Nella notte del 15 dicembre, prima che sorgesse il sole, è venuto a mancare, insieme alla moglie, Rob Reiner, regista, sceneggiatore e attore che ha segnato profondamente il cinema degli anni ’80 e ’90, all’età di 85 anni.
La notizia ha travolto il mondo cinematografico, perché Reiner non è stato solo un grande autore, ma una persona e un artista unico, capace di spaziare tra generi molto diversi, donando a ciascuno una personalità riconoscibile.
Per rendergli omaggio, ripercorreremo la sua carriera, dagli inizi, oltre a soffermarci sulle opere più importanti di colui che è stato uno degli ultimi artigiani della storia del cinema.
Rob Reiner: un’eredità artistica
Rob Reiner nasce il 6 marzo 1947 nel Bronx, a New York, da Carl Reiner ed Estelle Lebost, entrambi di origine ebraica. Il primo è uno dei più celebri comici americani, mentre la seconda ha avuto una carriera come attrice: due figure che hanno inevitabilmente influenzato Reiner nell’intraprendere la strada dello spettacolo.
Dopo il trasferimento in California, nel 1977 comincia a recitare in film per la televisione, fino a entrare nel cast della serie Arcibaldo, dove, grazie al personaggio di Michael Stivic, ottiene ben due Emmy Award.
I primi esordi
Nel 1984 esordisce alla regia con This Is Spinal Tap, una commedia atipica che si presenta come un mockumentary, ovvero un finto documentario incentrato su una band heavy metal immaginaria: gli Spinal Tap.
Il film è una parodia feroce e brillante dell’intero panorama hard rock e heavy metal dell’epoca, ricca di citazioni e riferimenti a gruppi come The Who, AC/DC, Queen e molti altri, ottenendo un ottimo successo di critica ma un modesto successo commerciale nelle sale, per poi recuperare con l’uscita in VHS.
L’anno successivo realizza Sacco a pelo a tre piazze, una commedia con protagonisti John Cusack e Daphne Zuniga, che non riesce a lasciare un segno profondo nel pubblico ma è solamente l’anno dopo che arriveranno i suoi più grandi successi cinematografici.

‘Stand by me’: il film per antonomasia sull’infanzia.
Stand by Me (1986)
Con Stand by Me, Rob Reiner firma uno dei suoi primi, veri capolavori. Un film che lo consacra al grande pubblico e che diventa la base del racconto di formazione moderno: il passaggio dall’infanzia all’età adulta, raccontato in modo intimo e senza tempo.
L’opera rispecchia perfettamente il racconto di Stephen King, narrando un On the road in un’America ancora arretrata, fatta di sfide, scelte e paure di un cambiamento che tutti noi abbiamo vissuto nella nostra vita.
È un film di memorie e nostalgia, che riflette sul tempo perduto dell’infanzia e su quei paesaggi interiori che non torneranno mai più, e che ancora oggi parla al pubblico di ogni età.

‘La storia fantastica’: il film fantasy per antonomasia.
La storia fantastica (1987)
Uno dei fantasy più iconici degli anni ’80, insieme a Willow (1988) e Labyrinth (1986), e ancora oggi considerato un cult da diverse generazioni.
Reiner si cimenta qui in un fantasy “vecchio stampo”, fatto di romanticismo, avventura “cappa e spada” e momenti comici. Il tutto è raccontato attraverso la cornice metanarrativa di un nonno, interpretato da Peter Falk, che legge una storia al nipote.
Un espediente perfetto, quasi meta cinematografico, che Reiner sceglie per restituire quel senso di meraviglia dei racconti di una volta, in un periodo in cui, in particolare negli ultimi anni del reaganismo americano, stava progressivamente scomparendo.
Un monito, quello di Rob Reiner, a ritornare alla fanciullezza e ad assaporare quel senso del fantastico che animava le nostre vite fin da bambini.

‘Misery non deve morire’: il peggior incubo di ogni artista.
Misery non deve morire (1990)
Secondo adattamento tratto da un’opera di Stephen King, Misery non deve morire è uno dei film più intensi e oscuri del regista, oltre a essere uno dei migliori adattamenti cinematografici del “re del terrore”.
È un film che parla di molteplici temi: dalle ossessioni del pubblico, che pretende di controllare le storie che ama, fino al desiderio di diventarne lui stesso l’autore ; passando per le ansie e paure di un artista, che si sente bloccato da tali aspettative, incapace di liberarsene e intrappolato in una profonda crisi creativa.
Reiner fa un perfetto lavoro di gestione della tensione cinematografica, sia nel lavoro di regia che nel montaggio, oltre alla gestione strepitosa del cast, in particolare di James Caan e Kathy Bates, la regina indiscussa dell’opera.
Un’opera immortale, capace ancora oggi di generare ansia nello spettatore perché ci parla, e parla, di tutti noi e di come noi stessi, sotto sotto, ci sentiamo come Annie Wilkes.

‘Harry ti presento Sally’: il film più iconico di Rob Reiner.
Harry ti presento Sally (1989)
«Ho scelto una donna come amico», cantava Lucio Battisti, e basterebbero queste parole per descrivere al meglio uno dei film più indimenticabili di Rob Reiner.
Harry ti presento Sally è diventato una commedia simbolo del romanticismo classico americano, grazie alle interpretazioni di Billy Crystal e Meg Ryan e alla sceneggiatura raffinata di Nora Ephron.
Il cuore del film è il rapporto di crescita tra i due protagonisti: un’indagine psicologica sugli opposti che, inizialmente in conflitto, finiscono per avvicinarsi.
Reiner racconta con intelligenza la lotta tra i generi, l’eterna diaspora maschile e femminile, e il significato dell’amore, soprattutto se ci può essere amore in un’amicizia. Il tutto evitando ogni banalità e cliché di sorta.
Un film che ha segnato il genere alla fine degli anni Ottanta e che ha contribuito ad aprire la strada agli anni novanta, periodo in cui è cambiata la percezione della femminilità sul grande schermo e in cui si assiste a un ribaltamento del ruolo maschile all’interno della commedia romantica americana.

‘Codice d’onore’: uno dei capolavori di Rob Reiner.
Codice d’onore (1991)
Codice d’onore rappresenta un’ulteriore svolta nella carriera del regista. Qui Reiner si distacca dai toni più leggeri per confrontarsi con un legal drama potente, considerato da molti uno dei suoi capolavori.
Il film affronta il tema della paura del potere e denuncia le falle del sistema politico e militare americano, attraverso una sfida tutta giocata sui dialoghi, scritti in maniera magistrale da un allora esordiente Aaron Sorkin. A completare il tutto un cast eccezionale, composto da Tom Cruise, Demi Moore e Jack Nicholson, quest’ultimo che ci regala una delle sue prove più intense.
Periodo di transizione
Dopo questa straordinaria sequenza di successi, Rob Reiner attraversa un periodo più difficile, realizzando film che incontrano un riscontro minore da parte del pubblico, come Genitori cercasi (1994), Il presidente – Una storia d’amore (1995), L’agguato – Ghosts from the Past (1996), Storia di noi due (1999), Alex & Emma (2003) e Vizi di famiglia (2005).
Solamente Il presidente-Una storia d’amore riesce a suscitare consensi, in quanto propone una storia romantica vecchia scuola, scritts nuovamente da Aaron Sorkin. e sorretta dalle ottime interpretazioni di Michael Douglas e Annette Benning. Fatto sta che, dopo i suoi cinque capolavori precedenti, sia i critici che il pubblico si aspettavano qualcosa di più.

‘Non è troppo tardi’: il vero, ultimo, testamento cinematografico di Rob Reiner.
Non è mai troppo tardi (2007)
Nel 2007 esce Non è mai troppo tardi, un’opera piccola ma sincera, una vera e propria lettera d’amore alla vita, che riesce a fare breccia sia nel cuore del pubblico che della critica.
Il film racconta la storia di due uomini anziani, interpretati da Morgan Freeman e Jack Nicholson, che decidono di realizzare tutto ciò che non hanno mai avuto il coraggio di fare, prima che il tempo finisca.
Un racconto delicato sulla senilità come occasione di riscoperta, sull’importanza di non vivere di rimpianti e di ritrovare la gioia dell’esistenza fino all’ultimo istante.
Quest’opers rappresenta perfettamente il vero testamento artistico del regista e riassume, perfettamente, il suo tipo di cinema: semplice, umano e a tratti agrodolce
Gli ultimi progetti
Negli anni successivi Reiner continua a dirigere film come Il primo amore non si scorda mai (2010), The Magic of Belle Isle (2012), Mai così vicini (2014), LBJ (2016), Attacco alla verità – Shock and Awe (2017) e Being Charlie (2025), spesso distribuiti in sordina o mai arrivati in Italia.
Il suo ultimo film, Spinal Tap II – La fine è solo l’inizio, è uscito esclusivamente negli Stati Uniti quest’anno, pochi mesi prima della sua scomparsa, diventando il suo ultimo progetto cinematografico, e chiudendo idealmente un cerchio iniziato nel 1984, con il primissimo film.
Un’addio doloroso, perché Reiner sapeva raccontare perfettamente storie semplici, quelle che viviamo tutti i giorni, con grande professionalità, riuscendo a trovare una positività anche nelle sfide e nei momenti più bui, gestendo perfettamente il suo cast, merito degli insegnamenti dei grandi maestri del cinema americano classico, come Frank Capra e Billy Wilder.
Una visione che manca sempre di più nel cinema d’oggi e che, con la sua scomparsa, avvertiamo ancora più intensamente.