“Hitchcock ha inventato il brivido, Fulci lo ha perfezionato”.
Chi, nell’estate del 1990, lesse i quotidiani apprendendo dell’uscita cinematografica di Un gatto nel cervello, ovvero l’ultimo lavoro del compianto maestro dello splatter tricolore Lucio Fulci che riuscì ad avere regolare distribuzione in sala, non può certo aver dimenticato questa frase di lancio di notevole effetto, atta ad invogliare nella visione di un’operazione decisamente atipica.
Già, perché, in sintesi, abbiamo il regista nei panni autobiografici di se stesso che, colto da strani turbamenti dovuti forse alla sua professione, comincia a perdere la testa confondendo fantasia e realtà, tanto da spingersi a consultare uno psichiatra sconvolto, però, da problemi sentimentali.
Fattore, quest’ultimo, che lo spinge a pensare che l’autore di Non si sevizia un paperino e Zombi 2 potrebbe far fuori la moglie, fino a decidere di ipnotizzarlo e condizionarlo per far sì che cominci a credere di essere un assassino.
Man mano che l’esile soggetto chiaramente influenzato da quello alla base del contemporaneo Cabal di Clive Barker, si rivela, in realtà, il pretesto per poter cucire insieme efferate situazioni provenienti da una serie di lungometraggi risalenti a un paio di anni prima e che, a causa di una complicata questione produttiva, erano rimasti del tutto inediti all’epoca della diffusione della pellicola.
Di conseguenza, i vari shockanti momenti spazianti dal cannibalismo alla crudele decapitazione di un bambino tramite motosega provengono da Non aver paura della zia Marta di Mario Bianchi, Luna di sangue di Enzo Milioni, Bloody psycho di Leandro Lucchetti, Massacre di Andrea Bianchi, Hansel e Gretel di Giorgio Simonelli e Sodoma’s ghosts e Quando Alice ruppe lo specchio, unici due titoli del lotto in possesso di firma fulciana.
Con la risultante di un collage a suo tempo utile, appunto, per poter visionare il materiale di celluloide che non aveva ancora avuto diffusione, ma che, complice la cornice di contorno costruita con l’evidente intento di attaccare determinati pensieri della psicoanalisi, spesso convinta dell’influenza da parte della violenza da schermo sul quotidiano vivere, assume oggi, paradossalmente, i connotati di un film sperimentale non privo di divertimento macabro e di un forte (retro)gusto metacinematografico.
Corredandolo di due trailer (italiano e americano) e di un’intervista di sei minuti allo sceneggiatore Antonio Tentori nella sezione riservata ai contenuti speciali, è Minerva pictures a ristamparlo su supporto dvd.
Francesco Lomuscio