fbpx
Connect with us

Interviews

Trieste Film Festival 2018: Intervista a Terje Toomistu, regista estone che ha diretto il film rivelazione Soviet Hippies

Abbiamo rintracciato ad Amsterdam l'autrice del sorprendente documentario, per saperne di più sulla presenza degli hippy in URSS e sulle sue ricerche antropologiche

Pubblicato

il

Terje Toomistu ritratta dal fotografo Georg Kõrre

Terje Toomistu ritratta dal fotografo Georg Kõrre

Alcuni lettori ricorderanno probabilmente che il nostro primo colpo di fulmine, nel corso del Trieste Film Festival, era stato per un sorprendente documentario proveniente dall’Estonia, ma focalizzato sul recente passato sovietico. Su un aspetto per giunta quasi sconosciuto, almeno in occidente, di tale cultura: la presenza pur tra tante difficoltà degli hippy in un regime così autoritario. Abbiamo imparato che nei festival ci sono film insoliti, bizzarri, che finiscono a volte per piacere soltanto a noi. Ma non è questo il caso. Difatti il premio di Sky per la 29esima edizione della kermesse triestina, con annessa programmazione nel palinsesto di Sky Arte HD, è stato assegnato proprio alla giovanissima cineasta estone Terje Toomistu. Un motivo in più per contattare a distanza di tempo la regista di Soviet Hippies, che oltre a raccattare premi un po’ ovunque si sta dedicando adesso ai propri studi di antropologia, in quel di Amsterdam; e che ci ha inoltre aggiornato sull’impegno messo ora per pubblicare, addirittura in vinile, la bellissima colonna sonora del film. Questo aspetto verrà approfondito più avanti. Più o meno a metà di un’appassionante intervista, il cui appeal internazionale ci ha permesso di fare molte altre scoperte!

Sei una cineasta ancora molto giovane, Terje, ma lo eri anche di più quando ti sei imbarcata in un progetto impegnativo come Soviet Hippies… come ha avuto iniziato tutto questo? Cosa ti ha spinto a portare avanti un’idea del genere? E da quali esperienze cinematografiche arrivavi, prima?

Nel mio cuore sono per lo più un’antropologa, anche se ho un background davvero interdisciplinare nel mondo accademico con una laurea in economia e un doppio master in studi di comunicazione ed etnologia. Quando avevo 23 anni, ho fatto un lungo viaggio in Sud America. Ora guardo a quei tempi come al mio periodo hippy, quando viaggiavo libera come un uccello in connessione con la Madre Terra, con le piante magiche e lo sciamanesimo. Quell’era mi ha fatto interessare anche all’antropologia così da riconoscermi nel ruolo di mediatore e storyteller. Il cinema documentario per me è un mezzo per fare antropologia e attualmente mi eccita più della scrittura accademica, per la sua qualità visiva e per un pubblico potenzialmente più vasto.
Quando ho iniziato a studiare la cultura hippie sovietica, avevo già realizzato in Indonesia il mio primo documentario intitolato Wariazone (2011), sulle donne transgender conosciute come waria. Mentre ero impegnata con i miei master ho vissuto, ho viaggiato e ho condotto ricerche sul campo in Russia, poiché mi interessavano la condizione post-sovietica e le memorie culturali. Essendo cresciuta nell’Estonia post-socialista, l’era sovietica veniva inquadrata in modo alquanto ristretto come un periodo buio con nulla di buono da ricordare. Così, quando ho scoperto le memorie di Vladimir Wiedemann, uno dei nostri protagonisti, la cosa mi ha immediatamente emozionato e volevo saperne di più. Questo tema pare realmente combinare diverse tracce dei miei interessi e passioni di lunga data, dalle politiche di resistenza alla musica degli anni ’60, dall’esperienza psichedelica alla memoria della cultura sovietica. Così quando nel 2011 ho contattato il mio produttore Liis Lepik con questa idea, sapevo già che non c’era modo per me di tornare indietro. Ed è diventato il grande viaggio della mia vita.

Quanto è stato complicato, dal punto di vista produttivo, trovare finanziamenti per il film? Durante la presentazione a Trieste ti abbiamo sentito dire che, nell’opinione di alcuni dei soggetti da te interpellati, gli hippy in Unione Sovietica non c’erano mai stati lì o quantomeno la loro esistenza suonava strana, bizzarra…

Hippies meet Lenin

Hippies meet Lenin

Trovare i fondi per un documentario è sempre molto difficile, poiché in genere è necessario investire molto del proprio tempo e anche denaro per lanciare il progetto e renderlo appetibile agli occhi dei finanziatori. Siamo stati fortunati ad avere il sostegno istituzionale dell’Estonia, anche se in effetti ci siamo dovuti impegnare parecchio per convincerli che qui avevamo una storia. Ma ovviamente i finanziamenti estoni da soli non erano sufficienti, quindi abbiamo dovuto cercare co-produzioni all’estero e, di nuovo, siamo stati fortunati ad avere MDR / ARTE dalla Germania e YLE dalla Finlandia come co-produttori. Tuttavia, il progetto è stato molto estenuante, dal punto di vista della ricerca dei fondi. È stata davvero frutto della passione l’idea di condividere questo pezzo di storia con il mondo. Sono grata poi ai nostri crowdfunders e amici che ci hanno aiutato lungo il percorso e che mi hanno offerto sostentamento quando ero totalmente al verde.
Ma non ho ancora mollato! Ora sto lavorando all’uscita della colonna sonora del film su vinile (con download digitale) e ancora una volta abbiamo davvero bisogno di aiuto da voi che siete là fuori. Per supporto e condivisione, ecco l’indirizzo: https://www.indiegogo.com/projects/soviet-hippies-soundtrack-release-on-vinyl-music/x/13559904#/

Hai dovuto viaggiare molto, tra Estonia e altre repubbliche dell’ex Unione Sovietica, per incontrare e seguire nelle loro periodiche rimpatriate i protagonisti della tua storia? E cosa ha significato per te questa lunga esperienza, dal punto di vista umano e privato?

est3Sicuro. Ovviamente, in quanto estone, ho frequentato parecchio gli hippy dell’Estonia. Alcuni di loro sono diventati davvero miei buoni amici. Ma abbiamo fatto ricerche e riprese a Mosca, a Riga e Leopoli in Ucraina, sicché il punto chiave delle riprese è stato un viaggio di 10 giorni partito dall’Estonia per poi attraversare la Russia su un pulmino con un gruppo di hippy, più la nostra piccola equipe formata da tre persone. Ci sono molte più persone che ho intervistato ma che alla fine non sono apparse nel film, così come molte e molte altre sono le persone con le quali ho interagito, senza che fossimo in grado in quel momento di filmare le loro interviste.
Ammiro tutte queste persone per aver avuto il coraggio di mantenere i loro ideali e continuare a credere nel pacifismo e nell’amore come prassi sociale, nonostante le vessazioni del regime e della società dominante. Loro sono stati sicuramente la principale fonte di ispirazione per me. Penso inoltre che la loro eredità creativa nella musica, nelle arti e nell’animazione valga un riconoscimento molto più ampio e mi sento onorata di essermene fatta promotrice con questo film..

Uno degli aspetti più affascinanti del tuo lavoro è rappresentato per me dalla ricerca del materiale d’archivio, dal modo in cui si integra con le scene filmate nel presente, grazie anche a un montaggio molto fluido. Vuoi parlare di come hai impostato questa parte del documentario?

SH_press1_petrjakovGrazie! In effetti, mi sono innamorata di tutti gli archivi che ho incrociato lungo il cammino. Dal momento che nel discorso ufficiale sovietico gli hippy non esistevano, ho dovuto esaminare gli archivi privati. All’inizio abbiamo trovato molte foto, ma quasi nessun archivio cinematografico. Perciò il documentario è stato pianificato così da essere maggiormente di osservazione e d’ambientazione contemporanea. Ma mentre lavorando al progetto eravamo già in fase di montaggio, sono accaduti alcuni miracoli e abbiamo trovato quelli che probabilmente sono gli ultimi, pochi rulli di pellicola sopravvissuti e ne siamo rimasti totalmente affascinati. Questo ci ha portato a sperimentare sul linguaggio cinematografico col mio coraggioso montatore Martin Männik. L’esito è pertanto un ricco testo semiotico in cui strati di sub-significati e accenni alla natura di questa vasta sottocultura risultano inseriti nella trama principale.
Penso che uno stile eclettico sia ben giustificato in questo film, visto che gli hippy erano tutti animati da giocosità e psichedelia, il che significa essenzialmente rivelazione dell’anima ed esuberanza sensoriale. Non c’è quindi da meravigliarsi se ora ci sono persone (inclusa mia madre!) che si divertono a vedere il film per la seconda, terza o quinta volta!

Anche l’inclusione delle fotografie nel documentario sembra avvenire in modo molto creativo. A volte prendono vita, attraverso l’animazione, a volte sembrano “dialogare” con la musica. Cosa puoi dirci a riguardo?

SH_press3_pojaDal momento che comunque siamo riusciti a raccogliere parecchio materiale fotografico e molto meno dagli archivi cinematografici, abbiamo deciso di non avere paura delle immagini fisse, che è pratica comune nei documentari, ma di usarle invece per il nostro bene. Penso che i grandi scatti abbiano un grande potere di raccontare la storia, a volte persino meglio di qualche filmato in Super 8 girato con mano tremolante. Il montaggio ritmato e attento a tali dettagli ha rappresentato sul serio una prova di grande abilità e Martin Männik ci ha dedicato infinite ore di lavoro, il che poteva essere a volte davvero frustrante, allorché dovevamo cambiare qualcosa nel quadro generale e ricominciare tutto da capo.
Ho un background musicale e un tempo suonavo la tastiere nella band psichedelica Voog. Quindi mi è venuto naturale che il film avesse un buon ritmo e un suono perfettamente integrato.

Difatti la colonna sonora gioca un ruolo importante e rende la visione del film ancora più coinvolgente. Come hai scelto le canzoni e quante lingue sono rappresentate nei brani musicali?

La musica utilizzata nel film proviene al 100% dall’underground sovietico. L’ho trattata come parte di quel materiale d’archivio che merita maggior riconoscimento.
Sono stata affascinata dalla musica rock dell’era sovietica in Estonia per parecchio tempo e avevo tra i miei preferiti Mess, Suuk, Ornament e Keldriline Heli (i quali hanno poi cambiato il loro nome in Väntorel), che speravo di usare nel film. Visto che l’Estonia ha avuto probabilmente la scena musicale rock più vivace dell’URSS, molti brani del film provengono proprio dall’Estonia sovietica. Con un po’ d’aiuto e di consigli, sono riuscita a trovare veri e propri tesori nascosti dell’underground russo che erano stati quasi completamente dimenticati, fino al momento in cui li ho riesumati per il film. Alcuni di questi hanno dei testi che possono sembrare un inno hippie, come ad esempio la canzone di Zhar-Ptitsa da me usata nella scena finale del film. Ho approfondito anche le scene musicali lettone e lituana sicché pure da lì sono usciti fuori un paio di pezzi fichissimi. Immagina poi che tutta questa musica è stata registrata in condizioni miracolose, dal momento che gli artisti in questione soffrivano duramente a causa della mancanza di strumenti e della possibilità di registrare in studio, oltre ad avere lo sguardo del Grande Fratello puntato sulla loro attività.
La colonna sonora del documentario ha ricevuto un feedback notevole da parte del pubblico, così non potevo esimersi dal rilasciarla su un bellissimo vinile colorato (strizzatina d’occhio da parte mia, quindi, perché non fare subito un bel giretto su IndieGoGo?).

La più forte nota psichedelica, coerente con il soggetto del film, ci è arrivata dalle sequenze animate. Siamo curiosi di sapere come le hai trovate e se alcune, per noi molto suggestive, sono davvero le animazioni dei vecchi taccuini di alcuni tra i protagonisti del documentario, per esempio Azazello.

est2All’interno del film, ci sono alcune animazioni che erano state prodotte durante l’era sovietica, per illustrare la sensibilità psichedelica dell’epoca. Vale a dire, le illustrazioni e le animazioni di libri per bambini erano gli unici mezzi in cui era consentita tale estetica – ricorda sempre il contesto del realismo sovietico! Oltre a usare frammenti di animazioni di Rein Raamat e Roman Kachanov realizzate in quell’epoca, abbiamo creato alcune nuove sequenze animate con l’affermato artista di animazione estone Priit Tender e le foto-animazioni assieme al giovane talento Kadri Liis Rääk, pure lui estone.
Il mio consulente per le ricerche e produttore associato del film, la storica Juliane Fürst, ha ritrovato i quaderni di Azazello, un personaggio straordinario di Mosca che purtroppo è scomparso solo pochi anni fa. I disegni fatti sul suo taccuino sottolineano davvero il desiderio hippy di creare il proprio mondo, un luogo sicuro e magico con tanta musica rock e amore. Con l’aiuto di Priit, li abbiamo fatti percepire ancora più animati.
Abbiamo anche animato la storia del “trip report” del protagonista principale del film Aare. Lui lì racconta la sua esperienza con le sigarette Astmatol che gli hanno creato una straordinaria esperienza allucinatoria, tristemente conclusasi per lui in maniera abbastanza tragica. All’interno di questa animazione, abbiamo usato anche l’arte frattale creata dal mio caro amico Jan Kumpas (Isand Pea), che era un amico intimo di Aare e che purtroppo è morto mentre stavamo montando il film. L’ultima volta che l’ho incontrato, mi aveva mostrato il suo più recente lavoro di videoarte frattale, che aveva completato da poco – ci possono volere alcuni mesi per realizzare un video frattale! Più avanti ho preso questo episodio come un presagio ed ho chiesto il permesso a sua figlia, per utilizzare la sua arte frattale nel film quale omaggio al suo spirito e al suo lavoro.

Vorresti dirci qualcosa, invece, sulle dediche alla fine del documentario e sulle persone scomparse durante la sua lavorazione?

SH_press5_privateProbabilmente la maggior parte degli hippy sovietici è già morta, a causa della vita dura che hanno dovuto condurre. Perciò coloro che siamo riusciti a filmare sono in effetti i sopravvissuti e purtroppo ne abbiamo persi molti altri, durante i sei anni di realizzazione del film.

Infine, che ne pensi dell’accoglienza che hai avuto a Trieste e dei premi vinti finora? Hai poi qualche nuovo progetto su cui stai già lavorando?

SH_press2_tormisHo adorato il Trieste Film Festival e ho apprezzato molto il focus di quest’anno sulla rivoluzione. È una discussione importante da affrontare mentre stiamo assistendo di nuovo all’aumento dei regimi autoritari in diverse parti del mondo e ci sono ancora molte pratiche violente intorno a noi, sia a livello statale che individuale. Sono molto grata per il premio in quanto non è solo un riconoscimento, ma mi aiuta anche a comunicare ulteriormente l’idea pacifista e a diffondere la conoscenza di quale sia stata la storia hippie in Unione Sovietica.
Sto attualmente scrivendo la mia tesi di dottorato nel campo dell’antropologia di genere e della sessualità ad Amsterdam. Una volta finito, ho intenzione di lavorare al mio prossimo documentario sulla cultura erotica nell’Unione Sovietica. Perciò prima la pace, poi ancora più amore!

Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers