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Cult

‘Giovani, carini e disoccupati’ manifesto di un’epoca

Storia di un cult che parla ancora oggi.

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Disillusione, pessimismo e ironia. Così Giovani, carini e disoccupati riassume un’intera generazione diventando immediatamente specchio di un’epoca.

Opera d’esordio alla regia di Ben Stiller prodotta da Danny De Vito, questo racconto agrodolce rimane ancora oggi più attuale che mai nel descrivere le angosce esistenziali del diventare adulti.

Uscito nel 1994 e presentato al Sundance Film Festival, la pellicola di Stiller si è all’istante meritata un posto nella pletora di film manifesto per le generazioni degli anni ‘90 come Trainspotting, Clerks e Singles. Tutte queste opere hanno in comune una tenace inclinazione indie nel raccontare storie di giovani adulti alle prese con il mondo reale.

A fare da sfondo alle vicende quotidiane c’è l’inesorabile voragine tra cinismo esistenziale e idealismo, minimo comune denominatore per quella fascia d’età in cui non si è ragazzi ma non si è nemmeno del tutto adulti.

Ben Stiller crea un’opera essenziale sul disincanto di un’intera generazione.

Giovani, carini e disoccupati: il film che ha dato un volto al disincanto

Giovani, carini e disoccupati sono Lelaina (Winona Ryder), Troy (Ethan Hawke), Vickie (Janeane Garofalo) e Sammy (Steve Zahn), quattro amici, appena laureatisi a Houston, alle prese con gli ostacoli nella giungla del mondo post-universitario. Tra lavori precari, relazioni complicate e la ricerca senza fine del proprio essere, ogni personaggio incarna una risposta al fallimento delle aspettative.

Seppure la narrazione ricca di cliché e risvolti attesi possa risultare talvolta pleonastica, non cade mai nella pretensione o nel sentimentalismo. La pellicola riesce a combinare la malinconia della disillusione con una sottile ironia, facendo sorridere senza mai banalizzare la frustrazione generazionale.

Si tratta di un’opera minimalista che sfrutta quelli che erano i riferimenti e le norme degli anni ‘90 per raccontare uno stato d’animo collettivo e un’incertezza universale. Il punto di forza del film di Stiller, che lo ha reso così significativo, è senza dubbio la presenza di riferimenti culturali e allusioni a quel determinato periodo storico che hanno fatto sì che Giovani, carini e disoccupati diventasse una sorta di manifesto.

Il momento storico in cui si inserisce il film infatti rappresenta una fase ben precisa, quella in cui la Generazione X prende consapevolezza del proprio disincanto, incastrata tra il benessere e la prosperità degli anni Ottanta e un futuro sempre più traballante.

Cinema, grunge e identità generazionale

Ritratto senza peli sulla lingua della scettica Generazione X e della cultura grunge, che fonde elementi caratteristici dell’epoca, prima fra tutte l’inconfondibile colonna sonora che contribuisce a definire identità e tono in modo decisivo. La musica, lontana dall’essere semplice accompagnamento, assume un ruolo narrativo e diventa estensione del racconto: amplifica le emozioni dei personaggi, ne riflette le contraddizioni e restituisce il clima culturale di un’epoca che ha fatto del disagio materia creativa. La cultura degli anni Novanta è infatti indissolubilmente intrecciata alla musica che funge da collante generazionale e da manifesto emotivo. Le atmosfere tipiche del periodo permettono di cristallizzare un momento storico preciso diventando una sorta di documento sentimentale capace ancora oggi di parlare del difficile passaggio all’età adulta.

Dal punto di vista formale, le soluzioni che adotta Stiller in Giovani, carini e disoccupati rafforzano ulteriormente il nesso con quegli anni. L’uso delle videocamere amatoriali, integrato attraverso l’espediente del documentario girato dalla stessa protagonista, introduce un’estetica deliberatamente grezza e imperfetta. La videocamera assume le sembianze di uno strumento di autorappresentazione, una sorta di antesignano dei social moderni, che permette il controllo del proprio racconto.

Icone degli anni ’90

Fondamentale, nella definizione dell’identità del film, è anche la scelta degli attori, vere  e proprie icone  della cultura pop degli anni Novanta. Winona Ryder ed Ethan Hawke incarnano alla perfezione l’immaginario della Generazione X: giovani, carismatici, inquieti, portatori di un fascino non patinato che si opponeva consapevolmente ai leziosi stereotipi hollywoodiani dell’epoca. La loro presenza sullo schermo è ben definita in quanto  entrambi erano già icone riconoscibili di un certo modo di essere giovani negli anni ’90, sospesi tra ribellione, fragilità e rifiuto delle convenzioni. Attorno a loro, un cast corale altrettanto rappresentativo – da Janeane Garofalo a Steve Zahn, fino allo stesso Ben Stiller – contribuisce a costruire un microcosmo credibile e profondamente radicato nel suo tempo, in cui ogni volto sembra appartenere naturalmente a quella stagione culturale.

È anche grazie a questa precisa “geografia umana” che Giovani, carini e disoccupati riesce a funzionare non solo come racconto generazionale, ma come fotografia autentica di un immaginario collettivo oggi estremamente nostalgico.

A questo si affianca un fitto tessuto di riferimenti pop, televisivi e musicali che ancorano il film al suo tempo e ne amplificano il valore generazionale. Citazioni, programmi TV, linguaggi e atteggiamenti tipici della cultura mediatica anni ’90  funzionano come elementi strutturali del racconto, contribuendo a creare un universo riconoscibile e condiviso. È proprio questa stratificazione di scelte tecniche ed estetiche a trasformare il film in un oggetto profondamente radicato nel proprio presente, capace di restituire non solo una storia, ma un modo di vedere, consumare e vivere la cultura.

Quando il passato diventa specchio del presente

A distanza di decenni, il film conserva intatta la sua forza evocativa e appare sorprendentemente attuale. Le ansie del lavoro precario, l’incertezza sentimentale e la ricerca di un’identità rimangono temi universali, e la pellicola continua a parlare con la stessa sincerità a chiunque stia affrontando il difficile passaggio all’età adulta. La forza di Giovani, carini e disoccupati sta proprio nella sua capacità di essere contemporaneamente specchio storico ed esperienza emotiva senza tempo, rendendolo un vero cult generazionale che merita di essere riscoperto da nuove e vecchie generazioni.

Giovani, carini e disocupati

  • Anno: 1994
  • Durata: 99'
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Ben Stiller