Candidato al Premio Opera Prima “Luigi De Laurentiis” Leone del Futuro alla Mostra del Cinema di Venezia in corso in questi giorni al Lido, il regista libanese Ahmad Ghossein approda al Lido con All This Victory, dopo essersi fatto conoscere anche all’interno di altre importanti rassegne internazionali; il suo cortometraggio White Noise aveva infatti aperto la Quinzaine del Festival di Cannes nel 2017. Dopo alcuni corti e documentari, All this victory (Jeedar El Sot) è il primo lungometraggio che sente molto l’influenza della sua esperienza da documentarista, messa al servizio per raccontare una storia ispirata agli eventi legati alla guerra scoppiata tra gli Hezbollah libanesi e Israele nel Luglio del 2006.
Durante le 24 ore di tregua, il protagonista Marwan lascia Beirut per andare alla ricerca di suo padre, che un tempo era stato in prima linea nella difesa del piccolo paese mediorientale, e che ora si rifiuta di lasciare il suo villaggio nel Sud. Marwan si scontra con sua moglie Rana, che invece è proiettata verso la loro nuova vita in Canada, non facile per due immigrati, ma sicuramente con più prospettive. Marwan non riesce a trovare suo padre e la rottura della tregua da parte delle due fazioni in lotta lo costringe a rifugiarsi nella casa dell’anziano Najib, vecchio compagno di lotte del padre. Sotto una pioggia di bombe, insieme a un altro amico di suo padre, anziano e bisognoso di cure, e una coppia di amici (in attesa di un figlio), Marwan si ritrova intrappolato in un clima di tensione, dentro e fuori, che precipita quando i soldati israeliani fanno irruzione nel primo piano della casa dove si sono rifugiati.
“Che cosa puoi trovare qui, a parte la morte?”: Ghossein affida al personaggio di un amico del padre del protagonista, appartenente alla vecchia guardia che aveva cercato di difendere e cambiare il paese, la domanda che è il filo conduttore di All this victory. Andarsene o restare? In un paese scosso da troppi anni da guerre e attacchi da stati confinanti che tentano di imporre la loro egemonia, i libanesi della nuova generazione cercano una via verso un nuovo mondo. Il tentativo di espatrio di Marwan viene messo a rischio dal padre, che non vuole lasciare il piccolo paese dove vive e non vuole che il figlio lo porti in salvo a Beirut. L’assenza di questo padre, che durante tutto il film viene solo nominato, dovrebbe essere la spinta per Marwan per non pensare troppo al passato e cercare di raggiungere la moglie il più presto possibile per prendere il volo verso una nuova vita. Eppure il dolore per il padre che non si trova e per le macerie intorno a lui lo bloccano di paura.
Nella pioggia di bombardamenti che portano solo morte e distruzione, l’occhio documentarista di Ahman Ghossein cattura delle vere e proprie finestre aperte sulla vita e sul futuro: uno squarcio di cielo, il mare, un piccolo rettile che respira, il sole che sorge, quasi a volerci dire che la vita va avanti, che la terra e le radici sono importanti, ma bisogna cercare nuovi mondi e una vita migliore, seppur con dolore.