Giuseppe Tornatore esordì in pompa magna nel 1986, con un film complesso nella struttura, un affresco feroce e significativo dell’ascesa del boss Raffaele Cutulo, capo indiscusso della Nuova Camorra Organizzata, traendo liberamente ispirazione dal romanzo di Giuseppe Marrazzo, Il camorrista, che, prendendo spunto dalle interviste rilasciate dallo stesso Cutolo, ricostruiva le nefaste imprese de O Professore (così i detenuti chiamavano Cutolo, in quanto era l’unico in grado di leggere e scrivere). Tornatore, che nel 1984 aveva collaborato con Giuseppe Ferrara per Cento giorni a Palermo, del quale fu produttore, oltre che co-sceneggiatore e regista della seconda unità, ritenne opportuno affrontare di nuovo il tema della malavita, stavolta partendo dal punto di vista degli stessi criminali, cercando di tracciarne un profilo psicologico, senza mai cadere nella trappola (in cui parecchi registi che si sono occupati di queste questioni si sono imbattuti) di fare apologia dei malviventi, che, al contrario, vengono rappresentati per la loro crudeltà, spietatezza, incapacità di empatizzare con chicchessia, sebbene nelle loro proclamate intenzioni (quelle di Cutolo) fosse vivo il desiderio di costituire un movimento alternativo che fornisse un supporto economico e morale al sud (Napoli), dove lo Stato latitava, con un assenza che legittimava, in parte, la ricerca di altri interlocutori.
Cutolo, interpretato da Ben Gazzara, costruì la nuova camorra in carcere, in cui si trovava per un omicidio commesso per difendere l’onore della sorella, che gli valse una condanna a trent’anni di reclusione. Tornatore è abile ad alternare ‘il dentro e il fuori’ al carcere, restituendo con una discreta quota di realismo quanto effettivamente si verificò, benché la narrazione – prima che il film cominci, sullo schermo appare una dichiarazione dello stesso regista in merito alle ragioni che lo avevano spinto alla realizzazione de Il camorrista – successivamente stravolge alcuni fatti (in particolare il commissario Iervolino, interpretato da un ottimo Leo Gullotta, sopravvive a un attentato, mentre nella realtà Antonio Ammaturo rimase ucciso in un agguato sotto casa sua); ma l’intento del regista siciliano era quello di portare all’attenzione del grande pubblico la malattia di un paese, il nostro, che doveva cominciare a pensarsi come una nazione civile, basata su un sistemi di leggi che ne regolano il funzionamento e che garantiscono quel rispetto dei diritti che è alle fondamenta di ogni regime democratico normale. Più che mai, dunque, Il camorrista è da considerarsi un film di impegno civile, un invito ad abbandonare (soprattutto al sud) quella connivenza con la malavita che aveva creato uno stato parallelo, il quale, a conti fatti, non faceva l’interesse delle masse ma solo di chi vedeva vertiginosamente accrescere il proprio potere, e che aveva diritto di vita e di morte su chiunque intralciasse la sua sanguinaria ascesa.
Il camorrista è una coproduzione fra Reteitalia del gruppo Fininvest e Titanus costata 4 miliardi di lire e confezionata in due versioni di metraggio diverso: la versione per il grande schermo, querelata e ritirata dai cartelloni ad appena due mesi di distanza dalla sua prima, e l’edizione estesa per la televisione, della durata di cinque ore, mai andata in onda. La pellicola fu nuovamente ridistribuita nelle sale, ottenendo un buon successo sia di pubblico. Nella nuova edizione in dvd è presente la versione restaurata da Cineteca di Bologna e Titanus presso il Laboratorio L’immagine Ritrovata, della durata di 165’, arricchita da una sezione extra con commento di Giuseppe Tornatore al film, “La febbre del camorrista” a cura di Mario Canale (con intervista a Tornatore sul set) e una galleria fotografica.
Pubblicato da Mustang Entertainment e distribuito da CG Entertainment, Il camorrista è disponibile in dvd in formato 1.66:1 con audio in italiano e sottotitoli opzionabili.
Luca Biscontini
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