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Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro

‘Deriva’, conversazione con Danilo Monte, Alessandro Aniballi e Mario D’Ambrosio

Il 19 giugno al Pesaro Film Festival è stato presentato 'Deriva' di Danilo Monte, una proiezione speciale della sezione Esordi Italiani. Un'opera di una libertà malinconica a metà strada tra il documentario e il cinema di finzione.

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Deriva di Danilo Monte

Nella sezione Esordi italiani del Pesaro Film Festival è stato presentato l’ultimo film di Danilo Monte, si intitola Deriva ed è una bellissima sorpresa. Il protagonista è l’artista Mario D’Ambrosio, nei panni di un uomo perso tra le sue aspirazioni artistiche e una consapevolezza sconfortante sulla piega che la società sta prendendo, alienata dal mondo digitale. Il sogno giovanile collettivo non esiste più, riemerge soltanto da vecchi filmini girati dallo stesso regista tra i banchi dell’università. Ne abbiamo parlato con il regista Danilo Monte, il montatore Alessandro Aniballi e Mario D’Ambrosio.

Una duplice deriva

Il titolo del film ha un doppio significato. Da una parte c’è la deriva esistenziale presente del protagonista Mario. Dall’altra, un passato vitale che si manifesta in spezzoni di videocassette, tra occupazioni e rave. Ma anche nel presente forse c’è una deriva positiva, “tu ricomponi le cose”, gli dicono. Mario è un artista che crea con oggetti di scarto, rifiuti di ogni tipo.

(Danilo Monte) Evidentemente il protagonista è in un momento della sua vita in cui si sente alla deriva, e questa cosa suggerisce una barca senza direzione, possibilmente a seguito di un naufragio. È come se il protagonista vedesse la sua vita come un evento traumatico, e lo spettatore vive il momento della storia in cui il trauma è già avvenuto. Allo stesso tempo, questa barca riesce a restare a galla. La deriva è anche un pezzo che sta sotto la barca e consente alla barca di non essere troppo soggetta ai venti, gli da una direzione. È un film che vive di questi dualismi.

Nel vostro film il dualismo è sottolineato dal lavoro minuzioso di montaggio. Le riprese di Mario in cui vive il presente sono più sfocate ed è decentrato. Mentre i video del suo passato sono più a fuoco e la sua immagine giovanile guarda dritta verso la camera, beffardo, sicuro di sé. Gli stacchi di montaggio tra le due dimensioni a volte sono bruschi e sottolineano proprio questo scarto doloroso tra ambizioni giovanili e delusioni adulte.

(Alessandro Aniballi) È vero che nelle riprese del presente Mario è spesso decentrato come nella sequenza in cui dipinge, o nella scena iniziale quando entra più tardi in scena. Diversi sono gli stacchi di montaggio bruschi tra passato/presente, staticità/movimento, deriva/non deriva, come nell’accostamento della ripresa del rave e quella di un risveglio silenzioso e lento. Mentre in un’altra sequenza le due dimensioni sembrano dialogare. Mario è nella sua cucina e aspetta che il caffè sia pronto resta assorto mentre una striscia di luce entra da una tapparella che, posizionata all’altezza della sua testa, sembra un proiettore che fa partire i video registrati del passato.

Deriva di Danilo Monte

Il lavoro sulla sceneggiatura

Per quanto riguarda la sceneggiatura, siete riusciti a trasmettere qualcosa che lo stesso personaggio a un certo punto dirà che non si può esprimere facilmente a parole,  riferendosi a questo suo stato di deriva costante, che solo in qualche istante sembra placarsi. Quando crea, ascolta musica, o ancora quando torna a Napoli. Come ci siete riusciti?

(Danilo Monte) Nel film non c’è nulla di scritto prima delle riprese. La cosa bella è che con Mario ci siamo rincontrati e abbiamo scritto il film giorno per giorno, trovando una simbiosi che rimane come esperienza umana. Avevamo già collaborato per un cortometraggio e anche lì c’era una grande libertà di creare senza quei vincoli che di solito impone il cinema industriale. Quello che permette questo tipo di metodologia è l’istintività, la possibilità di realizzare l’idea che hai in mente in totale autonomia.

Ritorno a Napoli

Il film verso la fine si sposta a Napoli, nel bel mezzo dei festeggiamenti per la vittoria del terzo scudetto. Che esperienza è stata girare in quei giorni?

Abbiamo fatto tesoro di questa situazione. Riprendere la città in quel modo era perfetto perché la situazione di festeggiamenti era opposta allo stato d’animo del personaggio. Io sono abbastanza orgoglioso di girare a Napoli e anche di utilizzare momenti storici della città, come farebbe un documentarista, ma nel nostro caso abbiamo usato Napoli come teatro per raccontare la nostra storia di finzione.

Io avevo sette anni quando sono andato via da Napoli, ho perso il momento glorioso dell’arrivo di Maradona. Con Mario ci conosciamo dagli anni dell’università: ero io a girare i filmini che si vedono nel film, lui era in primo piano, dietro i membri di un collettivo, attraverso il disturbo dello studio lottavamo per il diritto allo studio. Per noi è stata anche l’occasione di rivivere insieme la città, legarci a quel ricordo specifico. Mario aveva già interpretato mio fratello in un cortometraggio. Vivere quel momento magico della città facendo il nostro film.

Mario, la tua recitazione mi ha molto colpito, si poggia molto sui silenzi e riesci a trasmettere una sofferenza interiore difficile da trasmettere al pubblico.

(Mario D’Ambrosio) Io mi rifaccio a Mastroianni, lui era contro la recitazione. Per me nel cinema la forza è il fatto che non è teatro, io inseguo sempre questo aspetto di semplicità e spontaneità senza grandi architetture di riferimenti, tenendo sempre presente la psicologia del personaggio. Il cinema è qualcosa che frequento da tanti anni, è qualcosa che mi accompagna da tanto tempo e che amo. Quelle lunghe scene di silenzio sono importanti perché entrano in contrasto con le scene di collettività del passato, nel presente alla deriva i personaggi vivono in una specie di bolla digitale.

Deriva

  • Anno: 2025
  • Durata: 80'
  • Genere: docu-fiction
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Danilo Monte