The Stolen Girl è una miniserie thriller in cinque episodi diretta da Eva Husson, disponibile su Disney Plus e tratta dal romanzo Playdate di Alex Dahl. Con protagoniste Holliday Grainger, Denise Gough e Ambika Mod (nota per One Day), la serie si muove su territori complessi: non è solo una storia di rapimento, ma un’indagine serrata e profondamente emotiva sulle relazioni familiari, le verità taciute e il ruolo delle donne in un mondo che le costringe spesso a scegliere tra ciò che sono e ciò che mostrano.
The Stolen Girl, un rapimento che squarcia il velo della normalità
Tutto comincia con un giorno come tanti. Lucia, una bambina di nove anni, chiede alla madre di dormire a casa della sua amica Josie. Elisa Blix, madre affettuosa e hostess di jet privati, è abituata a costruire la propria immagine di perfezione sui social: abiti impeccabili, famiglia serena, una vita da copertina. Accanto a lei c’è Fred (Jim Sturgess), un marito apparentemente devoto, avvocato penalista che si occupa di criminalità organizzata.
Ma quando Lucia non fa ritorno da quel pigiama party — e si scopre che anche Josie e la madre Rebecca sono sparite — la fragile impalcatura della famiglia Blix comincia a crollare. La polizia indaga, ma l’intera narrazione prende una piega più profonda. La scomparsa della bambina è la miccia che fa esplodere dinamiche sopite, segreti mai affrontati, tensioni mai risolte.
A interessarsi al caso è anche la giovane giornalista Selma, una brillante Ambika Mod, che vede nella storia un’occasione professionale, ma che finisce poi per trovarsi invischiata nelle pieghe più intime e dolorose di una vicenda che non è solo cronaca nera.

Dietro la trama, ritratto di una famiglia “perfetta”
The Stolen Girl funziona non solo per l’efficacia della sua trama thriller, ma anche perché usa il genere per scavare a fondo nei meccanismi della famiglia borghese contemporanea. Elisa e Fred rappresentano un ideale ormai consunto, fatto di apparenze, convenzioni e un amore che si è lentamente trasformato in convivenza strategica.
L’irruzione del trauma — la scomparsa della figlia — impone un confronto diretto con ciò che si è sempre voluto ignorare. Emergono infedeltà, omissioni, vecchie ferite mai guarite. L’intimità si fa terreno di scontro, e la casa, un tempo rifugio, diventa il luogo del sospetto e del dolore.
In questa dimensione sospesa, lo spettatore si ritrova a domandarsi se la vera minaccia sia all’esterno o annidata nel cuore stesso della famiglia.
Donne complesse, protagoniste assolute
Uno degli elementi più interessanti di The Stolen Girl è la centralità femminile. Tutta la vicenda ruota attorno a figure di donne forti, ambigue, contraddittorie. Elisa è il perno del racconto: una donna che cerca di tenere tutto sotto controllo, anche quando ogni cosa le sfugge di mano. Nonostante la compostezza e l’apparenza curata, è tormentata da un senso di colpa che fatica ad ammettere anche a sé stessa.
Rebecca, figura chiave del mistero, è un personaggio affascinante. Inizialmente distante, fredda, quasi disturbante, si rivela pian piano in tutta la sua complessità. Le sue azioni appaiono ingiustificabili, ma con il tempo lo spettatore è spinto a empatizzare con lei, a comprendere — pur senza assolvere — le motivazioni profonde che la guidano.
Selma, la giornalista, è forse la più contemporanea delle tre: ambiziosa, determinata, sempre alla ricerca dello scoop, ma costretta a fare i conti con l’impatto umano delle sue scelte. Nel suo percorso emerge una riflessione pungente sul giornalismo d’inchiesta, sul confine sempre più labile tra racconto e spettacolarizzazione del dolore.
A fare da cornice, la squadra investigativa è composta da donne, come a suggerire che, in un mondo ancora segnato da violenza e sopraffazione, siano proprio le figure femminili a raccogliere le macerie e provare a ricostruire qualcosa.
The Stolen Girl sceglie di non rendere queste donne “simpatiche” a tutti i costi: non sono eroine, non sono vittime, non sono idealizzate. Sono imperfette, spesso irritanti, a tratti fredde, altre volte profondamente emotive. Ma proprio in questa imperfezione sta la loro autenticità.

The Stolen Girl, un intreccio avvincente e mai scontato
Dal punto di vista narrativo, The Stolen Girl è un thriller ben costruito, che non si affida a colpi di scena gratuiti, ma dosa con intelligenza le informazioni. Ogni episodio svela un dettaglio, sposta la prospettiva, ribalta ciò che si credeva di sapere. L’intreccio è solido, avvincente, e mantiene alta la tensione fino all’ultimo episodio.
L’elemento più interessante è forse l’assenza di un vero “cattivo”: non ci sono antagonisti monolitici, né personaggi completamente innocenti. Ognuno ha qualcosa da nascondere, una parte di responsabilità da accettare. È questa ambiguità morale a rendere la serie così coinvolgente: costringe lo spettatore a interrogarsi, a sospendere il giudizio, a rivedere le proprie certezze.
In un panorama seriale affollato, questa miniserie riesce a distinguersi per intensità, scrittura e una rara capacità di trattare tematiche complesse senza retorica.