementi scenografici è il particolare impianto narrativo a differenziare e valorizzare una storia, in cui il continuo alternarsi di piani temporali diversi allude anche agli stati mentali del protagonista, la cui coscienza si presenta al bivio più volte: vittima o carnefice? Ostaggio di presenze demoniache o dissociata mente criminale? Ponendo lo spettatore di fronte agli stessi interrogativi, l’autore sostanzia le più oscure e perniciose zone d’ombra dello spirito legandole a un ambiente chiuso, saturo di angoscia, che sembra fare da prigione sia per i corpi che per le anime.