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Euganea Film Festival

‘Beneath Which Rivers Flow’ – La terra promessa e il diluvio universale

L'importanza delle parole non dette, quelle che muoiono in gola prima di concretizzarsi nelle memorie del prossimo, il riverbero del silenzio, la fugacità di attimi interminabili.

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Le acque scorrono, a tratti bagnano il terreno di misericordia, ma infine, portano a galla quei peccati fangosi, sotterrati dalla vana ingordigia umana. Ed ecco che l’ira dell’Altissimo si leva come un vento fragoroso, il castigo è vicino. Ali Yahya dipinge in Beneath Which Rivers Flow una poetica orazione. Un invito alla riflessione, un commiato onirico, una promessa di pace eterna scevra da innocenza e onestà.

L’intangibile si rende tattile, l’occulto si offre appariscente nel cinema d’autore arabo proposto da Ali Yahya dove la vulnerabilità di una solitudine così intima e personale si fa portavoce di un popolo strappato alla sua terra, castrato della sua dignità. Beneath Which Rivers Flow non è una sardonica denuncia politica ma una numinosa lettera d’amore, un addio esasperato da un parossismo congenito.

La premessa

Il cortometraggio si esplica nelle paludi dell’Iraq. Qui è messo a nudo il rapporto del nostro protagonista Ibrahim con il silenzio, con la solitudine, con l’abulia dell’ordinario. Più di tutto però, la pellicola ritrae il suo tenero rapporto con un bufalo di cui si prende cura da bravo ragazzo di campagna. Estraneo alla vanità della città; fiumi, canneti e bestie sono i suoi amici. Presto però,  l’idillio di una quotidianità timida, ed erratamente futile all’apparenza, soccomberà l’impeto di minacce ambientali. Molto più di fiumi prosciugati e distese di campi inariditi: tutto sembra essere premonitore, il diluvio universale incomberà senza pietà e presto i cittadini dovranno rimettere i loro peccati. 

La terra dà, la terra toglie

Beneath Which Rivers Flow è intrinsecamente attraversato da simbolismi e significati figurativi. In questa liturgia firmata da Ali Yahya, il paesaggio è primordiale. Non è relegato a mera ambientazione della storia, piuttosto ne è protagonista. Vi è una viscerale giustapposizione dei corpi al terreno e ai cieli. La realtà della condizione umana è navigata nello spazio che ascende la sua fisicità e si impregna di un’acuta sensibilità pasoliniana. I dialoghi sono del tutto assenti eppure la pellicola parla. La sua ossatura riverbera incalzante nel silenzio scandito da oppressione e povertà d’animo volta a rendere sempre più scabra la propria identità culturale in nome del tanto ambito progresso. I corpi delle persone e degli animali, gli steli eretti delle piante: sono loro a creare spazio. Un palcoscenico per la vita. Nascita e morte, dello spirito ed eufemisticamente della carne, scavano il perimetro di luoghi scarni presentati nella loro primigenia, a riflesso della santità e della completezza perduta dall’uomo.

Corpo, paesaggio e mente

Ibrahim non lo sa, ma veste i panni di timoniere in questa rappresentazione dell’inevitabile malinconia che pervade dal senso di straniamento e alienazione. Così il noto cerchio della vita àncora tangibilmente al suolo un darwinismo sociale duttile, talmente fino e tramutato dalla metamorfosi della modernità da essere difficile da riconoscere. 

La sceneggiatura del regista e di Mohammed Baz è raffinata nella cruda e grezza realtà che ritrae. La pellicola, più che incuriosirsi di questo posto abbandonato dalle grazie di Dio, è un vero e proprio sentiero impervio nelle fenditure della mente. Inquisitivo senza essere invadente, sommesso eppure indomito.

Beneath Which Rivers Flow – ritratto di pensieri, non di luoghi

L’esistenza si concretizza a partire dalla mente, così Ali Yahya si sofferma sullo sguardo, quasi fosse una poesia da parafrasare. La campagna, la periferia, la desolazione sono privati della pesantezza mausolea di alti edifici e strade trafficate, è la malinconia a torreggiare sulle persone. L’autore tinge di eroismo i suoi personaggi, dipingendo, rappresentando placidamente un’amara rassegnazione e la tenera sensazione di vuoto. Senza retoriche ambiziose nel loro lustro, il film fa camminare i suoi personaggi in abissi di dicotomie: patrimonio ancestrale e presunzione progressista, fertilità e siccità – della mente e del suolo – sacralità e profanità.  

Solitudine: scelta o sofferta

L’esistenzialismo si esaurisce nella prosa del giovane regista. Il paesaggio è personificato in Beneath Which Rivers Flow, cessa di essere un sito ambientale e diventa invece territorio di un sopore lirico tra coscienza, razionalità, desiderio e ignoto.

L’opera riesce nel suo incanto suggestivo e straziante grazie a scelte stilistiche dotte nella loro essenzialità. La fotografia è ingegnosa e romantica. Ogni sequenza, tra inquadratura, giochi di luci e ombre, è evocativa di un’intimità pulsante. Ma la natura ne è la musa: la foschia o il cielo vermiglio. È madre terra a ispirare ogni pittoresco fotogramma. L’uso del bianco e nero nell’overture definisce immediatamente lo stato d’animo navigato, così anche la perdizione nell’oscurità dell’ultimo atto. 

Per l’aurora che esala il suo alito

La pastorizia non si limita a essere soltanto l’attività alla quale si dedicano i personaggi illustrati, bensì l’allegoria di un popolo perso nell’oblio della conformità di un gregge, guidato, ma da chi? E verso quale destino? Chi è il pastore e chi sono le bestie?

“Quando sarà oscurato il sole, e spente le stelle, e messe in marcia le montagne, e neglette le cammelle gravide di dieci mesi, e radunate le belve, e ribollenti i mari, e divise in gruppi le anime, quando verrà chiesto alla [neonata] sepolta viva per quale colpa sia stata uccisa. , e quando saranno dispiegati i fogli, e scorticato il cielo, e attizzata la Fornace, e avvicinato il Paradiso, ogni anima conoscerà quel che avrà prodotto.”

(81,Sura At-Takwir, Il Corano)

 

La promessa è perduta

Il finale di Beneath Which Rivers Flow è profetico. Il cielo è avvolto dalle tenebre, le stelle hanno perso il loro splendore e i campi ardono ferini. L’appagamento di una vita sterile si spegne dinanzi alla natura che si rivolta e castiga l’uomo. Ali Yahya infonde il suo componimento di significati letterali e ragioni metaforiche.

Il Giorno del Giudizio

All’uomo era stata concessa misericordia e beatitudine. La terra del Giardino doveva essere coltivata così come l’uomo si sarebbe dovuto nutrire dei comandamenti; le acque di ruscelli in piena avrebbero benedetto il suolo, rubini e perle al posto di sabbia, la grazia si sarebbe moltiplicata tanto quanto il bene compiuto. Come piante le persone sarebbero prosperate e invece le radici sono state mozzate, i fiumi sono prosciugati e la provvidenza è celata da nubi di fumo. I sudditi si sono allontanati troppo dal loro stato primiero, hanno smarrito la via del gregge e ora su di loro cade un castigo doloroso. Il Giorno del Giudizio è giunto, il popolo ha ignorato i segni divini e terrestri, ha ostinatamente voltato le spalle alla verità e così raccoglie i frutti delle loro malefatte.

Presentato alla 24ª edizione dell’Euganea Film Festival, Beneath Which Rivers Flow di Ali Yahya è una parabola nobile e sublime di vita terrena, è un’allerta premurosa ma più di tutto è verità nella solenne solitudine di un animo tormentato.

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Beneath Which The Rivers Flow

  • Anno: 2025
  • Durata: 16'
  • Genere: Cortometraggio, Documentario
  • Nazionalita: Iraq
  • Regia: Ali Yahya