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Interviews

Taxidrivers intervista Sofia Coppola

L’Inganno è il nuovo, atteso thriller d’atmosfera dell’acclamata sceneggiatrice e regista Sofia Coppola, con Colin Farrell, Nicole Kidman, Kirsten Dunst e Elle Fanning. Intervista alla regista

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In seguito alla proiezione del film L’inganno queste sono le considerazioni di Sofia Coppola rilasciate alla stampa e l’intervista a Sofia Coppola fatta da Taxidrivers.

L’Inganno è un thriller d’atmosfera dell’acclamata sceneggiatrice e regista Sofia Coppola.

La storia si svolge in un collegio femminile al Sud, durante la Guerra di Secessione americana. Le giovani donne che ci vivono, protette dal mondo esterno, soccorrono un soldato nordista ferito e lo portano al riparo. Mentre gli offrono rifugio e curano le sue ferite, la casa viene invasa dalla tensione sessuale e da pericolose rivalità, e i tabù vengono infranti in un’imprevista serie di eventi.

Una presentazione Focus Features di una produzione American Zoetrope. Colin Farrell, Nicole Kidman, Kirsten Dunst, Elle Fanning. L’Inganno. Musica di Phoenix, basata sul  “Magnificat” di Monteverdi. La costumista è Stacey Battat. La montatrice Sarah Flack, ACE. La scenografa è Anne Ross, il direttore delle fotografia Philippe Le Sourd, AFC. I produttori esecutivi sono Roman Coppola, Anne Ross, Fred Roos e Robert Ortiz. Prodotto da Youree Henley, Sofia Coppola. Scritto per lo schermo e diretto da Sofia Coppola. Una produzione Focus Features.

“Tra uomini e donne c’è sempre un mistero.” Q&A con la sceneggiatrice e regista Sofia Coppola

Q: Lei ha detto che tenta di fare film personali. Cosa c’è di personale in L’inganno per Lei?

Sofia Coppola:  Non lo capisco mai fino a molto tempo dopo, e questo succede con ogni film. Cose che ho visto e persone che conosco ne diventano parte. Sono sempre stata affascinata dal modo in cui le donne interagiscono tra di loro e ho visto come, a volte, cambiano quando c’è intorno un uomo.

Q: Allora è L’Inganno il Suo ritorno al tema di comunità femminili che si sono evolute o si stanno evolvendo? Ne Il giardino delle vergini suicide ci sono delle sorelle in una comunità; in Marie Antoinette, c’è una corte che è un intero mondo; e in Bling Ring, c’è una cricca che finisce coll’infrangere le leggi.

SC: Si, le dinamiche di gruppo – specialmente femminile – mi hanno sempre interessato. Penso che le dinamiche tra donne possano essere molto più sottili e sotto la superficie mentre quelle tra uomini sono più aperte, manifeste. Sono stata attratta da questa storia perché era su un gruppo di donne – e mi ricordava un po’ Il giardino delle vergini suicide, dove le ragazze sono tagliate fuori dal mondo – e perché non avevo mai davvero fatto un film su donne di varie età che si trovano in momenti differenti delle loro vite e su come si relazionano le une con le altre. Nella storia, ognuna di loro si rapporta all’uomo in maniera diversa.

Q: Sono quattro gruppi di età differenti: Miss Martha, Edwina, Alicia e le ragazze più giovani.

SC:  Ognuna di loro ha il suo proprio rapporto con McBurney.

Q: Quando e come si è imbattuta nel romanzo di Thomas Cullinan The Beguiled (L’Inganno) che ha ispirato il film?

SC: La mia amica e scenografa Anne Ross mi aveva prima parlato del film The Beguiled (La note brava del soldato Jonathan) di Don Siegel, che io non avevo mai visto ma che sapevo essere molto apprezzato. L’ho guardato e la storia mi si è fissata in testa – la sua stranezza e le sue svolte inaspettate. Non avrei mai pensato di ri-fare un film, ma ero curiosa e ho comprato il libro su cui si basava. Ho pensato, ‘perché non raccontare di nuovo la storia dal punto di vista delle donne?’ In questo modo L’Inganno sarebbe stato una reinterpretazione; la premessa è vincente perché le dinamiche di potere tra uomini e donne sono universali. C’è sempre un mistero tra uomini e donne: “Oh, perché l’ha detto?” [ride]

Q: Ha pensato di cambiare l’ambientazione del libro?

SC: La gente continuava a dirmi che avrei potuto ambientarlo in un altro periodo. Ma io ero affascinata dal Sud dell’epoca della Guerra Civile americana e da come, a quel tempo, le donne venivano cresciute ed educate in relazione all’uomo, ad essere delicate e attraenti e anche delle buone padrone di casa. Il loro ruolo girava intorno all’uomo, ma poi gli uomini se ne sono andati e non c’erano più… com’è stato per loro essere lasciate da sole a sostenersi e sopravvivere?

Q: Quindi questo non è un remake quanto piuttosto un adattamento, cosa che Lei ha già fatto prima. Il libro era raccontato dal punto di vista dell’uomo?

SC: No, è scritto da un uomo ma è raccontato dal punto di vista delle donne; in ogni capitolo la storia viene raccontata da una donna diversa.

Q: Che cosa ha scelto di mettere in evidenza del romanzo o, al contrario, di tralasciare, nel Suo racconto?

SC: C’erano degli elementi che mi sembravano esagerati; anche se la storia è piuttosto amplificata, volevo che fosse il più possibile realistica e credibile possibile.

Nel libro il soldato è irlandese. Quando ho incontrato Colin Farrell e ho sentito il suo naturale accento irlandese, ho pensato che sarebbe stato bello mantenerlo e rendere McBurney ancora più esotico per le donne. Ad un certo punto facciamo riferimento al fatto che lui è un mercenario che è stato pagato per prendere il posto di un altro uomo (come soldato unionista). Io volevo che lui affascinasse e seducesse in modo da rendere meno ovvio che è solo un problema. Dal punto di vista delle donne è, “Io voglio credergli.” E con Colin, questo è possibile.

Q: E’ vero, guardandole con lui sullo schermo si percepisce un senso di … se non proprio speranza, allora magari che le cose potrebbero non andare poi così male ed esplodere.

SC: Le donne devono sentire la speranza, specialmente Edwina, il personaggio di Kirsten Dunst. Per quanto riguarda McBurney, lui arriva in questo luogo ed è il paradiso. Tutte si occupano di lui e si fanno belle per lui.

Quindi è uno di quei tipi affascinanti di cui non dovresti fidarti anche se vuoi. Penso che tutti possano comprendere e immedesimarsi. Credo sia successo a tutti di incontrarne uno/a.

Q: Nel film del 1971, c’era un personaggio afro-americano, Hallie, interpretato da Mae Mercer. Ha preso in considerazione la sua storia per il suo film?

SC: Non volevo avere il personaggio di una schiava ne L’Inganno perché quello della schiavitù è un tema molto importante e non volevo rischiare di passarci sopra in maniera leggera e superficiale. Questo film racconta di un gruppo di donne lasciate sole durante la guerra.

Q: E nel suo film ci sono meno ragazze al collegio di quante ce n’erano in The Beguiled

SC: L’idea è che molte di loro se ne sono andate.

Q: Ad un certo punto Miss Martha dice che ha mandato già tante studentesse a casa.

SC: Sì, in questo modo il collegio sembra ancora più abbandonato.

Q: Ha detto che la storia è stata amplificata. Si è divertita a farsi prendere dagli elementi thriller della trama?

SC: Mi sono ricordata di Misery (non deve morire), dove l’uomo è un ospite barra prigioniero, un film del 1990 che ho visto quando è uscito e che è rimasto nel retro dei mei pensieri. E’ stato molto impegnativo perché non avevo mai fatto niente di simile a questa storia – è fuori dalla mia zona di comfort, ma l’ho fatto comunque a modo mio. Ho dovuto spingere di più delle cose, perchè di solito sono contenuta. E’ stato divertente avere una trama e una bella ambientazione poetica, cosa nuova per me! [ride]

Q: Lei ha già fatto film ambientati nel passato. Visto che ha voluto mantenere l’ambientazione del libro, la Guerra di Secessiona americana, che cosa l’ha sorpresa di questo periodo che ha scoperto con le sue ricerche?

SC: Mi ha sorpreso come vivessero quando le cose erano così scarse. Abbiamo avuto una persona che ci ha insegnato come si facevano le applicazioni mediche in quel periodo – Nicole Kidman ha imparato tutto sui bendaggi – e il lavoro a mano, il ricamo; non avevano più carta e scrivevano sui margini dei libri…Abbiamo letto dei libri sulle buone maniere di quel tempo. Ad esempio, la donna non dovrebbe accettare un complimento perché incoraggerebbe la sua vanità. Il ruolo della donna femminile doveva essere interpretato e accentuato. Ma queste donne poi si stancarono di venir trattate così…

Q: C’era molta formalità e le donne si rivolgono l’una all’altra con “Miss” e poi il loro nome. Questo rende il dialogo più poetico…

SC: Sì, e adoro il fatto che anche verso la fine del film, quando sono riuscite ad arrivare a… qualcosa [ride], hanno sempre questa patina di affettazione e chiacchiera mondana da signore.

C’è ancora molta della formalità di quel tempo nel Sud oggi – e spesso viene pure esagerata!

Q: Quali sono stati i suoi riferimenti visivi?

SC: E’ sempre un insieme di cose di tutti i generi e provenienze. Abbiamo guardato la ritrattistica della Guerra Civile, ma anche le foto di William Eggleston degli anni ’70 dove c’erano donne insieme. Il film Tess. Tutti i film di Hitchcock per la suspence.

Q: Mentre il film prendeva forma, perché ha deciso che Philippe Le Sourd doveva essere il Suo direttore della fotografia? Questo è il suo primo film con lui.

SC: Avevo già lavorato con lui su degli spot pubblicitari. Lui è davvero un artista e ho pensato che potesse portare a L’Inganno qualcosa di bello. Sono stata molto felice di poter girare in pellicola, con obiettivi vintage, perché diventa sempre più raro. L’aspetto visivo del film doveva essere morbido e leggero, ma anche inzuppato di sole in un ambiente caldo e con un sacco di fumo. I personaggi sono stati repressi, anche dal punto di vista sessuale.

Q: Quell’ambiente è piuttosto concreto e palpabile.

SC: Sì, è un luogo vero con querce e barbe di frati. Madewood [Plantation House] è un luogo bellissimo ma ha anche un lato oscuro a causa della sua storia, cioé del fatto che è stato una piantagione. Volevo che si sentissero gli insetti, la rigogliosità… Il gruppo non può più occuparsi del posto perché sono troppe poche persone e la gente che si occupava del terreno se ne è andata. Quindi ci sono piante rampicanti che crescono all’insù, e questo contribuisce al senso di pericolo anche se all’interno le donne continuano ad avere tende di merletto e belle cose. C’è un contrasto: la casa è molto raffinata e la natura all’esterno è incolta selvaggia. E c’è pure il contrasto tra McBurney e le donne: quest’ultime vestono con colori pastello e poi arriva quest’uomo sporco, rozzo. Loro hanno tanti strati di vestiti; sentono caldissimo ma non possono indossare abiti prendisole. Sono sempre molto accollate e abbottonate anche con la temperature più calda. Io e [la costumista] Stacey Battat abbiamo deciso che le donne non avrebbero indossato più le gonne con il cerchio; indossano solo le gonne e gli abiti senza cerchio. Per questo motivo i vestiti sono molto simili a quelli che portiamo oggi; volevo che i costumi fossero fedeli al periodo storico ma anche moderni, autentici ma anche attraenti per un occhio contemporaneo. Tutto è così sbiadito che i colori si mescolano l’uno con l’altro e così le donne sembrano ancor di più un’unità indistinta. Stacey non aveva mai fatto un film in costume prima, questa è stata la sua prima volta.

Q: Come Anne Ross, ha fatto vari film con Lei –

SC: Io e Anne abbiamo buttato giù delle tavole delle emozioni che Stacey e Philippe potevano guardare in modo da essere tutti in sintonia. Il vantaggio di lavorare con delle persone che conosco da tempo è che loro sanno cosa voglio e che tra noi c’è una comprensione immediata.

Q: Questo è uno dei motivi per cui siete riusciti a girare questo film in 26 giorni.

SC: Sì, e anche che avevamo una buona squadra locale in Louisiana.

Q: La sua montatrice di lunga data, Sarah Flack, ha iniziato a montare subito?

SC: Sì, Sarah riceveva il girato subito e montava mentre noi continuavamo a girare il seguito. Sarebbe stato bello avere più tempo. Ma con i film a basso budget è così, bisogna lavorare il più velocemente possibile.

Q: Ha parlato degli insetti nella proprietà, e questi fanno parte del sonoro di L’Inganno. C’è pochissima musica; sembra che la colonna sonora sia il martellamento delle esplosioni che sembrano a chilometri di distanza ma che, in realtà, non sono poi così lontane.

SC: Queste vite sono così ridotte all’osso che non avrebbe avuto senso avere una grande colonna sonora. Volevo tenerla al minimo. Ho pensato che per il pubblico ci sarebbe stata più tensione, che in questo modo avrebbe percepito come i personaggi fossero tutti bloccati con il suono delle cicale quasi non-stop e quei cannoni in lontananza. La guerra dura da tanto tempo e sta nello sfondo; le donne ci si sono abituate.

Q: Come i personaggi stessi, i cannoni li noti e poi non li senti più; poi magari li senti di nuovo. Perché ci sono tutti i giorni.

SC: E’ diventata la loro normalità, parte dell’ambiente.

Q: Che cosa ha reso Nicole Kidman l’attrice perfetta per interpretare Miss Martha, nella versione che Lei ha creato del personaggio?

SC: Adoro le interpretazioni di Nicole – specialmente quando interpreta ruoli leggermente ‘storti’ come in To Die For (Da morire). Era da tanto che volevo lavorare con lei, e quando stavo scrivendo la sceneggiatura me la sono immaginata come Miss Martha e questo mi ha aiutato. Sapevo che lei avrebbe dato tanto al personaggio, inclusi l’umorismo e la profondità. Nicole sa interpretarla in maniera così imponente che capisci subito chi è il capo di tutto il gruppo.

Q: E’ verissimo. In alcune scene con McBurney è come se Miss Martha fosse un generale e lui un soldato in visita.

SC: Sì, anche se non volevo il cliché della direttrice che incute paura. A tutte le età in questo film le donne sono delle bellezze del Sud – anche se il momento di Miss Martha come reginetta di bellezza del Sud è passato, e le feste sono finite. Quello che è diventato importante per lei è proteggere queste ragazze; deve essere forte in tempi duri e difficili.

Q: Lavora di nuovo con Kirsten Dunst – e tutti i Suoi film con lei protagonista si svolgono nel passato.

SC: E’ vero; non ci avevo mai pensato prima.

Q:  Anche se era pure in Bling Ring.

SC: Faceva un cameo, e non conta. Mi piace lavorare con Kirsten, per cui ho voluto fare ancora qualcosa con lei.

Q: Cosa la rende adatta ad interpretare donne di epoche e luoghi diversi?

SC: Kirsten ha una qualità che la rende credibile come donna di un altro tempo. Questo non vuol dire che non può anche essere contemporanea. Ma quando indossa un costume d’epoca è molto credibile come donna di quel tempo. Ne L’Inganno, volevo che lei interpretasse Edwina, l’insegnante vulnerabile, perché lei non è così; il personaggio è represso e fragile, e questo non somiglia per niente a Kirsten. Lo stesso è stato per Elle Fanning, che è tanto dolce e generosa e che invece interpreta una “cattiva ragazza”. Ho pensato che sarebbe stato divertente. Mi piace vedere le attrici interpretare ruoli che sono opposti a quello che ci si aspetterebbe da loro.

Q: In che modo Elle è ora ancora più brava come attrice di quando ha lavorato con lei l’ultima volta, sette anni fa, su Somewhere?

SC: Quando abbiamo girato Somewhere lei aveva 11 anni, ed è incredibile che ne avesse 18 quando ha fatto L’Inganno. Ha la stessa personalità ed è la stessa persona – solo in versione cresciuta. Ha ancora quel guizzo infantile ed è molto spontanea e naturale. Mi ha colpito come attrice allora, e adesso ancora di più. Elle porta molto nell’interpretazione di Alicia, mostrando il personaggio come vanitoso e tutto preso da se stessa. Alicia è consapevole di come si presenta, come quando allarga la gonna mentre siedono tutte con McBurney e lo guarda. Nel libro, il suo personaggio è stato educato per acchiappare gli uomini.

Q: Elle è spesso circondata dalle attrici più giovani del film. Come si è imbattuta in loro quattro e le ha scelte come gruppo?

SC: Avevo una fantastica squadra che si occupava del casting. Avere delle ragazze che avessero l’età dei personaggi era importante. Volevo essere precisa e accurata; abbiamo visto tantissime giovani attrici di quell’età. Poi abbiamo cominciato ad appendere fotografie di attrici sul muro per vedere come apparissero insieme e se fossero troppo simili, per evitare di confonderle. Ognuna di loro doveva avere una personalità forte e differente da quella delle altre. Abbiamo cominciato a mettere insieme le nostre preferite per vedere se funzionavano. Queste quattro ragazze spiccavano su tutte. Due di loro, Oona Laurence e Emma Howard, erano state a Broadway in Matilda; Oona è brava a cantare nel ruolo di Amy, e Emma, nei panni di Emily, sembra un ritratto dell’epoca in cui si svolge il film. Angourie Rice è australiana e ha un gran talento; le ho fatto interpretare Jane come leziosa e affettata. Addison Riecke, che interpreta Marie, è molto divertente. Solo dopo averla incontrata mi sono resa conto che interpreta un programma televisivo, The Thundermans, che i miei figli adorano. Hanno lavorato tutte bene insieme. Credo si senta nel film che sono un gruppo.

Q: Nel film, Lei enfatizza ancora di più la vicinanza, mostrando molte delle ragazze condividere il letto.

SC: Sì, abbiamo immaginato che le ragazze lontane dalle loro famiglie avrebbero diviso la stanza e poi che qualcuna sarebbe entrata nel letto di un’altra perché ha paura in quella grande casa. Sono ragazzine che si stringono l’una all’altra.

Q: E’ stata Lei a coltivare e alimentare questa vicinanza e intimità tra loro?

SC: Si. Abbiamo avuto un periodo di prove in cui hanno preso lezioni di danza, di buone maniere e istruzioni di cucito – di tutto quello che facevano le ragazze a quel tempo. Trascorrere tempo insieme facendo tutte queste attività ha creato un legame. Durante le riprese – specialmente quando eravamo fuori, a Madewood – uscivano insieme e sono diventate amiche. Sono andate insieme a fare “dolcetto o scherzetto” a Halloween nella città in cui ci trovavamo. Credo che, specialmente tra un cast e una troupe piccoli di un film a basso budget, ci sia questo cameratismo e/o atmosfera da campeggio scout quando si è in location perché non si torna alla propria vita ‘regolare’ ogni sera. Per L’Inganno, alloggiavamo tutti in questo albergo, l’ ‘Hampton Inn’, e stavamo nella hall in pigiama. Quando giravamo gli interni nella casa a New Orleans, c’era una veranda con un grande tavolo lungo e quello finiva per essere il luogo dove passavamo il tempo. O nel giardino sul retro. Bell’atmosfera!

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