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Euganea Film Festival

Natura e tecnologia: poli opposti in ‘Fauna’ di Pau Faus

Mondo ancestrale e ricerca scientifica che avanza. Poli opposti. Quale convivenza è possibile?

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“Credo che la verità abbia una sola faccia: quella di una violenta contraddizione”, Georges Bataille

Nato e cresciuto a Barcellona, l’artista, cineasta, architetto e attivista Pau Faus si è fatto conoscere grazie al mediometraggio Sí se puede. Seven Days at PAH Barcelona e al suo primo lungomoetraggio Ada for Mayor (Alcadessa), vincitore del Gaudí Award per il miglior documentario. Il suo ultimo lavoro, Fauna,  o i ‘poli opposti’, presentato in prima mondiale alla scorsa edizione di Visions du Réel, arriva all’Euganea Film Festival, importante evento che si tiene nell’area dei Colli Euganei, dal 5 al 15 settembre.

L’antropocentrismo che impera e domina

Siamo nell’era dell’Antropocene, un’epoca in cui l’uomo domina qualsiasi altra forma vivente, lotta solo per sé stesso e la sua sopravvivenza, ignorando che quest’ultima sarà possibile solo se la Natura si salverà. L’interdipendenza è evidente, ma non a lui che guarda altrove, in altra direzione, sordo. E poi la Natura è sopravvissuta a ben altre catastrofi. Evolvendosi. Può fare da sé. L’uomo no.

Fauna ci porta, allora, in altra dimensione, quella di un’umanità che, a causa della pandemia di Covid, inizia a dubitare del proprio potere dominante. Una crepa si è aperta nelle certezze di sempre. La fede nell’onnipotenza vacilla, la paranoia prende il sopravvento.

Uno sguardo visionario guida, con maestria, le sequenze del film. Uno sguardo che ci conduce, piano piano, nel mezzo di una foresta alla periferia di Barcellona.

Due mondi a confronto

A confrontarsi, sullo schermo, il mondo ancestrale di un pastore, Valeriano, che vorrebbe salvare la propria professione, e quello di un centro di ricerca medica, fondato sulla sperimentazione animale, che pare tagliato fuori dal mondo, quasi una nave fantasma.

Due mondi distanti, quasi distinti, che vivono, tuttavia, vicini. Relazioni complesse di spazi, fra spazi. Tradizione e scienza, tradizione e modernità si fronteggiano, ad armi impari.

I protagonisti di Fauna cercano risposte a domande più grandi di loro.

L’antropocene è fragile, non domina più la realtà. La natura sembra ribellarsi contro l’iper-controllo dell’essere umano, in una sorta di rivoluzione lenta e silenziosa che avanza, inesorabile, con inquietante determinazione.

Il mondo ancestrale si trova in perfetta fusione con la Natura, quello moderno, iper-igienizzato e sterilizzato, la osserva, invece, dalla finestra. Quasi con timore.

Mentre il pastore, affetto da una dolorosa e invalidante malattia articolare, assiste impotente al declino del suo mestiere (che svolge dall’età di tredici anni), gli scienziati si proiettano verso il futuro, impegnandosi nella ricerca di un vaccino contro il Covid.

Valeriano e il suo gregge, insieme al suo cane Brisa, vivono accanto al Centro Ricerche sulla Salute Animale (CReSA), un luogo ad alta tecnologia, laboratorio di sperimentazione animale. Il pastore alleva capre da vendere a laboratori simili che utilizzano gli animali per creare i farmaci necessari per liberarlo dal dolore che soffre dopo anni di pastorizia.

La vivace esplorazione di Faus di temi seri guida le riflessioni sui limiti della modernità: quando un piccolo bug viene scoperto all’interno del laboratorio sterile, ne deriva il caos. Gli addetti al laboratorio discutono di yoga, salsa e bachata mentre inceneriscono i resti dei test sugli animali; Valeriano scherza su un futuro in cui gli iPad sostituiranno i pastori.

La vita è cambiata, prima era tutto diverso. Poli opposti, fin dai tempi lontani.

Poli opposti

Il regista giustappone due regni che raramente si intersecano e in cui gli individui si sforzano di navigare e sopportare crisi sia personali che globali.

Due mondi e poli opposti, uno rimasto all’età della pietra, l’altro che guarda al futuro. Come all’epoca dello sbarco sulla luna, ricorda Valeriano, quando si vagheggiava di un futuro in cui ci si sarebbe alimentati con una pillola. E lui di pillole, ne trangugia davvero tante…

In questo mondo, ci si sente però prigionieri, come la capretta della scena iniziale che cade in un piccolo fossato da cui non riesce a uscire. Attorniata dalla natura, in un habitat famigliare, la capretta si sente comunque prigioniera, incapace di far fronte a un pericolo che non aveva considerato. La scena è messa in parallelo con il quotidiano del laboratorio, nel quale si susseguono altri rituali, non più ancestrali ma scientifici: indossare le tute di protezione integrale, pesare i componenti chimici o fare entrare le ignare cavie nelle loro celle. Gli animali sono qui utilizzati come strumenti di conoscenza scientifica, passaggio obbligato dalla teoria alla pratica. Tutto al servizio dell’uomo.

Le inquadrature sono precise, fisse, quasi pittoriche, per invitare lo spettatore alla contemplazione. La telecamera passa dall’ambiente naturale a quello costruito, perfettamente strutturato, rafforzando il senso di opposizione e contrasto; le transizioni attentamente realizzate tra ogni sequenza rafforzano l’opposizione tra la tradizione che svanisce lentamente e la forza emergente della modernità. Il montaggio allude a specie che paiono entrare in collisione provocando un’esplosione dalla quale nessuno uscirà indenne.

La colonna sonora di Israel Marco è potente e incantevole. Prende per mano.

Il grave errore che l’uomo onnisciente (e, a suo parere, onnipotente) compie è quello di pensare che i progressi tecnologici, da soli, lo salveranno. Dice il regista:

“Ero consapevole che parlare di sperimentazione animale avrebbe portato enormi contraddizioni sia per me che per lo spettatore. Quindi ho preso due decisioni. Per prima cosa ho scelto di mostrare queste contraddizioni senza prendere posizione, permettendo al pubblico di trarre le proprie conclusioni. In secondo luogo, ho ricordato a me stesso che dietro ogni grande contraddizione umana ci sono sempre grandi storie piene di umanità. Questa è stata la sfida principale del film: parlare di sperimentazione animale senza rinunciare alla poesia, alla leggerezza e perfino all’umorismo. Quella che avrebbe potuto essere una decisione frivola si è rivelata il più grande successo e il principale contributo del film”.

I rametti crescono in mezzo al cemento, resistono, si ribellano, anche se una mano cocciuta li strappa di continuo. La natura non è asettica, svetta. È fatta così.

I due mondi/poli se pur opposti, alla fine, si toccano. Devono in qualche modo convergere.

Il messaggio reale – bellissimo – di questo racconto poetico e giocoso è quello per cui la tecnologia va messa al servizio della pace e della felicità. Si lavori in tale direzione, dunque.

Fauna è prodotto da Nanouk Films con la partecipazione della Televisió de Catalunya.

Fauna

  • Anno: 2023
  • Durata: 74'
  • Distribuzione: Taskovski Films Ltd
  • Genere: documentario
  • Nazionalita: Spagna
  • Regia: Pau Faus
  • Data di uscita: 22-April-2023