Dopo aver realizzato la trilogia dei cosiddetti “thriller dei quartieri alti”, avendo inventato il sottogenere del giallo erotico italiano, Umberto Lenzi, come tanti altri cineasti, decise di inserirsi del filone della rilettura dei film argentiani, e in quattro anni diresse ben cinque lungometraggi: Un posto ideale per uccidere (1971), Sette orchidee macchiate di rosso (1972), Il coltello di ghiaccio (1972), Spasmo (1974) e Gatti rossi in un labirinto di vetro (1975). Il primo, interpretato dalla grande attrice greca Irene Papas e dai giovanissimi Ray Lovelock e Ornella Muti (quest’ultima, in particolare, all’epoca delle riprese era ancora minorenne), fu una pellicola abbastanza travagliata, in quanto il produttore Carlo Ponti impose una drastica variazione alla sceneggiatura, snaturando nel profondo l’essenza della storia che Lenzi voleva mettere in scena. Dick Butler (Lovelock) e Ingrid Sjoman (Muti) nella storia originale erano degli spacciatori di droga, che poi, in preda agli effetti degli stupefacenti, si ritrovavano nella villa di una signora, la quale cercava di far ricadere su di loro la colpa di un delitto da lei commesso. Nella versione che poi venne effettivamente girata, invece, i due ragazzi esercitano un poco credibile commercio di materiale pornografico (sulla scia della liberazione sessuale di quegli anni), per cui la loro successiva permanenza nella casa dell’assassina risulta meno credibile, laddove manca una premessa adeguata che la giustifichi. A tal proposito lo stesso Lenzi affermò: «È un film sbagliato, che ripudio in pieno. Io avrei voluto qualcosa alla Easy Rider, una storia di giovani on the road, ma i produttori volevano il solito giallo, addirittura volevano Carroll Baker. Peccato, perché l’idea era buona, solo che i produttori fecero sostituire la droga con la pornografia. Il film si rivelò un disastro, e mi giocai la carriera con Carlo Ponti».
Insomma, Lenzi espresse un giudizio lapidario su quella esperienza, eppure a rivederlo dopo più di 40 anni Un posto ideale per uccidere contiene alcuni elementi positivi. Lo stesso prologo, in cui vediamo i due fidanzati girare l’Europa e poi venire in Italia per ricavare guadagni dalla vendita di materiale pornografico acquistato all’estero, restituisce abbastanza bene l’atmosfera libertaria di quegli anni, giacché il fatalismo dei protagonisti, il vagare senza una direzione precisa e il desiderio di godere il più possibile rendono sufficientemente quel clima on the road voluto dal regista. La seconda parte, in cui prende corpo il giallo, è anch’essa interessante, visto che la padrona della villa dove riparano i due fuggiaschi è una donna intrigante, che usa con scaltrezza la seduzione e il sesso per aggirare i malcapitati, i quali sulle prime cadono nella trappola ordita ai loro danni. Barbara Slesar (Papas) rivolge attenzioni sessuali verso entrambi, creando un’atmosfera molto morbosa, che non si è vista spesso nel cinema italiano. Lovelock e Muti forniscono una discreta prestazione, impreziosita dalla loro freschezza, e la Papas risulta il naturale contrappunto, dato che la sua autorevolezza dona al film quello spessore che altrimenti sarebbe venuto a mancare. La macchinazione messa in scena non è banale, così come il finale, che per l’epilogo cruento ricorda un capolavoro di qualche anno prima. Al netto delle imperfezioni, dunque, che pure ci sono, Un posto ideale per uccidere è un film più che dignitoso che non mancherà di deliziare gli amanti del cinema del prolifico regista toscano. Nei contenuti speciali del dvd sono presenti le interviste a Ray Lovelock, che ricorda cosa accadde sul set del film, e a Davide Pulici, che rivela parecchi particolari della travagliata pellicola.
Distribuito da CG Entertainment, per la collana CineKult, Un posto ideale per uccidere è disponibile in dvd, in formato 2.35:1, con audio in italiano (DD 2.0) con sottotitoli per non udenti opzionabili. Nei contenuti extra: “Il triangolo quadrato” – intervista a Ray Lovelock e a Davide Pulici; le scene alternative (tagliate dalla censura)
Luca Biscontini
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