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Bellaria Film Festival

‘Ariel’, tra Shakespeare, Beckett e Pirandello

Una riflessione su cinema, teatro e il senso della vita umana

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Nel corso degli anni, numerosi sono stati gli adattamenti de La Tempesta di Shakespeare. Nel panorama cinematografico, tra le opere ispirate al testo che segnò l’addio alle scene del drammaturgo inglese ricordiamo: Il pianeta proibito (Fred M. Wilcox), Serenity (Joss Whedon), The Tempest (Derek Jerman), Tempest (Paul Mazursky), L’ultima tempesta (Peter Greenaway), The Tempest (Julie Taymor) e La stoffa dei sogni (Gianfranco Cabiddu).

Ariel di Lois Patiño, quindi, potrebbe semplicemente risultare uno dei tanti tentativi di adattamento dell’opera shakespeariana; tuttavia, già dal titolo possiamo evincere che al centro del lungometraggio di Patiño vi sarà un protagonista inedito, Ariel, spirito dell’aria e personaggio solitamente posto in secondo piano. Questa sicuramente costituisce un’importante novità.

Il film di Lois Patiño, presentato al Bellaria Film Festival 2025, colpisce per la capacità di mescolare magia e realtà, trasportando lo spettatore in un mondo che non nasconde la finzione teatrale (e cinematografica), ma se ne serve per rompere la quarta parete e far riflettere su alcune tematiche esistenziali.

Ariel : un inedito adattamento de La Tempesta

La protagonista del film è Augustina, un’attrice argentina. Quando decide di partire per le Azzorre, in vista di una tournée teatrale su La Tempesta di Shakespeare, al suo arrivo non trova nessuno della compagnia. L’attrice non trova nemmeno un teatro dove recitare. Sarà proprio l’incontro con Ariel ciò che permetterà ad Augustina di scoprire che, in realtà, la pièce è già iniziata. Il luogo dove mettere in scena l’opera è l’intera isola e gli abitanti del territorio interpreteranno i vari personaggi.

Lois Patiño, il regista di Ariel

Assieme ad artisti come Oliver Laxe, Eloy Enciso, Diana Toucedo, Lois Patiño fa parte della generazione di registi galiziani chiamata Novo Cinema Galego.

Figlio dei pittori astratti Menchu Lamas e Antón Patiño, Lois si contraddistingue per l’approccio poetico e sperimentale con cui realizza i propri film. Il cinema di Patiño mescola documentario e finzione, esplorando il rapporto tra uomo e natura e quello tra paesaggio, memoria e identità. La relazione che si instaura tra suono, immagine e sensazione genera opere suggestive, che rendono il regista una delle figure più interessanti del panorama contemporaneo.

I suoi film sono stati proiettati in diversi festival cinematografici: Cannes, Berlinale, Locarno, Toronto, Viennale, IDFA, Cinema du réel, Oberhausen, Clermont-Ferrand. Ariel, invece, è stato presentato in concorso all’ultimo International Film Festival di Rotterdam.

All world’s a stage

Tutto il mondo è un palcoscenico, e tutti gli uomini e le donne solamente degli attori.

(W. Shakespeare, Come vi piace. Jaques, Atto Secondo, Scena Settima)

Ariel non è una tradizionale trasposizione cinematografica de La Tempesta. Piuttosto, questa si presenta come l’occasione per ragionare su diversi concetti tratti da alcuni drammaturghi e generare delle riflessioni sul teatro, sul cinema e sul senso della vita stessa.

A differenza di ciò che si potrebbe pensare, Ariel non si rifà ad un solo testo shakespeariano. Infatti, vi sono intere scene dedicate ad altre opere dell’autore inglese, come Romeo e Giulietta, oppure Amleto. In più occasioni, quindi, i personaggi dell’isola, vestiti con costumi di scena, recitano le battute più memorabili dei testi di William Shakespeare. In un primo momento, questa scelta genera delle perplessità: ci si aspetterebbe, infatti, un focus su La Tempesta e non è chiaro il fil rouge che legherebbe i differenti immaginari shakespeariani evocati nel film. Ciò che rimane, quindi, è la sensazione di aver assistito ad un insieme scollegato di monologhi, introdotti nell’opera con il solo scopo di omaggiare Shakespeare.

Proseguendo, il film diviene più complesso: infatti, entrano in gioco alcuni temi cari ad autori come Luigi Pirandello e Samuel Beckett. Lois Patiño si rifà, nello specifico, a Sei personaggi in cerca d’autore, testo che esplora il rapporto tra realtà e finzione (ben presente nel lungometraggio di Patiño) e tra vita e teatro. Nel corso del film, la protagonista diventerà sempre più consapevole di appartenere al mondo della finzione cinematografica e di poter vivere soltanto quando lo spettatore sceglierà di guardare il film. «Non so dove siamo» dice. «Non so se sono viva o morta, se sono dentro un sogno, un’opera teatrale o un film. Non so se questo sia stato scritto da Shakespeare, Matías Piñeiro o Lois Patiño. Quello che so è che, quando il sole scomparirà e il giorno finirà, il libro si chiuderà, lo schermo si spegnerà e noi scompariremo. E se torna l’alba, se qualcuno riapre il libro o mette su il film, tutto ricomincerà allo stesso modo».

Augustina, però, non riflette solo riguardo al proprio statuto e il proprio destino. Difatti, sceglie di rompere la quarta parete e interpellare direttamente lo spettatore, ponendogli di fronte alcuni quesiti che riguardano la propria esistenza. Come si può essere certi di non essere frutto dell’immaginazione di un’artista? Le azioni che svolgiamo sono davvero frutto del nostro libero arbitrio, oppure siamo soltanto dei burattini governati da un’entità superiore?

I luoghi

Fondamentale è il luogo dove viene girato il film, un’isola portoghese abitata da Ariel, lo spirito che si tramuta nei diversi elementi naturali (aria, acqua, terra, fuoco), rendendolo il vero protagonista del film. In ogni scena è evidente la predominanza della natura sulle figure umane, che vengono inglobate, quasi schiacciate dai vasti paesaggi.

Il mare, con il ritmo cullante delle sue onde, ci permette di entrare in un regno onirico, dove il confine tra realtà e finzione si confonde e si annulla.

Samuel Beckett e la possibilità di fare Shakespeare nel contemporaneo

I dialoghi di Ariel sono ispirati al Teatro dell’Assurdo di Samuel Beckett. Gli scambi di battute tra Augustina e il resto dei personaggi non possiedono alcuna logica, ma sono colmi di vuoti comunicativi. Ciò evidenzia il senso di alienazione, di solitudine e l’incapacità di comunicare che appartengono agli individui della società contemporanea. È così che le battute tratte dalle opere shakespeariane vengono private del loro significato originario e diventano frasi vuote, con le quali si tenta – invano – di esprimersi e di connettersi con l’altro.

La questione si complica se prendiamo in considerazione non solo la società circostante, ma anche il teatro attuale.

Carmelo Bene affermava che «per fare Shakespeare bisogna essere Shakespeare», riferendosi all’impossibilità di mettere in scena testi scritti tra il 1500 e il 1600, quindi concepiti per uno specifico tipo di teatro, compagnia e contesto storico. Non solo: Bene sosteneva la necessità di farsi autori del proprio teatro, artefici dei propri testi e, quindi, allontanandosi definitivamente dai semplici interpreti.

Alla luce di queste riflessioni, quindi, che cosa significa davvero recitare fedelmente Shakespeare? I testi possono essere ricontestualizzati e fondati sulla nostra società? Soprattutto, è ancora possibile recitare Shakespeare nel teatro contemporaneo?

Forse il cinema, in grado di evocare mondi e di restituirli visivamente, è il solo mezzo che ci resta per poter mettere in scena le opere del passato e, attraverso una rappresentazione inedita, liberarle dalla lunga tradizione teatrale che portano con sé.

Ariel

  • Regia: Lois Patiño