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Interviews

12 Festival del cinema spagnolo: Il regno. Intervista con il regista del film, Rodrigo Sorogoyen

Vincitore di sette premi Goya, Il regno di Rodrigo Sorogoyen è la conferma di un cinema di genere e, nel caso specifico, di quello del thriller poliziesco, capace di fare luce sui conti lasciati in sospeso: nella fattispecie la corruzione elevata a sistema di un intera società. Del film abbiamo parlato con il regista spagnolo nel corso della 12 esima edizione del Festival del cinema spagnolo

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In tempi recenti il cinema spagnolo ha mostrato una speciale propensione per le opere di genere e in particolare del thriller e della crime story. Il regno ne è un esempio anche a conferma di quanto queste forme cinematografiche rappresentino un testo aperto all’interno del quale è possibile inserire qualsiasi tipo di argomento. Mi interessava un tuo parere a proposito di quanto ha appena detto.

In Spagna negli ultimi nove, dieci anni si è creata questa tendenza. È nata prima che iniziassi a fare film ed evidentemente è stata la risposta alla richiesta del pubblico per film di quel genere e verso thriller fatti con un certo taglio, insomma, fatti bene. Ho girato un primo film, intitolato Stokholm, e prima ancora che mi chiedessero di farne un altro ho capito che il thriller era il genere giusto per quel momento, che sarebbe stato capace di aprirmi più porte. Il regno è un poliziesco e questo – a profitto di testo aperto – mi ha permesso di parlare della società e della sua corruzione.

Rispetto al momento vissuto dal tuo paese dove si colloca un film come il tuo? In Italia giungono notizie positive che parlano di crescita e di nuove riforme. Te lo chiedo perché Il regno lascia in sospeso il giudizio, collocandosi a metà strada tra la possibilità di un nuovo inizio e l’affermazione del vecchio status quo. Come autore che tipo di sguardo hai su questa situazione?

Totalmente negativo (ride, ndr). Non esiste un solo caso di corruzione ma un vero e proprio un sistema. Il problema è la maniera in cui ne parlano i giornalisti e i media. In quanto parte del sistema finiscono per evitare di parlarne, insomma di far finta che queste cose non esistano.

Il tuo è un film di meccanismi ma anche di forma. Mentre lo guardavo mi è venuto in mente Michael Mann.  L’uso della musica elettronica e l’esasperazione degli spazi che vengono poi tagliati con delle carrellate simili a rasoiate danno la sensazione, tanto allo spettatore quanto al protagonista, di dover sempre inseguire la realtà. Dunque, parliamo della forma.

Intanto grazie dell’accostamento. Secondo me la forma è fondamentale per quello che voglio raccontare. Ci sono tanti mezzi a cui rifarsi per realizzare un film, come per esempio un’opera letteraria, ma la forma resta la cosa più importante. Michael Mann, che tu citi, è uno dei miei registi contemporanei di riferimento. Tra i meccanismi che tu hai colto, un mantra che avevo durante le riprese era quella a proposito del protagonista cui spettava il compito di andare sempre avanti senza fermarsi mai. È ovvio che tutto ciò crea una sensazione di ansia e di mancanza di riflessione che rimanda alla società, incapace di osservare e di acquisire consapevolezza in merito a quello che sta accadendo.

Scegli una fotografia in cui l’utilizzo dei neon esalta la perfezione artificiale delle superfici su cui si posa. Volevo chiederti se questa artificialità era un modo per sottolineare quella dei personaggi e della società in cui si muovono.

Come dicevo prima, la forma deve avere un contenuto e non essere vuota e fine a se stessa. Dunque, l’artificialità che tu vedi a livello estetico riflette l’ipocrisia e la falsità di quel mondo che è appunto superficiale. La risposta alla tua domanda è affermativa, era questo il mio scopo.

Parliamo del protagonista. Anche lui è corrotto e fa parte del sistema, ma tu fai in modo che lo spettatore entri nel suo mondo morale e in qualche modo ne condivida il tentativo di riuscire a farla franca. Così facendo, esalti al massimo quella che è la figura del villain, del bad boy contemporaneo, sempre più spesso protagonista di film e serie televisive.

Abbiamo concentrato l’attenzione su un personaggio che doveva essere un corrotto, anche perché volevamo raccontare un personaggio poco  rappresentato nel cinema spagnolo. Ci siamo tra l’altro chiesti come mai non fosse mai stato fatto un film del genere. Secondo me, il protagonista è una persona normale, corrotta come gli altri e nemico numero uno per la società. Da qui l’iniziale antipatia del pubblico nei suoi confronti. Con il passare dei minuti però l’ho messo in situazioni che ci permettono di entrare nel suo mondo morale e che alla fine ce lo rendono simpatico al punto che lo spettatore non può non volerlo salvare. Questo processo era fondamentale: volevamo mettere lo spettatore nelle condizioni di riflettere sul fatto che anche a lui potesse succedere di trovarsi nelle condizioni di essere corrotto e di agire in maniera opportunistica.

L’intero film è scandito da un movimento continuo e inarrestabile. Al contrario, per chiudere la storia scegli una scena di segno opposto ambientata in uno studio televisivo. Secondo me, questo ti permette di trasfigurare il confronto tra i personaggi e, dunque, di mettere in scena il loro mondo interiore. Si tratta di una scena bellissima e vorrei che ne parlassi.

In Spagna la scena finale non è stata accettata dalla critica perché secondo molti non c’entra nulla con il genere del mio film. Ai tempi dell’uscita si diceva che il thriller disdegna momenti come quello in cui per dieci minuti la storia e i personaggi si prendono una pausa per riflettere sull’accaduto. Per noi, invece, era importante inserire questa variante, fare qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo. Michael Mann avrebbe magari chiuso con l’incidente stradale, mentre noi abbiamo cercato di mettere in condizione lo spettatore di vedere all’opera questi due poteri, che poi non sono nemmeno i più importanti, perché c’e’ sempre qualcosa sopra di loro a muovere le file.

Nella parte del protagonista Antonio Torre mette a segno una performance piena di energia. Non è la prima volta che lavora con te, quindi ti chiedo cos’è che ti dà rispetto agli altri attori?

Innanzitutto, è un grande interprete ed è riuscito a esprimere le caratteristiche che lo contraddistinguono. Antonio è una persona molto istrionica ed espansiva ma ultimamente stava interpretando ruoli molto introversi, silenziosi e tranquilli, insomma a mio avviso sprecava le sue capacità attoriali. Tra l’altro, il suo fisico è quello di un uomo normale, un uomo medio con un viso non particolarmente strano ed era quello che stavamo cercando. Avessimo scelto Javier Bardem in Spagna, come nel resto del mondo, avrebbero visto la star e non un uomo normale.

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  • Anno: 2019
  • Durata: 122'
  • Distribuzione: Movies Inspired
  • Genere: Drammatico, Thriller
  • Nazionalita: Spagna
  • Regia: Rodrigo Sorogoyen
  • Data di uscita: 05-September-2019