Displaced è il cortometraggio documentario, diretto da Nagham El-Khoury sbarcato al PerSo 2025, il Perugia social film festival che si terrà dal 26 settembre all’8 ottobre nel capoluogo umbro.
La narrazione si concentra su un’intervista con la madre della regista, costretta a fuggire dal Libano a causa della guerra.
Un approccio intimo e personale
Displaced non si limita a generalizzare: l’esperienza è vissuta, narrata in prima persona (attraverso la madre), e questo conferisce autenticità. Il coinvolgimento personale della regista aiuta a far sentire la dimensione emotiva, non solo la tragedia esterna. Seppur di breve durata, il documentario riesce a trasmettere e coinvolgere: pochi elementi, ma ben scelti. Questo permette allo spettatore di concentrarsi sulle parole, sulle emozioni, senza distrazioni.
L’opera mostra come la memoria, i ricordi, siano parte integrante del percorso di chi è stato sfollato. Non è solo la fuga o il momento della crisi, ma cosa succede dopo, come si convive con ciò che è stato perso, con il prima/dopo.
Il fatto che Nagham El‑Khoury si occupi di molti aspetti (fotografia, montaggio, suono, ecc.) dà al film una coerenza stilistica: non ci sono dissonanze forti; l’audiovisivo è funzionale al racconto e al tono intimo, meditativo.
Un’emotività che va colta
Con un film così breve, inevitabilmente alcuni aspetti (storici, geopolitici, contestuali) restano appena accennati. Se non si dovessero avere conoscenze pregresse del Libano, delle guerre e della sua storia, lo spettatore potrebbe restare con alcune domande senza risposta.
L’impatto emotivo è forte, ma in una certa misura fragile: se lo spettatore non riesce a empatizzare con la figura della protagonista, il film rischia di non attrarre altrettanto. Ci vuole apertura, disponibilità ad ascoltare senza filtri. È un documentario molto centrato sulla testimonianza; visivamente è piuttosto sobrio. Questo è anche un punto di forza, ma potrebbe risultare meno efficace per chi preferisce una narrazione più ricca di immagini che “mostrano”, non solo che “raccontano”.

Tra dislocamento, memoria e tempo
Il film esplora cosa significa “essere spostato”. Non solo uno spostamento fisico, ma una vera e propria rottura con il presente, un luogo, una vita. Offre uno sguardo personale sull’esperienza del “dislocamento” emotivo e psicologico: come ci si sente durante la guerra? Come cambia la vita dopo?
Testimoniare la propria storia è anche resistere all’oblio e alla cancellazione. Non tutto è immediatamente percepibile; il dopo si misura nel tempo, nelle emozioni residue, nei ricordi che persistono.
Questo film mostra come una storia privata possa diventare portavoce di moltissimi che vivono situazioni simili, e come l’intento artistico possa essere strumento di riconoscimento umano.
Displaced è un cortometraggio potente nella sua semplicità. Non cerca effetti spettacolari, ma costruisce un’esperienza empatica che lascia spazio al silenzio, al ricordo, alla riflessione.
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