Il disfacimento della forma del volto attuato attraverso il continuo, e doveroso, fuori fuoco, che Claudio Casazza sistematicamente utilizza per mantenere l’anonimato dei soggetti avvicinati nel suo documentario, si carica di un’ulteriore valenza, laddove sottolinea, quasi eroicamente, quanto sia residuale il valore dell’identità dei singoli rispetto alla ‘dinamica relazionale’ – una spirale di violenza e dolore – che coinvolge chi ha commesso e chi ha subito un reato sessuale. La macchina da presa del regista penetra in un luogo ‘fuori dal mondo’, nel senso che il linguaggio non è penetrato in esso, poiché il forte pregiudizio ha impedito di articolare un discorso lucido, teso concretamente in direzione di un tentativo di elaborazione. Le vittime di un reato sessuale subiscono un danno non quantificabile, giacché la violenza impostagli provoca una destabilizzazione totale dell’equilibrio psichico, che le riposiziona completamente, mutandone in modo radicale la percezione della realtà.
Come poter riparare il torto subito? Innanzitutto, senza dubbio, impedendo all’aggressore di poter ripetere quel gesto. La detenzione interviene, quindi, non solo per recludere, ma, più che mai in questo caso, per rieducare. L’Unità di Trattamento intensificato del CIPM, primo esperimento in Italia di prevenzione della recidiva per reati sessuali, operativo all’interno dell’istituto penitenziario di Bollate, non senza difficoltà, attua un dialogo terapeutico con i detenuti per fargli prendere coscienza dell’entità dell’abuso commesso, nonché dell’enorme trauma provocato. Mettere le mani su un materiale tanto torbido, avvolto da equivoci, malintesi e moltissimi, comprensibili, pregiudizi, è davvero un’impresa titanica; ciononostante non poteva essere ancora una volta differito un compito essenziale per tentare di fare chiarezza e, slegandosi dalla retorica giustizialista, provare con serietà a reinserire questi soggetti all’interno del tessuto sociale, fornendogli alcuni, importanti strumenti onde evitare una possibile reiterazione del reato.
Il momento decisivo di Un altro me, vincitore del Premio del Pubblico della IV edizione de Il Mese del Documentario, corrisponde alla sequenza in cui assistiamo all’intensissimo dialogo tra una coraggiosa donna, vittima in passato di numerosi abusi, con coloro che partecipano alle sedute quotidiane con gli psicologi del centro. L’aver dato spazio a questo inconsueto ma fondamentale punto di vista produce un sensibilissimo rovesciamento della questione, e ciò che prima veniva considerato esclusivamente dalla prospettiva del carnefice, compresa, soprattutto, la percezione diffusa a livello sociale del reato sessuale, si sposta su un inedito spazio di comprensione in cui un’imprevedibile, ‘anecomica’, commovente ‘accoglienza’ (dell’una e degli altri) ridefinisce in maniera sostanziale il divenire di un evento doloroso (anche per chi ha commesso il reato – ci si deve sforzare di capire) i cui disastrosi effetti possono essere in qualche modo contenuti.
Il fatto che la vittima stessa esorti i detenuti, non poco increduli, a dare il proprio, significativo contributo a un processo di elaborazione che solo entrambe le parti in causa, insieme, possono tentare di affrontare proficuamente, costituisce – non è un’iperbole – un gesto rivoluzionario, il quale, a fronte dell’ostinata miopia che spesso ha impedito di guardare più in profondità, apre nuovi orizzonti in cui collocarsi per ridurre il più possibile la drammaticità di una dinamica che si è sempre ritenuta non emendabile.
Chi scrive, poi, ha infine molto apprezzato quel momento in cui lo sguardo di Casazza si sofferma su una proiezione, cui assistono i detenuti, in cui si vede un commovente Kevin Bacon tentare di dialogare con un ragazzino (presumiamo che il film in questione sia Sleeper, ma potremmo sbagliare): il cinema riesce a penetrare all’interno di uno spazio blindato come il carcere, fornendo, ancora una volta, una preziosa testimonianza e un’occasione di intensa riflessione.
Ecco che, allora, Un altro me si rivela un documentario più che mai necessario: innanzitutto per il coraggio dimostrato, avendo illuminato una zona afflitta dalla più profonda oscurità; poi, per aver perorato, scontrandosi con i più invalicabili muri culturali, la causa della forza della ragione che, al netto delle reazioni istintive, deve sempre prevalere nell’ottica di porre soluzioni concrete, senza lasciarsi impastoiare da quei retaggi che premono e impediscono di esercitare un libero e valido spirito critico.
Distribuito da CG Entertainment nella collana POPOLI doc, Un altro me è disponibile in dvd, in formato 1.78:1, con audio Dolby Digital 5.1 e sottotitoli per non udenti opzionabili. Nei contenuti extra è presente un’intervista al dott. Paolo Giuliani.
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