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Approfondimento

Carla Simón: la vita che ispira l’arte

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La regista e sceneggiatrice spagnola Carla Simón, dopo il trionfo alla Berlinale con Alcarràs – L’ultimo raccolto, che le è valso l’Orso d’Oro nel 2022, presenta in concorso ufficiale al Festival di Cannes 2025 il suo ultimo lungometraggio Romería.

Gli anni di formazione

Nata a Barcellona il 22 dicembre 1986 e cresciuta in un piccolo paese della Catalogna, in seguito al diploma ottenuto all’Università autonoma di Barcellona, ha frequentato un anno di Erasmus presso la University of California. Nel 2011 è stata premiata con una prestigiosa borsa di studio Obra Social “la Caixa” che le ha permesso di proseguire gli studi alla London Film School, dove ha conseguito un Master in Filmmaking

È in questo periodo della sua vita che ha diretto i suoi primi cortometraggi – Born Positive(2012), Lipstick(2013) e Las pequeñas cosas(2015) – selezionati in numerosi festival internazionali. Peculiarità del suo cinema è la volontà di intrecciare la propria biografia con l’arte cinematografica, tanto che il suo ultimo cortometraggio Letter to my mother for my son (2022) è stato realizzato utilizzando lettere scritte da sua madre.

Il debutto: Estate 1993

L’esordio nel lungometraggio avviene nel 2017 con Estate 1993, opera che racconta di una bambina che dopo la perdita della madre deve adattarsi alla nuova vita con la famiglia adottiva. Prodotto da Inicia Films e Avalon, il film è stato presentato alla Berlinale 2017 dove ha vinto il GWFF Best First Feature Award e il Generation Kplus Grand Prix Jury Award, ha poi ottenuto più di 30 premi nei festival di tutto il mondo ed è stato selezionato come film spagnolo da proporre agli Oscar per il miglior film straniero.

Una poetica del reale

Per la regista catalana la sua vita personale, segnata da traumi e sofferenze,  è sempre stata fonte d’ispirazione, da bambina infatti ha dovuto affrontare la morte di entrambi i suoi genitori, vittime di un’ondata nazionale di consumo di droga iniziata quando la Spagna è emersa dalle repressioni della dittatura di Francisco Franco. Si tratta di un cinema profondamente radicato nella realtà: spesso utilizza attori non professionisti e privilegia uno stile asciutto capace di catturare l’autenticità delle emozioni. In un’intervista rilasciata a Variety afferma:

“Per me, la macchina da presa deve raccontare la storia per i personaggi; amarli, accarezzarli senza che lo spettatore percepisca altri dettagli stilistici (…) Dove metto la camera? Per me dovrebbe andare dove dettano il personaggio e le sue emozioni. Questa è stata la mia filosofia, anche se mi rendo conto che mi piacciono i campi lunghi, perché mantengono la sensazione di stare con i personaggi.

Il suo cinema, pur evocando atmosfere folcloristiche, resta ancorato alla concretezza della realtà, legato alla cultura del suo Paese, in cui decide di inserire le sue ferite e i suoi tormenti, portando la testimonianza di un mondo che riesce a resistere nonostante tutto. Con uno sguardo delicato, toccante, mai sentimentalista, ogni inquadratura sembra rifuggire l’enfasi, preferendo la sincerità della quotidianità.

Cannes 2025

Con Romería, in concorso ufficiale a Cannes 78, Carla Simón conclude la trilogia iniziata con Estate 1993 e proseguita con Alcarràs (primo film in lingua catalana a ricevere l’Orso d’Oro). Il film, sviluppato nel 2020 grazie al supporto del TorinoFilmLab, narra la vicenda di Marina, giovane orfana che deve raggiungere la costa atlantica della Spagna per ottenere una firma per una domanda di borsa di studio dai nonni paterni che non ha mai conosciuto. L’incontro con il passato risveglia emozioni sepolte e ferite del passato. Con questo terzo lungometraggio la regista catalana afferma la propria volontà a mantenere un approccio realistico, allo stesso tempo si allontana da esso per esplorare altri ambiti.

Una nuova voce del cinema europeo

Carla Simón appartiene alla nuova generazione di registe spagnole che stanno emergendo a livello internazionale, capaci di ridefinire il racconto cinematografico attraverso la lente dell’esperienza personale. I suoi film sono opere di resistenza culturale, rappresentativi di un’umanità fragile ma determinata, che trovano nel passato il punto di partenza per parlare al presente. Costruisce i suoi racconti con scene di vita reale, osservate con attenzione e rispetto, i personaggi si muovono liberamente in spazi familiari, rurali. La camera spesso si abbassa all’altezza dei bambini, figure centrali come nel cinema Neorealista di Vittorio De Sica, con uno stile recitativo che si muove su un sottile equilibrio tra sceneggiatura e improvvisazione, restituisce una spontaneità rara, dove la genuinità di gesti e dialoghi emerge con forza incredibile.

La cineasta catalana ascolta, lascia spazio e osserva senza giudicare i suoi personaggi. Nel non detto, nei piccoli gesti si svela la potenza del suo linguaggio. Un cinema che emoziona non per ciò che mostra, ma per come lo sguardo della regista lo restituisce con profonda umanità.