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Revenant – Redivivo

In definitiva Alejandro González Iñárritu, Emmanuel Lubezki e Leonardo Di Caprio lavorano in perfetto accordo e, insieme, confezionano il primo vero capolavoro di questo 2016. Un film importante e bellissimo di cui senza alcun dubbio si parlerà ancora per anni. Anzi tra un po’ qualcuno lo utilizzerà per costruire iperboliche frasi comparative. Qualcosa del tipo “Si OK, bello, ma mica è Revenant”

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Arriva nelle sale italiane Revenant – Redivivo, l’ultimo film di Alejandro González Iñárritu con Leonardo DiCaprio, candidato a 12 premi Oscar.

Sinossi: Tratto da una storia vera, Revenant – Redivivo racconta l’epica avventura di un uomo che cerca di sopravvivere grazie alla straordinaria forza del proprio spirito. In una spedizione nelle vergini terre americane, l’esploratore Hugh Glass (Leonardo DiCaprio) viene brutalmente attaccato da un orso e dato per morto dai membri del suo stesso gruppo di cacciatori. Nella sua lotta per la sopravvivenza, Glass sopporta inimmaginabili sofferenze, tra cui anche il tradimento del suo compagno John Fitzgerald (Tom Hardy). Mosso da una profonda determinazione e dall’amore per la sua famiglia, Glass dovrà superare un duro inverno nell’implacabile tentativo di sopravvivere e di trovare la sua redenzione.

Recensione:Ho subito pensato fosse un capolavoro. Penso di non aver vissuto un’esperienza cinematografica di questo genere da quando vidi per la prima volta ‘Apocalypse Now’.”

Revenant ecco perché é un capolavoro :  Redivivo, il film di Iñárritu con DiCaprio vincitore di tre Oscar

Queste le prime parole spese, alcune settimane fa, da uno Sean Penn evidentemente estasiato all’uscita da una proiezione ultraprivata (uno dei vantaggi di essere Sean Penn, interviste in esclusiva ai signori della droga a parte) di Revenant – Redivivo.

Se a una prima lettura il paragone con Apocalypse Now, per quanto impegnativo, calza soprattutto in relazione alle numerose difficoltà produttive e al prolungamento delle riprese e, di conseguenza, anche del budget che accomunano entrambe le opere, l’entusiasmo dell’attore/regista ci è però utile anche per una riflessione analitica sul senso che generalmente si dà al termine “capolavoro”.

Perché i film possono essere belli, bellissimi e, al limite, anche stupendi. Esistono film notevoli – a volte veri e propri gioielli – che, una volta esaurita la loro parabola distributiva, tornano utili giusto per le classifiche di fine anno o, al limite, per guarnire le nostre preziose collezioni di DVD. Poi però ci sono i capolavori. Al netto della sacrosanta soggettività dei gusti (quante volte ci capita di parlare con qualcuno che, alludendo a un film appena visto, esordisce con un “capolavoro assoluto!”) e dei piani di lettura potenzialmente infiniti di un’opera, il capolavoro è qualcosa che ha la capacità di restare incollato alla rètina e al cuore di chi guarda, a volte anche a prescindere dai puri meriti artistici. Ci sono poi quei film che invece alzano l’asticella e, nei casi migliori, riescono a spostare in avanti la percezione che in generale si ha del filmabile (e soprattutto del come qualcosa debba essere filmato) assurgendo al ruolo di nuovi punti di riferimento per tutto il cinema che verrà, oltre che a strumenti dialettici da utilizzare nella costruzioni di spesso iperboliche frasi comparative (es. “Sì OK, bello, ma mica è Quarto potere”).

Tutto questo preambolo per dire come sia chiaro fin dalle sue prime, spettacolari immagini che Revenant – Redivivo non solo è un capolavoro, ma gioca proprio nello stesso campionato de Il Padrino, Taxi Driver e Pulp Fiction. Perché questo film rappresenta il climax artistico di un autore che non si è mai preoccupato di nascondere la propria smisurata ambizione – nemmeno ai tempi del suo bellissimo esordio Amores perros – e di cui il pluripremiato Birdman dello scorso anno rappresentava, col senno di poi, qualcosa di molto simile a una prova generale. L’ossessione alla base è la stessa – la voglia di rivalsa di fronte a un qualcosa che ci è stato tolto – come simile è la componente onirica che ispira e indirizza le azioni dei protagonisti.

Cambia – eccome se cambia – la location, ma la funzione diegetica degli spazi rimane la stessa, con lo sguardo di Iñárritu che si sposta dagli angusti corridoi di un teatro agli spazi sconfinati della frontiera americana. Due estremi – il poco o il troppo spazio – ugualmente spaventosi se affrontati da soli. Laddove poi Birdman riscriveva le regole della black comedy, Revenant applica il medesimo processo al racconto epico, declinato attraverso quello che sulla carta sembrerebbe il più classico dei revenge-movie e che, nelle abili mani dell’autore messicano, diviene ben presto un violentissimo e crudo inno alla sopravvivenza. Un’epopea privata di straordinaria potenza, sia visiva che emozionale, e un tour de force stilistico e produttivo che ha ben pochi precedenti e sommerge letteralmente lo spettatore quasi a mozzargli il respiro, sprofondandolo nell’inospitalità di luoghi che fanno ancora più paura proprio perché sappiamo essere reali, non essere ricostruiti in studio.

Ma se finora ci siamo concentrati esclusivamente su Iñárritu (autore anche dello script) è importante adesso, per comprendere appieno il valore di Revenant – Redivivo, provare a considerarlo come un “capolavoro” diretto non solo da lui, ma anche da altri due registi. Uno è senza ombra di dubbio il direttore della fotografia, il due volte premio Oscar Emmanuel Lubezki, artefice di un lavoro superbo, tutto incentrato sull’utilizzo narrativo della luce naturale, che restituisce agli spazi una profondità che neanche il migliore dei 3D potrebbe garantire. Nel taglio delle sue immagini c’è un senso profondamente herzogiano dei pericoli che si annidano nel circostante e, allo stesso tempo, una fortissima corrispondenza tra le asperità ambientali e quelle, più intime, dei personaggi, figure senza dubbio archetipiche di uomini rudi, ma non per questo unidimensionali.

Ed è qui che entra in ballo il terzo regista di Revenant- Redivivo, l’ormai immenso Leonardo DiCaprio, che si produce forse nella sua interpretazione definitiva. Sebbene meno sfaccettato rispetto al Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street (considerando anche che non proferisce parola per una buona metà del film), il lavoro dell’attore sul personaggio di questo tormentato cacciatore di pelli d’orso è di una generosità fisica disarmante. In una sequenza impressionante, in cui è forte, a un certo punto, la tentazione di voltare altrove lo sguardo, Di Caprio si lascia dilaniare da un grizzly all’inizio del film per rimanere poi lì a soffrire e a rantolare, mettendo in mostra tutte le ferite aperte, sia nel corpo che nell’anima, che nessuna brama di vendetta può riuscire a curare. Lo fa con un livello di immedesimazione totale che – annullando in un sol colpo vent’anni di Titanic, Scorsese e gossip equamente divisi tra la sua passione per le Barbie umane e la “maledizione” che non gli avrebbe (ancora) consentito di vincere un Oscar – lo porta a trasfigurarsi fino a smettere di essere semplicemente Leonardo Di Caprio per diventare altro da sé agli occhi dello spettatore. E non era affatto un compito facile per un interprete sottile e raffinato ma di certo poco avvezzo a questo tipo di ruoli virili, a differenza dell’egualmente sublime Tom Hardy, ad esempio, che è dotato di physique du rôle e in questi ruoli ci sguazza.

In definitiva Alejandro González Iñárritu, Emmanuel Lubezki e Leonardo DiCaprio lavorano quindi in perfetto accordo e, insieme, confezionano il primo vero capolavoro di questo 2016. Un film importante e bellissimo di cui non ho alcun dubbio si parlerà ancora per anni. Anzi, non mi stupirei affatto se tra un po’ qualcuno lo utilizzasse per costruire iperboliche frasi comparative. Qualcosa del tipo “Si OK, bello, ma mica è Revenant“.

Fabio Giusti

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  • Anno: 2015
  • Durata: 156'
  • Distribuzione: 20th Century Fox
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Alejandro González Iñárritu
  • Data di uscita: 16-January-2016