Tra i numerosi film selezionati a Cannes su temi LGBTQIA+, che occupano com’è giusto un posto sempre più ‘naturale’ all’interno di un Festival da sempre attento ai temi sociali, da segnalare, nella sezione Un Certain Regard, La misteriosa mirada del flamenco (Lo sguardo misterioso del fenicottero), un film originale, poetico, brutale e grottesco, sorta di western moderno ambientato in una zona mineraria sperduta e polverosa del Cile anni Ottanta.
Il regista cileno del film, Diego Céspedes (classe 1995), esordisce nel lungometraggio e torna a Cannes anni dopo aver vinto (nel 2018) il Premio della Cinéfondation con il corto El verano del león eléctrico.
Il film racconta la storia di un gruppo di transessuali, molto unite fra loro, che ha adottato una bambina, Lidia, oggi undicenne, abbandonata da neonata dalla madre biologica. In particolare una di loro, Flamingo Rosa, si considera a tutti gli effetti la madre adottiva della bambina, la quale ricambia pienamente il suo affetto.
L’eccentrica comunità queer vive facendo spettacolini per i minatori in un cabaret alla periferia della città, vicino al deserto, una zona remota di cui il regista mostra le viste e gli orizzonti ma anche le ristrettezze mentali, con riferimento in particolare a una malattia misteriosa che inizia a dilagare (si tratta dell’AIDS ma non viene mai nominato nel film, in quanto ancora sconosciuto) e a mietere vittime.
Miti e leggende: una malattia mortale che si trasmette con lo sguardo
Spaventata e ignorante la gente del posto inizierà a incolpare le transessuali di aver lanciato una sorta di maleficio misterioso e antichissimo grazie al quale la malattia si trasmette agli uomini anche solo attraverso lo sguardo. Così tutti coloro che passano vicino alla casa evitano di guardare negli occhi le donne della casa e arrivano anche a fare un blitz per bendarle.
Lidia è sempre stata protetta dal gruppo delle donne trans, che sono la sua famiglia, e quando è stato necessario hanno anche picchiato i coetanei che la bullizzavano: sono unite, agguerrite, solidali e pronte a tutto per difendere chi amano. Intanto la ragazzina inizia a frequentare un coetaneo col quale vive alcune avventure adolescenziali, imparando a guidare la moto e cercando di combattere la noia.
Purtroppo la situazione evolverà in modo sempre più drammatico: nel corso di una gara di canto si ripresenta infatti l’ex fidanzato di Flamingo, disperato perché ammalato e desideroso di vendicarsi. In alcune sequenze drammatiche il regista mostra cosa significa essere perseguitati per un’idea preconcetta e l’idea della ‘mirada’, lo sguardo che uccide, si diffonde e aumenta col numero dei morti.
Lidia si rende conto che la gente del posto sta iniziando a perseguitarli: tutti cominciano a credere alla leggenda fino a una notte in cui l’inevitabile consumarsi della tragedia porterà desiderio di vendetta e altre prevedibili conseguenze.
Famiglie scelte e non biologiche
Il regista accompagna lo spettatore nella sua terra natale, il Cile, negli anni ’80 ed esplora le conseguenze psicologiche e l’impatto dell’AIDS sugli abitanti di una città mineraria nel deserto settentrionale. Il suo viaggio a ritroso vuole mostrare come la malattia uccidesse le persone non solo fisicamente ma anche a causa dello stigma subìto.
“L’ispirazione che mi ha spinto a pensare e trasformare questo film in ciò che è oggi, è nata nel corso del tempo. Intanto da una storia del passato: quando ero piccolo, i miei genitori avevano un salone di barbiere nella periferia di Santiago e tutti gli uomini gay che lavoravano lì morirono di AIDS. Ciò colpì profondamente mia madre, che sviluppò una paura immensa e anche un pregiudizio nei confronti della malattia. Penso che questo sia uno degli aspetti più importanti del film: come queste persone sopravvivono – e aiutano gli altri a sopravvivere – attraverso l’amore e la creazione di famiglie scelte e non biologiche”.
Nel film si evidenziano le ottime prove attoriali di Tamara Cortes (Lidia), Paula Dinamarca (Mamá Boa, la capostipite e anziana casa) e Matías Catalán, nel ruolo di Flamenco, il travestito che a suo tempo adottò la piccola Lidia, abbandonata da chissà chi. La bella colonna sonora è firmata da Florencia di Concilio.