Alla 61esima edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro si è tenuta una proiezione speciale di Il maglione rosso, film scritto e diretto da Paolo Baldelli.
Un’operazione politica, sociale, per dar vita a una rivoluzione pacifica che parte dal basso. Un film che specchia il passato per interpretare il presente.
Il Maglione rosso per il cambiamento sociale e politico
Il Maglione Rosso, tratto da una pièce teatrale, fu girato in 35mm in bianco e nero e interpretato da attori non professionisti. Era un appello al cambiamento non violento in un periodo di grandi tensioni sociali. Non accolto al Festival di Pesaro, venne inserito nella sua versione teatrale al Premio Ruggero Ruggeri di Fano. Il regista mette in scena il viaggio di Antus, un uomo comune costretto in una società apatica e conformista. Incontra il Giullare, una figura carismatica e provocatoria. [sinossi ufficiale]

La genesi del film
“Era il 1970, quando insieme al Maestro Cesare Pandolfi, decidiamo di fare una rilettura critica e cinematografica del mio lavoro teatrale che aveva come titolo, Il Processo. Così nasce Il maglione rosso, con un cast formato da amici, attori non professionisti, accomunati dalla necessità di raccontare il nostro desiderio di cambiare la società, con una rivoluzione pacifica”.
Così Paolo Baldelli (classe 1943), poeta, drammaturgo e regista, ci racconta come nasce il suo film. Il primo capitolo di una trilogia proseguita con Mio fratello io, realizzato nel 1973, e che vedrà la sua conclusione con la trasposizione cinematografica di un lavoro teatrale dedicato alla donna, tra passato, presente e futuro.
Con il Maglione rosso, Paolo Baldelli riporta alla luce una sua pellicola in 35 mm, che circa due anni fa decide di riversare in digitale, con l’aiuto di due filmmaker di Pesaro, Mattia Allegrucci e Niko Fossati e nuova voce narrante, a cura di Alessandro Delfino. Il film, però, viene riproposto nella sua originale veste, in cui il concetto espresso da Baldelli, più di mezzo secolo fa, resta attualissimo.
“Ci sono storie che aspettano cinquant’anni per essere raccontate. Storie d’amore, e di responsabilità, di sogni trattenuti e di verità non dette”.
Il vagabondare di Antus
È la didascalia che apre Il maglione rosso. Una dichiarazione d’intenti, confermata dalle immagini che seguono. Un viaggio, a tratti picaresco, un vagabondaggio tra le strade di Pesaro, Riccione, Cattolica e Urbania di Antus, un giovane divorato dal desiderio di cambiare la società. E in questo vagabondare, il protagonista mostra la sua vita, il suo amore, il suo pensiero, il suo confondersi tra gli umili, con la gente comune, perché è li la vera forza pacifica e rivoluzionaria.
Su questo punto torna lo stesso Paolo Baldelli:
“Mi sono voluto immedesimare con gli umili, i disagiati, perché più di tutti desiderano un vero cambiamento della società”.
Parole che fanno eco a quelle di Antus, che si rivolge alla gente incontrata per strada. A donne e uomini meno giovani di lui, considerati come maestri di vita. Questi sono i soli a conservare le qualità che la nostra società ha perduto: tolleranza, pazienza e capacità di perdonare. Nell’ascoltare queste parole non possiamo evitare di riflettere sulla società dei nostri tempi. Oggi, probabilmente, più che negli anni Settanta, sono proprio queste qualità a essere dimenticate e ignorate dalla stragrande maggioranza.
Il maglione rosso come il berretto a sonagli
La riflessione del passato e sul passato, dunque, resta solida e senza crepe: l’impossibilità di sognare un mondo diverso e il desiderio di abbattere ogni muro, ogni confine. Così il maglione rosso del titolo diventa un simbolo, una metafora potente come il berretto a sonagli di Pirandello. Antus, dunque , diventa una versione evoluta ed estesa del povero Ciampa.
Entrambi dicono la verità ed entrambi vengono processati dalla società prestabilita. Le verità che fanno male vengono tramutate in pazzia e la rivoluzione, come strumento di cambiamento, soffocata dalle autorità. Ma, come sottolinea lo stesso autore di Il maglione rosso, quella rivoluzione oggi è più necessaria di ieri. Una rivoluzione non solo generata dal popolo, ma soprattutto pacifica.
“Sono contro a ogni forma di violenza. Sono contro la violenza in maniera violenta. La vera rivoluzione è pacifica e popolare. Ognuno di noi fa la Storia. Gli uomini che ci governano, invece, sono dei criminali intelligenti, perché interpretano il sentimento rivoluzionario popolare solo in negativo”.
Un discorso sociologico e politico formato con originalità da un intellettuale, che diventa un canto poetico senza tempo, perché come dice lo stesso autore di Il maglione rosso:
“Il tempo non esiste, esiste solo lo spazio. Il tempo è nella nostra mente, perché è infinito.”
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