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Bellaria Film Festival

‘Basileia’: intervista a Isabella Torre e Angela Fontana

Ambientato nell’Aspromonte calabrese, il primo lungometraggio di Isabella Torre dà vita ad un’atmosfera evocativa e misteriosa, tra realismo e immaginari ancestrali

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Tra la natura selvaggia dell’Aspromonte, un archeologo e alcuni suoi aiutanti stanno ricercando un antico tesoro. Improvvisamente, dalla terra aperta dallo scavo emergono creature mitiche e misteriose: le Ninfe. Una volta libere, entreranno in contatto con gli abitanti del villaggio, dando origine ad una serie di misteriosi e terrificanti avvenimenti.

Ospiti al Bellaria Film Festival, la regista Isabella Torre e l’attrice Angela Fontana ci hanno raccontato la realizzazione di Basileia, progetto che affonda le proprie radici nel cortometraggio Ninfe. Quest’ultimo, scritto, diretto e interpretato dalla Torre nel 2018, è stato presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Nel 2024 Basileia è stato proiettato a Venezia alle Giornate degli Autori.

Nel suo primo lungometraggio, Isabella Torre ambienta il proprio racconto in un mondo magico e sospeso, in cui passato e presente si scontrano in cerca di una nuova armonia.

L’intervista a Isabella Torre

Nel film ci sono molti silenzi, che permettono al paesaggio circostante di parlare da sé. Anche le Ninfe non comunicano con le parole, ma con i silenzi. Come mai questa scelta?

Sicuramente è una scelta che mi ha suggerito L’Aspromonte, un po’ come tutte le suggestioni. L’idea è quella di trasportare in maniera più vicina possibile l’atmosfera dell’Aspromonte. È incredibile perché puoi vagare per i boschi per ore e sentire solamente la natura. Poi, quando improvvisamente incontri un po’ di civiltà, qualche paesino, oppure dei piccoli villaggi di pochissimi abitanti che vivono ancora di pastorizia, o anche paesi molto importanti in Aspromonte, lì improvvisamente i suoni cambiano, diventano umani.

La capacità dell’Aspromonte e della gente dell’Aspromonte è di comunicare anche attraverso i silenzi. A volte gli sguardi e i movimenti possono dire più di qualsiasi parola. Il tempo ha una voce. Il vento ha una sua voce, si sente fortissimo e quando c’è silenzio, il vento sembra proprio cantare, sembra che ti stia parlando. Senti qualsiasi movimento di un albero. Il silenzio è tanto importante quanto il suono in questo film. Ci abbiamo lavorato molto anche con Peppino Tripodi, che è il fonico e anche il sound designer del film, perché, come hai notato, ha una valenza importante. Anche per le ninfe è molto importante il silenzio: nel film comunicano in maniera fortissima e potentissima senza dire mai una parola. Angela ha dovuto fare un lavoro molto importante e molto profondo, cercando più che altro di creare un codice che avesse a che fare con il suo movimento, con la sua corporalità.

Qual è il ruolo delle ninfe nel film e qual è il loro rapporto con il genere umano?

Ciò che noi definiamo ninfe sono, in realtà, delle forze della natura inarrestabili, con un’apparenza femminile, ma chi vedrà il film poi capirà che non è propriamente così. Sono sicuramente delle forze, delle energie femminili, in senso proprio di natura madre, creatrice, fertile. Tuttavia, possiedono in qualche modo anche una forza distruttrice, non per lo scopo di distruggere, ma semplicemente per la sopravvivenza. Quindi, tutto quello che fanno le ninfe non ha un valore morale. Si tratta esclusivamente di far prosperare la specie. E sono indefinibili perché sono etere, sì, ma allo stesso tempo sono anche un po’ spaventose. Sono avvolte dal mistero e per me era importante che non venissero spiegate didascalicamente, oppure che avessero necessariamente una definizione. Tantissime cose in natura sono ancora dei misteri, anche se proviamo noi esseri umani a spiegarli; la verità è che sono importanti in quanto misteri irrisolvibili, ma con una potenza molto perturbante.

Che rapporto hanno con l’umanità? Un rapporto che si evolve. Come dicevo, una volta che vengono liberate sono sicuramente inarrestabili, nel senso che loro cercheranno di fare di tutto per sopravvivere e adattarsi al nuovo ambiente in cui si trovano una volta uscite. Quindi, se l’essere umano si contrappone in questo scopo può ovviamente diventare un nemico, o comunque un ostacolo da superare. Man mano che si adattano al luogo e ne capiscono gli schemi, come fa qualsiasi nuova specie, ecco che anche il rapporto con l’essere umano cambia. Non voglio spoilerare nulla, quindi poi lascio il pubblico trarre le proprie conclusioni.

In un mondo che vive sempre più di tecnologia e mondi virtuali, quanto è importante recuperare i legami ancestrali con la natura?

L’Aspromonte mi ha insegnato che, se si cresce e si vive in un luogo dove il tempo e lo spazio continuano a possedere i significati antichi e originali, in realtà è possibile continuare a orientarsi attraverso gli altri principi del passato, nonostante ci sia effettivamente l’opportunità di accedere ai social media e alla tecnologia. Tutti i ragazzi che vivono lì sono ragazzi come noi e magari il sabato sera scendono al mare per fare serata. Poi, però, quando tornano lì rimangono abbastanza connessi con quella che è la loro realtà. In qualche modo so che, probabilmente, la gente dell’Aspromonte si evolverà, è inevitabile perché il mondo ormai gentrifica qualsiasi angolo della terra. Allo stesso tempo, però, la loro identità rimarrà sempre fortissima. Questo è importante per me. Con questo film volevo raccontare proprio questo, perché è qualcosa che bisogna ricordare alla gente, ricordare che esiste ancora questa possibilità e che non dobbiamo arrenderci al fatto che bisogna per forza essere connessi a questo mondo tecnologico. C’è la possibilità di sconnettersi, senza che la nostra vita ne riceva un’influenza negativa. Anzi: ci si riconnette alla vita, quella vera.

L’intervista ad Angela Fontana

Come hai lavorato al tuo personaggio e quanto ha influito l’immersione nella natura nella costruzione delle Ninfe?

Isabella mi ha inviato la sceneggiatura un po’ di tempo prima e ovviamente avevo visto il suo corto stupendo, Ninfe, prima che girassimo Basileia. Sia il corto che la sceneggiatura mi hanno profondamente colpita. Ricordo che ero in treno e, quando ho letto la sceneggiatura, sono rimasta affascinata dal mondo che Isabella racconta, un mondo che si trova sempre meno nelle sceneggiature. Ancora oggi si ha difficoltà ad immergersi in un mondo come quello creato da Isabella. Mi ha colpito subito e quando ho visto il corto ero estasiata dalla sua introspezione, dalla sua visione, che reputo molto interessante. Nel preparare le Ninfe ci siamo confrontate tantissimo, io ho chiesto a Isabella molti consigli e abbiamo lavorato anche sugli insetti. In particolar modo, abbiamo osservato le api, che hanno un modo di comunicare veramente molto particolare. Hanno una società quasi matriarcale, quindi sono tutte donne e lavorano per uno scopo, così come le formiche. Quando una formica viene lasciata sola, le altre lavorano per quella formica e ciò è interessantissimo. Poi mi sono rifatta al mito, alla tradizione, come diceva Isabella, in quei luoghi in cui lei ha ambientato il film e dove sono state sprigionate queste forze vi è una forza che è veramente molto ancestrale, che si rifà al mito, alla tradizione, alla tradizione popolare raccontata oralmente; quindi, anche le persone che vivono in quel luogo magari internamente possiedono ancora quel tipo di tradizione orale che è molto interessante. Lavorare nella natura è stato magnifico, anche perché l’Aspromonte è veramente un posto surreale e ha qualcosa di magico. Anche la stessa nebbia, che è anche un personaggio molto importante in questo film, racconta delle ninfe, dei personaggi di questo mondo che è interessantissimo vedere su uno schermo al cinema. Questo film, secondo me, è veramente necessario e sono felice di farne parte.

In che modo tu e Isabella avete ricreato l’atmosfera sospesa e magica di Basileia?

Con Isabella abbiamo parlato a lungo. Lei è una regista che sa quello che vuole, quindi mi sono subito trovata benissimo e a mio agio. In realtà, quando eravamo in quei luoghi, si respirava già un’aria molto magica, molto sospesa, in cui eravamo inevitabilmente immersi. A Zamarò, dove c’è la scena della foto presente sulla locandina, si respirava un’aria veramente surreale, quindi tutti eravamo molto attenti, molto curiosi. Almeno, io lo ero. Ascoltavo, come diceva Isabella, la natura e il vento, che costituiscono una partitura. Così come in musica ci sono le pause, che vengono solfeggiate, quindi sono in qualche modo suonate, anche nella sceneggiatura di Isabella ho ritrovato questa partitura musicale. Nei silenzi, in particolar modo in quello delle ninfe, c’era comunque un suono, un qualcosa da comunicare col corpo e con il volto, un ritmo molto ancestrale e molto presente che, appunto, ha costituito parte integrante dei personaggi delle ninfe, una partitura da cui ci siamo mosse e abbiamo cercato di creare, anche tramite la danza. Questo è quello che abbiamo cercato di ricreare assieme a Francesca Fogliano, Lea e Amelia, che hanno contribuito a realizzare il film.

Questa esperienza ti ha cambiata in qualche modo?

Sono fiera di essere in questo film e di dar voce, ma soprattutto dar corpo, a questi personaggi. Quando ripenso ai momenti del film sono molto felice, mi ha arricchito tantissimo ed è stato anche molto bello aver avuto la possibilità di sperimentare.

Basileia: il trailer