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Napoli Film Festival

‘Ultimo Impero’- il corto di Danilo Monte al Napoli Film Festival

Venti minuti per dimostrare come consapevolezza e sensibilità possano combattere la solitudine.

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Ultimo Impero è un cortometraggio del 2023 diretto da Danilo Monte, documentarista e direttore della fotografia di grande esperienza, al suo debutto in un lavoro di finzione.

La sceneggiatura è stata scritta e curata dallo stesso Monte assieme ad Alessandro Aniballi.

Prodotto da Acting Out e Filmine con il sostegno della Film Commission Torino Piemonte, il film è stato distribuito dalla Tiny distributions e verrà presentato in concorso al Napoli Film Festival, manifestazione cinematografica che avrà luogo dal 25 al 30 settembre 2023 e di cui Taxidrivers è media partner.

Nel cast sono presenti, alla loro prima prova di recitazione, il poeta marocchino Mohamed Amine Bour e la dirigente sanitaria Alessandra Rosi.

Tanta nostalgia degli anni Novanta…- La sinossi ufficiale

È un lungo inverno che sembra non avere fine. Un uomo e una donna hanno freddo e sono soli. Trovano riparo tra le macerie dell’Ultimo Impero, un’ex discoteca che negli anni ’90 aveva fatto ballare migliaia di persone. Al cospetto del simulacro decadente di un mondo che fu, lui e lei cercano cibo, soldi e calore in un tempo sospeso fatto di attese e silenzi.  Non sappiamo da dove arrivino, né dove siano diretti, ma è proprio lì all’Ultimo Impero che, grazie a un inaspettato gesto di umanità, le loro solitudini si incontreranno.

…Quando il mondo era l’arca e noi eravamo Noè

“Noi siamo energia cosmica

o energia solare,

siam figli della musica,

siam nati per ballare.”    MAD-BOB (Vocalist-1997)

Questa è la poesia estemporanea con cui ha inizio Ultimo Impero: una vera e propria docufiction il cui nome allude allo storico locale torinese, diventato, non solo il simbolo di una nuova corrente musicale, ma anche l’icona di un decennio che, specialmente in Italia, a seguito della fine della guerra fredda, si configurava come un periodo ricco di speranze e rivoluzioni.

L’ultimo impero compare qui come il principale protagonista ma è ormai dimesso e abbandonato, imprigionato in una fitta coltre di nebbia e nelle sue stesse macerie, che lo rendono ora il simbolo di una deriva esistenziale. In questo orrendo ecomostro, degno delle location presenti in molti lavori di Matteo Garrone, si infiltrano come cani randagi un giovane, irresoluto immigrato musulmano e una prostituta ormai matura e spiritualmente inerte.

Sono due anime sole, reietti della società che cercano a proprio modo di tirare avanti combattendo ognuno la propria forma di isolamento: da un lato abbiamo Mohamed, che rifiuta l’esposizione a un mondo ostile, derubando persone inermi (dunque incapaci di reagire) e rifugiandosi da un kebabbaro (per lui quasi una casa in terra straniera). Stabilendo infine la sua dimora all’interno della vecchia e cadente discoteca torinese. Dall’altro c’è Alessandra, che sopravvive passando dalla sua macchina a quelle dei suoi clienti, con cui trascorre le notti, per poi ritornare sempre dentro la Fiat parcheggiata appena fuori dall’ex locale.

La poetica dello sguardo

Nel modo in cui viene mostrata la solitudine esistenziale e sociale di questi personaggi è quasi ravvisabile una poetica dello sguardo e del vetro: sono i vetri del locale in cui Mohamed consuma una piadina kebab e quelli della Fiat di Alessandra a rendere chiara la condizione dei due protagonisti, a mostrare il loro sguardo disilluso e abbattuto verso il mondo e contemporaneamente protetto, confinato proprio da quelle pareti trasparenti, quasi a significare un intenzionale e vizioso autoisolamento.

Uno sguardo i cui caratteri si riflettono in quello con cui noi e il regista ci approcciamo all’ex-discoteca, ossia attraverso un punto di vista umanizzato dall’uso della handycam e amplificato dagli struggenti e impassibili campi lunghi, con cui l’isolamento diviene una condizione esteriorizzata, reificata e dunque di tutti.

Tuttavia la solitudine non sembra avere solo aspetti negativi: l’attuale condizione dei personaggi non impedisce loro di compiere all’occorrenza dei gesti umani, caldi e totalmente estranei a quell’ambientazione austera e spoglia. Così Alessandra (e significativamente proprio attraverso il vetro posteriore della sua macchina) si accorge del corpo svenuto di Mohamed, vittima di un pestaggio, e lo aiuta a rialzarsi, superando dunque quella barriera che divide tra loro gli individui.

Sarà proprio quest’umile e spontaneo gesto di apprensione a determinare una ripartenza, una presa di coscienza che potrà essere forse determinante nel futuro di entrambi e capace di cambiarne le relative prospettive di vita. Seguendo la scarna narrazione, non ci è dato sapere verso quali orizzonti saranno condotti i due protagonisti, ma resta comunque evidente che il segno lasciato da questo fugace incontro è indelebile e denso di significato. La solitudine si può ancora combattere, e per farlo non bisogna essere supereroi, ma uomini consapevoli e sensibili.

Note registiche

Ultimo impero è un lavoro equilibrato, narrativamente essenziale e incentrato sulla volontà di mostrare più che di raccontare: infatti, le sequenze girate sono effettivamente poche, soprattutto se si considera la durata complessiva del corto, che è di ben venti minuti. Ci si sofferma a lungo sulle singole inquadrature, che costruiscono un tempo narrativo quasi etnologico, lontano dalla rilevanza dei singoli eventi.

La formazione documentaristica di Monte è più che riscontrabile non solo nel palese pedinamento del personaggio,  quasi fosse una creatura selvaggia e misteriosa, reso dinamicamente attraverso l’uso della handycam, ma soprattutto nella particolare attenzione data alla  composizione dell’inquadratura. Emerge in modo determinante l’uso dei diversi obiettivi focali, che garantiscono all’occorrenza una messa a fuoco di precisi dettagli, quasi a creare un vero e proprio studio sociologico, una ricerca basata sull’osservazione in loco di quelli che sono i tratti caratteristici del soggetto preso in esame.

C’era la musica, ricordo…

Altra fondamentale considerazione riguarda la musica. Che Ultimo Impero sarebbe se non ci fosse la musica? Beh, effettivamente la musica non c’è nel presente della narrazione: si possono captare soltanto i rumori e i suoni più quotidiani, che diventano quasi uno stillicidio insopportabile.

La musica vive solo in quelle transazioni buie che uniscono tra loro alcune sequenze, e in quella particolare video-poesia dove i filmati di repertorio dei tempi d’oro della discoteca si fondono armonicamente con i versi di Mohamed (momento chiave della narrazione). La musica diventa dunque un ricordo lontano ma vivo, che riaccende inevitabilmente gli animi e li traghetta verso nuove frontiere.

Si potrebbe dire che assuma quasi un ruolo positivo, poiché non rimane più soltanto una memoria stantia, ma si trasforma qui nell’inno del cambiamento, della presa di coscienza e della volontà di vivere. Il risultato è dunque un lavoro che incastra sinfonicamente materia e memoria, passato e presente, per lanciare non tanto un messaggio quanto una sfida: cercare in tutta questa negatività quella piccola scintilla che sia ancora in grado di alimentare una fiamma ardente.

Ultimo Impero

  • Anno: 2023
  • Durata: 20'
  • Distribuzione: Tiny distributions
  • Genere: Docufiction
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Danilo Monte
  • Data di uscita: 12-May-2023

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