Connect with us

Pianeta Mare Film Festival

‘Lost Land’: un viaggio crudo nel cuore della resilienza

Akio Fujimoto trasforma l'odissea di due fratelli in un inno alla sopravvivenza

Pubblicato

il

Lost Land è il terzo lungometraggio del regista giapponese Akio Fujimoto, presentato in anteprima mondiale nella sezione Orizzonti della 82ª Mostra del Cinema di Venezia nel settembre 2025, dove ha conquistato il Premio Speciale della Giuria. Realizzato in collaborazione con oltre 200 membri della comunità rohingya, è il primo film girato interamente in lingua rohingya, un traguardo che non solo segna un atto di rappresentazione autentica, ma eleva la voce di un popolo perseguitato a livello globale.

Il film verrà proiettato il 10 ottobre alle 21.30 al Pianeta film festival, nella sezione “Panorama oltre mare”.

Lost land

Fujimoto e la sua tecnica perfetta

Fujimoto, nato a Osaka nel 1988 e formatosi alla Visual Arts Academy della sua città, ha un background di cinema impegnato socialmente. Dai drammi familiari di Passage of Life (2017) e Along the Sea (2020), entrambi incentrati su comunità asiatiche in Giappone, qui sposta il focus su un dramma umanitario universale, ispirato alle esperienze reali della sua famiglia e ai 12 anni vissuti nel Sud-Est asiatico. Girato in location reali tra Bangladesh, Thailandia e Malesia, con fotografia ravvicinata di Yoshio Kitagawa, il film cattura l’immediatezza del pericolo. Close-up sui volti infantili segnati dalla stanchezza, sequenze di barche sballottate dalle onde che alternano calma e furia improvvisa, e un montaggio essenziale curato dallo stesso regista. La colonna sonora minimalista di Ernst Reijseger amplifica il senso di isolamento, mentre l’assenza di dialoghi superflui lascia spazio al silenzio opprimente dei campi e al frastuono delle fughe.

Akio Fujimoto

Un’odissea che mostra una cruda realtà

La storia segue il viaggio disperato di due fratelli rohingya, la nove anni Somira (interpretata dalla non professionista Shomira Rias Uddin) e il quattro anni Shafi (Muhammad Shofik Rias Uddin), che lasciano un campo profughi in Bangladesh per raggiungere la Malesia, nella speranza di ricongiungersi con la famiglia dispersa. Accompagnati inizialmente dal padre, i piccoli affrontano un’odissea di 28 giorni tra confini porosi, trafficanti senza scrupoli, tempeste in mare e fughe dalla polizia. Un calvario che evoca il genocidio rohingya del 2017 e le migrazioni forzate verso l’esilio. Fujimoto non opta per una narrazione tradizionale con archi drammaturgici netti, ma per un approccio verité, quasi documentaristico, che mescola fiction e realtà cruda.

Una disumanizzazione che non viene nascosta

Non è un film di “trionfo dello spirito umano” come a certi verrebbe da aspettarsi da storie di migrazione (ad esempio Io Capitano o To a Land Unknown). Fujimoto rifiuta il romanticismo. I trafficanti approfittano dei deboli ele autorità sono una minaccia costante. Anche il finale – con un barlume di speranza sotto un mango – resta ambiguo, onirico, quasi un’illusione fragile. Questo realismo non risparmia il pubblico. I bambini scompaiono spesso nel caos, simboleggiando come la loro umanità venga “persa” nel meccanismo disumano delle migrazioni, e solo catastrofi improvvise li riportano al centro del frame.

Lost Land

Un film autentico che trasmette empatia

Il cuore del film è la sua autenticità. Usando attori non professionisti dalla comunità rohingya, Fujimoto evita l'”othering” – quel distanziamento paternalistico – e trasforma lo spettatore in testimone empatico. È un’opera che educa senza predicare, mostrando non solo l’orrore (la persecuzione in Myanmar, i campi di Cox’s Bazar), ma anche la resilienza quotidiana. Le discussioni aperte sul futuro durante le traversate in barca e giochi infantili che contrastano con l’assurdo orrore adulto sono da brividi. Tecnicamente impeccabile, con un ritmo che accelera nei momenti di tensione (la sequenza della tempesta è da brividi). Lost Land si distingue per la sua capacità di bilanciare devastazione emotiva e arte visiva, rendendo ogni inquadratura un atto di resistenza cinematografica.

Clicca qui per leggere altri miei articoli!

Akio Fujimoto trasforma l'odissea di due fratelli in un inno alla sopravvivenza

  • Anno: 2025
  • Durata: 99'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Giappone, Bangladesh, Malesia
  • Regia: Akio Fujimoto