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Science + Fiction 2019: Little Joe di Jessica Hausner

Coraggiosa apertura, al festival triestino, con il disturbante lungometraggio dell'austriaca Jessica Hausner, già premiato a Cannes per la migliore interpretazione femminile

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Ditelo con un fiore. Ma, possibilmente, non lo stesso fiore rosso indiscusso protagonista di Little Joe, il film di Jessica Hausner che dopo aver conquistato Cannes (dove si è portato a casa anche il premio per la Miglior Attrice a Emily Beecham) è infine sbarcato a Science + Fiction, creando un po’ di sconcerto nel pubblico triestino. Obiettivo pienamente raggiunto, quindi. Poiché da un lungometraggio del genere ci si aspetta proprio che scavi in determinate ossessioni, che mini le certezze dello spettatore, che lo metta a disagio sia per per l’affiorare di contenuti disturbanti che per la particolarissima forma conferita alla narrazione. Una forma tanto gelida quanto straniante.

Del resto la giornata d’apertura dell’amatissimo festival della fantascienza aveva preso da subito una piega destabilizzante: imbattersi in una pietra miliare del genere (o per meglio dire della Storia del Cinema) come Alien di Ridley Scott, riproposto sul grande schermo nel pomeriggio per celebrare il 40° anniversario della sua realizzazione, è già qualcosa che può indirizzare verso mondi claustrofobici e ansiogeni. Ovvio il riferimento al periodo in cui uscì nelle sale, periodo che avrebbe poi visto il naufragio al botteghino de La cosa (1982) di Carpenter mentre le ben più rassicuranti pellicole di Spielberg (basti pensare a Incontri ravvicinati del terzo tipo o al successivo E.T. L’extra-terrestre) andavano a gonfie vele, raccogliendo un successo planetario; tant’è che il documentarista Alexandre O. Philippe (accorto manipolatore della materia pop di cui vedremo a breve Memory: The Origins of Alien, per l’appunto, ma già autore dell’irresistibile The People vs. George Lucas) lo ha definito in sala “non il film che il pubblico voleva vedere, ma il film che il pubblico aveva bisogno di vedere”.
Nel concordare in toto con tale affermazione, ci permettiamo semmai un azzardo ribadendo che, con le debite proporzioni, al lungometraggio dell’austriaca Jessica Hausner si può attribuire qui a Trieste un effetto analogo. La percezione di una eccessiva lentezza o programmaticità, lo sconcerto stesso rinvenuto in taluni spettatori per la bizzarria del soggetto, rappresentano al contrario la riprova che da una partitura cinematografica così rigida, quasi soffocante, si è generato un salutare disagio.

Del resto la Hausner, che stimiamo non certo da ieri, è autrice di pellicole spiazzanti, urticanti e affilate come Lovely Rita (2001), Hotel (2004) e Lourdes (2009). La prerogativa più interessante di questo suo Little Joe è l’agire, in maniera pressoché sublimale, ai margini del filone eco-vengeance e di quegli archetipi già presenti ne L’invasione degli ultracorpi e nei suoi derivati. Rispetto a tali modelli si lavora costantemente sottotraccia. Mescolando un apologo sociale sottilmente feroce ad altrettanto crude tracce psicanalitiche, evidenziate all’occorrenza dai colloqui della protagonista Alice con la propria strizzacervelli.
La giovane donna impersonata con glaciale intensità da Emily Beecham è proprio, nella fattispecie, l’ambiziosa ricercatrice che venendo meno a certi scrupoli etici ha creato in laboratorio una nuova pianta; l’aspetto e i singolari comportamenti di tale fiore saranno oggetto di una iniziale meraviglia, che lascerà poi spazio allo sgomento per la tendenza di tale organismo geneticamente modificato a condizionare nel profondo la psiche umana, resa gradualmente schiava attraverso pollini in grado di produrre stimoli ipnotici e assuefazione. Il bello è che la regista austriaca conduce il gioco senza mettere in scena una violenza diretta, esplicita, ma attribuendo ai coloratissimi fiori una carica seduttiva, un potenziale persuasivo, cui le fragili menti degli umani non riescono a opporsi: una Invasione degli ultracorpi, sì, trasformata però in “rivoluzione di velluto” e messa in scena polarizzando di continuo ambienti asettici e serre rigogliose, reazioni algide ed erotismo latente. Con una vibrante colonna sonora ispirata alla tradizione orientale e al teatro Kabuki quale degno contraltare della silenziosa invasione in atto.

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  • Durata: 105'
  • Genere: Sci-Fi
  • Nazionalita: Austria, Regno Unito, Germania
  • Regia: Jessica Hausner
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