‘L’isola degli idealisti’: dal libro di Scerbanenco al film
Il film di Elisabetta Sgarbi rievoca in molti passaggi il personaggio di Luca Lamberti che ha reso famoso Scerbanenco, a cui si sono ispirate in seguito molte figure di anti-eroi nella letteratura, nel cinema, nelle fiction
Dopo la sua apparizione alla Festa del Cinema di Roma (2024) esce in sala L’isola degli idealisti di Elisabetta Sgarbi, tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Scerbanenco. Scritto tra il 1942 e il 1943, il libro è rimasto inedito fino al 2018, quando è stato pubblicato da La nave di Teseo della stessa Elisabetta Sgarbi.
Riproponiamo la recensione del film di Maria Cera, scritta per Taxidrivers durante il festival. Vorremmo invece tentare di approfondire un aspetto che ci ha particolarmente incuriositi: la resa di un romanzo dimenticato e recuperato dopo così tanti decenni.
Narrazione non semplice, quella di Scerbanenco, più complicata che complessa. Una mescolanza di generi che a tratti si fa confusione, tra romanzo filosofico, noir, commedia, giallo, thriller, dramma borghese.
L’isola degli idealisti: Trama ufficiale del film
Siamo costretti a soffermarci un po’ sugli elementi narrativi del film.
È una fredda notte di gennaio, quando due giovani ladri in fuga, una ragazza e un ragazzo, approdano su un’isola, vengono sorpresi dal guardiano e condotti al cospetto dei proprietari della sontuosa villa al centro dell’isola, detta “delle Ginestre”.
Nella villa vive la strana famiglia Reffi. Antonio (Renato Carpentieri), il capofamiglia, è un ex Direttore d’Orchestra che guarda con ironia la vita, soprattutto quella dei suoi due inquieti figli: Carla (Michela Cescon), una scrittrice di successo, e Celestino (Tommaso Ragno), ex medico, con la passione della filosofia e della matematica.
Celestino Reffi propone un patto ai due ragazzi in fuga: lui non li denuncerà e li nasconderà al Commissario Carrua che è sulle loro tracce, ma loro seguiranno una sorta di “corso di educazione”. Celestino è certo di poter cambiare la loro vita, ma sarà la vita di tutti, sospesa tra acque e nebbie, a cambiare.
L’isola degli idealisti: il trailer
L’isola degli idealisti: quando il film si discosta dal libro
Dobbiamo portare pazienza per tutta la prima parte del film perché la narrazione si inoltri in sentieri un po’più originali, rispetto al romanzo, e soprattutto perché i nodi si sciolgano con più coerenza, o con qualche soluzione che sorprenda.
La costruzione dei personaggi, e soprattutto quella di Celestino, non aderisce del tutto al libro. Celestino di Scerbanenco vuole mantenere a tutti i costi un legame con il Candido di Voltaire. Non si capisce da dove nasca la sua fiducia cieca nel riscatto dei due ladri consumati, che per il lettore ha le stesse probabilità dell’apprendimento della matematica del cane Pangloss (ferocissimo, nel libro e nel film, e che, nel libro come nel film, porta un nome altamente simbolico). Celestino oscilla tra l’eccessiva ingenuità verso il miglior mondo possibile e una sorta di ingiustificato cinismo.
Nel film, è un personaggio sofferente fin dall’esordio. Piange davanti alla proiezione del filmino di una violinista, che tornerà più avanti nei discorsi di lui per spiegarci chi è. Vive la sfida alla polizia, a cui ostinatamente non vuole consegnare i colpevoli, come chi non ha molto da perdere e non con la velleità di un personaggio costruito su manie incomprensibili. La resa del suo dolore è forse un po’ schematica, ma la presenza scenica di Tommaso Ragno è capace di compensare il fastidio di questa impressione.
Tommaso Ragno: un Duca Lamberti vent’anni prima
In lui, molti gli elementi che evocano la figura di Duca Lamberti, l’investigatore che ha reso famoso Scerbanenco, permettendogli di ampliare il suo pubblico con il ciclo dei quattro romanzi ancora oggi attuali. Lamberti, come Celestino, non dorme: “Non dormiva perché il mondo intorno non gli piaceva più”.
Ha la stessa fissazione della matematica: “Luca Lamberti conta i sassolini dei viali e dei vialetti del giardino, moltiplicando quelli che ci possono essere in cinque centimetri quadrati per l’area dei viali e conclude che tutta la ghiaietta dei viale era costituita da un misero numero di un milione e seicentomila sassolini, con lo scarto del cinque per cento in più o in meno”.
È un medico, che nel film è radiato dall’ordine e ha scontato tre anni di carcere per aver praticato l’eutanasia (assente nel libro, ma presente nel personaggio di Duca Lamberti).
Celestino-Lamberti e il commissario Càrrua
Ne L’isola degli idealisti di Elisabetta Sgarbi, Celestino inizia la complicità con il commissario Càrrua (ottima l’interpretazione di Vincenzo Nemolato) che ha l’ossessione di farsi chiamare senza l’accento sull’ultima lettera del suo cognome. Càrrua, e non Carruà, per Scerbanenco è l’amico di famiglia che aiuterà Lamberti a trovare lavoro, finché Duca non diventerà investigatore, prima suo malgrado, e poi sempre più convinto nella soluzione degli efferati omicidi milanesi.
In Vergine privata, primo volume della quadrilogia, si sa che Càrrua ha anche aiutato la sorella di Duca, Lorenza, ragazza madre, mentre Duca era in carcere. Nel film compare come personaggio un po’ buffo, ma a sua volta saggio, e scende a patti con Celestino, aprendo lo spiraglio che avrà un seguito nei romanzi, anche se l’origine del loro legame è del tutto diversa.
“Era come essere nudi quando Carrua ti guardava” (Da Vergine privata).
In Traditore di tutti, Duca accetterà la sua proposta di diventare poliziotto presso la questura di Milano. E sarà il personaggio che conosciamo anche ne I ragazzi del massacro e I milanesi ammazzano al sabato.
Duca Lamberti vent’anni dopo
Tommaso Ragno ha il fascino arruffato delle anime arruffate di tutti quei commissari, poliziotti, investigatori che seguiranno nel cinema, nella letteratura, nelle fiction. Primo tra tutti Jean-Baptiste Adamsberg di Fred Vargas, lo spalatore di nuvole. Visionario, confusionario, disordinato, può affidarsi solo all’intuizione, perché, al contrario di Celestino-Lamberti, è un uomo che non brilla per argomentazioni e lucidità razionale, ma ne condivide la sensibilità e l’anti-eroismo.
Dopo Scerbanenco, avranno spesso un passato doloroso, un conto in sospeso che non si riesce a pareggiare. La sceneggiatura di Elisabetta Sgarbi ed Eugenio Lio ha fortunatamente voluto dare a Celestino un tessuto psicologico per la costruzione del protagonista e per motivare le sue scelte. Legate un po’ a una logica causa-effetto, che Maria Cera nella sua recensione ha attribuito allo snodarsi degli eventi, ma che noi, qui, riteniamo attribuibile anche al personaggio.
Scerbanenco pensava invece che i destini dell’uomo fossero affidati anche alla casualità: “Io penso che questa nostra vita sia influenzata, diretta, magari capovolta, da cause minime. Noi crediamo di agire seguendo un piano che abbiamo premeditato, forse a lungo, con ogni attenzione, ma in fondo questo nostro piano obbedisce anche a una giornata di pioggia, o a un documento che non troviamo più, a una persona che incontriamo per la strada e….a una sigaretta”.
Di sigarette Celestino ne ha fumate davvero tante (così come il Duca di Scerbanenco). Ecco, se Celestino-Lamberti fosse descritto ora, lo immagineremmo davvero così, come Tommaso Ragno e i tiri nervosi alle sue sigarette. Non il trentacinquenne alto, magro, con un viso angoloso e i capelli rasati (erano gli anni Sessanta!), ma proprio così. Scarmigliato, se pure con il cappotto color cammello stile Alain Delon che gli hanno cucito addosso. Insomma, potremmo rappresentarcelo proprio così, ma ancora più stropicciato.
Renato Carpentieri è Antonio Reffi
Tommaso Ragno e Renato Carpentieri
“Gli scherzi del padre erano pungenti e maligni, volevano ferire sorridendo e far sorridere ferendo” (L’isola degli idealisti di Scerbaneno). Nel film, tra gli idealisti di villa Ginestrin, il padre, Antonio Reffi (Renato Carpentieri), è un ex direttore d’orchestra, non un medico come nel libro.
La musica, sempre ad altissimo volume, lo accompagna nelle sue giornate, anche quando sta per arrivare la polizia e non sarebbe il caso. Antonio Reffi è il vero personaggio fuori dal mondo, con le sue piccole manie da anziano, ma anche da artista senza più pubblico, che ha bisogno della famiglia per esibirsi.
Le atmosfere
Molti anni fa………Inizia così L’isola degli idealisti per Scerbanenco, con un’intrigante sospensione nel tempo che verrà mantenuta in tutta la narrazione. Nelle prime pagine, viene descritta la famiglia Reffi con le sue strane e immutabili abitudini, che nel film compaiono piano piano, perché la prima scena vede invece l’arrivo in notturna dei due estranei (Elena Radonichich e Renato De Simone).
Per questo tempo indefinito si sono scelti invece, vagamente, gli anni Sessanta, decifrabili attraverso i costumi e gli oggetti e non per eventi esterni, del tutto assenti. Non accadeva mai nulla al Ginestrin, nello spazio claustrofobico dell’isola occupata per intero dall’abitazione di questa famiglia a dir poco stravagante. Si è deciso anche di non precisare i luoghi, ancor meno che nel romanzo, dove viene citata Milano per gli spostamenti in città.
La nebbia che avvolge la notte, i sotterranei della villa, il buio sul lago accentuano un clima di attesa nella rivisitazione del genere noir, resa perfettamente nel film, forse il suo aspetto più coinvolgente.
L’ultimo frammento ha il tono della commedia e ci fa finalmente sorridere, dissipando tutte le ombre della visione.
Per il resto, il pregio maggiore che L’isola degli idealisti può vantare è quello di aver riproposto un autore che vale la pena rileggere, lontano dal cinema da troppo tempo. Se non espressamente per questo testo, che non ci ha pienamente convinti, sicuramente per tutti i rimandi al personaggio di Duca Lamberti che ha reso famoso Scerbanenco e che Elisabetta Sgarbi ha voluto e saputo evocare nel suo film.
Produzione e Distribuzione
L’isola degli idealisti è prodotto da BiBi Film, Betty Wrong e Rai Cinema con il contributo del Ministero della Cultura e il sostegno di Emilia Romagna Film Commission. Distribuito da Fandango Distribuzione.