Cosa accade se quello che chiamiamo semplicemente “terra” diventa un universo pulsante di creature invisibili, capace di raccontare il futuro del nostro pianeta? E se a farlo non fosse un documentario scientifico tradizionale, ma un corto in stop-motion dove ogni forma di vita nasce dall’argilla, in grado di muoversi letteralmente sotto i nostri occhi?
“Non possiamo amare ciò che non conosciamo. E se vogliamo salvare il nostro suolo, dobbiamo guardare con più attenzione a ciò che spesso viene considerato semplicemente sporcizia e renderci conto che la nostra vita dipende dalla sua vitalità”.
Con Unearthed /Della Terra (2023), presentato alla 20ª edizione del Sole e Luna Doc Film Festival, la regista Jo Pearl ci porta nel cuore del sottosuolo, trasformando l’argilla in personaggi danzanti, attraverso un’animazione in bianco e nero che ci ricorda che la vita più importante è spesso quella che non riusciamo a vedere.
Argilla viva: la tattica di Jo Pearl
“Respirare vita nell’argilla e argilla nella vita.”
è la filosofia di Jo Pearl. L’argilla, anche essa proveniente dal terreno, è materia primordiale e alla base della ceramica, diventa strumento di animazione, scultura e memoria. Ogni creatura che incontriamo, vermi, insetti, micelio, batteri, l’argilla viene modellata, fotografata innumerevoli volte, per poi essere trasformata in movimento.

C’è un gesto alchemico: a fine riprese in Unearthed, le sculture vengono cotte in forno, come per fermare il tempo. Restano così sospese tra vita e morte, come reperti da osservare in un laboratorio naturale. È cinema, ma anche installazione, scultura e performance. Il risultato non è solo estetico, ci ricorda che un terreno sano è la chiave per la vita sulla Terra. Proprio perché lì sotto si nasconde la capacità di catturare il carbonio, assorbire le piogge estreme e generare la prossima medicina. Qualcosa che spesso l’essere umano tende a dare per scontato.
Il buio del sottosuolo come atto politico
La fotografia in bianco e nero ci porta sotto i nostri piedi, in quel buio che di solito associamo a ciò che è ignoto o temuto. Invece qui diventa un luogo affascinante, quasi ipnotico. Come se stessimo cadendo nella tana del Bianconiglio di Alice in Wonderland: scendiamo tra radici, funghi e microbi, in un balletto che ha la grazia del Blue Danube di Strauss. Eseguita questa volta da Wilfred Symphony Orchestra.
È un viaggio che sembra educativo, quasi da manuale scolastico, ma con la leggerezza di un racconto animato, estetico, mai banale. Una scelta che lo rende vicino a progetti come quelli presentati al Cactus Film Festival, pensati per educare i più giovani. Pearl in questo caso vuole avvicinare i più giovani al linguaggio cinematografico attraverso la coscienza ecologica.
Jo Pearl non si definisce solo artista, ma artista-attivista. Già con Gasping for Air aveva raccontato la sensazione di soffocamento nell’aria inquinata. Ora con Unearthed ribalta i pregiudizi sulla “terra spesso considerata sporca”, mostrando che il suolo non è un semplice sfondo, ma un organismo vivo da cui dipende la nostra sopravvivenza.
“Salviamo il nostro suolo.”
Il corto diventa così un invito politico e al contempo poetico.

Tra poesia e scienza: un giardino invisibile
“Un suolo ricco di vita può far crescere le piante che nutriranno il mondo, aiutare a catturare il carbonio che causa il riscaldamento globale, assorbire l’acqua delle inondazioni causate da condizioni meteorologiche estreme, sostenere la biodiversità in superficie e probabilmente custodisce la chiave per la medicina di prossima generazione.”
Qui sta la forza del film: fondere l’incanto visivo con la precisione scientifica. L’argilla diventa lo strumento per rendere visibile ciò che di solito si studia con il microscopio. È arte che educa senza prediche, lasciando lo spettatore si meravigli con curiosità.
Un linguaggio che ci ricorda quanto la terra sia fragile e preziosa. Perché, come dice Pearl:
“Non possiamo amare ciò che non conosciamo.”
Ed è solo conoscendo che possiamo rispettare.