Chi ha detto che l’ultimo film di Ettore Scola è poco riuscito, privo d’ispirazione, sciatto? Non scherziamo, anche qualora avesse usato la sola mano sinistra, il regista di Trevico realizza ugualmente un riuscito affresco della Roma dei primi anni del nuovo millennio, attraverso la tessitura di tanti piccoli episodi che, concatenandosi, rivelano il volto perplesso di una città la quale, cuore d’Europa, assume nuovi contorni, togliendosi di dosso l’accusa della tipica indolenza che troppo spesso le si è rimproverata.
La questione del lavoro che si è fatalmente precarizzato, la dimensione multietnica che inevitabilmente richiede una trasformazione antropologica della popolazione, i temi politici che non cessano di alimentare accesi dibattiti, la mutazione dei rapporti famigliari e relazionali, la morte che incombe, la memoria di una Storia tragica che non smette di angosciare i ricordi di chi l’ha drammaticamente vissuta: insomma, Scola fa ricorso a tutto il proprio bagaglio umano e culturale, mettendo in scena un ritratto credibile del mutamento in atto della città dei papi, certamente utilizzando un tono nel complesso leggero, ma mai superficiale (come potrebbe un uomo come Scola produrre qualcosa di superficiale?), piuttosto disincantato, giungendo direttamente al cuore degli argomenti, partendo dal basso, dalla semplicità dell’anima popolare di Roma, alla quale dedica la sua ultima fatica. Anzi, vedendo Gente di Roma ritorna prepotentemente alla memoria il film che Federico Fellini dedicò alla città eterna, laddove anch’egli si soffermò non poco sull’indagine antropologica di una tipologia umana unica, la cui rozzezza, il tribalismo, l’eccesso fornivano una connotazione decisa, non riscontrabile in altre metropoli europee, e che ne facevano un esemplare tutto da indagare. Scola, evidentemente, ha dovuto fare i conti con la trasformazione, la degenerazione, l’omologazione che la civiltà dei consumi ha irrimediabilmente compiuto, eppure riesce a trovare tra gli interstizi ancora alcuni guizzi di vitalità, un po’ come quell’erba inestirpabile che s’annida tra gli immortali sanpietrini, e che, infatti, costituisce la prima, emblematica immagine del film.
A rivedere oggi il cast di Gente di Roma non si può che rimanere positivamente impressionati: Giorgio Colangeli, Antonello Fassari, Fabio Ferrari, Fiorenzo Fiorentini, Arnoldo Foà, Sabrina Impacciatore, Salvatore Marino, Valerio Mastandrea, Rolando Ravello, Stefania Sandrelli, Augusto Fornari. In particolare Arnoldo Foà, nel ruolo di un anziano signore che sta per essere spedito dal figlio in un ospizio, regala un’interpretazione assi intensa, premiata, tra l’altro, con un Nastro d’argento. Ma significativa è anche la partecipazione di Fiorenzo Fiorentini, che si produce in una riuscitissima dizione de Er padre de li Santi di Gioacchino Belli, riprendendo un giovane che insozza il vetro di un autobus con scritte scurrili. E ancora, ottimo il duetto tra Salvatore Marino e Valerio Mastrandrea, in cui il primo fa un niente affatto banale reportage del processo d’integrazione della capitale, e l’altro, indolente, insidia un’avvenente ragazza di colore, fallendo completamente. Rolando Ravello, passeggiando all’interno del cimitero del Verano, viene assalito dalle voci dei defunti che, come i vivi, non cessano di bisticciare tra loro, rivendicando gerarchie e dinamiche che neanche la morte pare avere il potere di far cessare.
Insomma un film corale, fatto di tasselli che compongono un ricco mosaico che brilla, affascinando coloro che vi posano lo sguardo. Una testimonianza, quella del Maestro, che arricchisce non poco la sconfinata letteratura sull’universo romano, e che non si può mancare di raccogliere.
Pubblicato da General Video per Istituto Luce, e distribuito da CG Entertainment, Gente di Roma è disponibile in dvd, in formato 1.78:1, con audio Italiano Dolby Digital 2.0 e sottotitoli per non udenti. Nei contenuti speciali: “La capitale del mondo” di Valentina Pattavina.
Luca Biscontini