Scoprire ad ogni sequenza una sfumatura nuova, inaspettata e talvolta tragica della vita di Billy è un viaggio emozionante, reso ancora più d’impatto dalla sporca e tangibile verità, senza filtri, che le immagini di repertorio del protagonista trasmettono.
Trasformare il trauma in scoperta
Un ragazzo come tanti ma con quello sguardo negli occhi tipico di chi soffre, è questa la prima idea che ci si può fare di Billy, accompagnata da un pizzico d’inquietudine; ma questo sorprendente documentario che ha saputo stregare decine di festival in tutto il mondo riesce a scavare nella mente di una persona diversa dal normale tramite le immagini che essa stessa cattura di se, è archivio come mezzo di comprensione, quello strumento che regala allo spettatore la fortuna di poter sbirciare nella vita di qualcuno, affezionandosene, colpevolmente, nonostante tutto.
Billy Poulin, un appassionato di cinema di Montreal, incontra la regista Lawrence Côté-Collins durante le riprese di un film, i due diventano amici. Una notte, senza preavviso, la aggredisce. È questo il macigno che ci viene scagliato addosso con una brutalità enorme racchiusa in due righe di logline, ma è invece ciò che questa vicenda nasconde e che ci viene mostrata poco alla volta a cambiare le carte in tavola, a far riflettere come un buon documentario deve sempre saper fare.
Billy era solito filmarsi di continuo, accumulando, tra il 2002 e il 2012, inconsapevolmente materiali che, anni dopo, avrebbero fornito una visione sorprendente del progressivo deterioramento della sua salute mentale. Condannato all’ergastolo per accuse gravissime, Billy deve attendere anni prima che gli venga diagnosticata la schizofrenia.Con l’aiuto della regista, l’unica persona cara rimastagli oltre alla famiglia, i suoi archivi personali diventano una risorsa inestimabile per comprendere la sua malattia. Una decostruzione della schizofrenia attraverso uno sguardo straordinariamente imparziale.

Billy (Lawrence Côté-Collins, 2024)
Mettere in scena le crepe della vita
Billy è Un film che sa raccontare la malattia mentale attraverso una ricerca personale e ostinata, in cui le immagini sono espressioni dell’abisso e al tempo stesso strumento di cura e di rinascita. Con Billy, Lawrence Côté-Collins presenta un’opera disturbante, stratificata e a tratti destabilizzante, che oltrepassa i confini del documentario, un genere tanto malleabile quanto spesso limitante, per cimentarsi in territori delicati tra l’autobiografia e la scomposizione di un trauma raccontato per mezzo filmico.