Ă in anteprima nazionale al Pordenone Docs Fest, il film documentario scritto e diretto da Danae Elon, intitolato Rule of Stone, una co â pruduzione tra Canada e Israele.
Un diario visivo di una speranza che diventa illusione.
Rule of Stone: la conquista israeliana di Gerusalemme Est
Attraverso un intreccio creativo di filmati dâarchivio e interviste ad architetti, urbanisti e residenti, si svela come il design e la percezione della bellezza abbiano giocato un ruolo in una guerra invisibile di annessione. Dopo la conquista israeliana di Gerusalemme Est nel 1967, le terre palestinesi furono espropriate e i quartieri vietati allâespansione, per far spazio a una cittĂ moderna progettata per rafforzare il mito della continuitĂ ebraica sulle terre occupate. Architetti e urbanisti devono semplicemente eseguire le politiche governative o seguire la propria responsabilitĂ etica? [sinossi ufficiale]

Danea Elon a sostegno della causa palestinese
Danea Elon, regista e documentarista nata a Gerusalemme, naturalizzata canadese, dedica questa sua fatica cinematografica alla propria cittĂ natale. Come è spesso accaduto nella sua carriera da cineasta, per esempio in P.S. Jerusalem, Wild Mint e Cut, anche in Rule of Stone Danea Elon si schiera a sostegno della causa palestinese. La regista, che assume la funzione di voce narrante, ci introduce nellâantica cittĂ di Gerusalemme, narrandoci e mostrandoci una terra arcaica proiettata nel futuro. Ă qui, dove diversi popoli e religioni vivono tra guerre e spargimento di sangue e occupazioni.
Il conflitto tra ebrei e palestinesi si trascina da anni e la soluzione di pace, nonostante lâattuale tregua, dopo lâultima escalation di violenza, sembra lontanissima. Con Rule of Stone, Danea Elon affronta la questione da un punto di vista del tutto inedito, cesellando un tessuto narrativo ricco di testimonianze e ricordi personali.
La rivoluzione urbanistica in Rule of StoneÂ
Ă una storia che inizia nel 1967, quando lo Stato di Israele conquista la parte orientale di Gerusalemme, unendo le due parti della cittĂ . Inizia cosĂŹ una rivoluzione urbanistica, con lâobiettivo di unire, fluidamente la cittĂ vecchia con la nuova. Il tutto attraverso la celebre pietra di Gerusalemme: blocchi di roccia, lavorati a mano, da esperti e instancabili lavoratori, per ricostruire interi quartieri, abitati dalla popolazione araba.
Una questione urbanistica, raccontata con lâuso della classica formula dellâintervista ad architetti e urbanisti, che presero parte al colossale progetto, come Moshe Safdie, Elian Bazzacchi e Zvi Efrat, che si avvicenda con la voce della regista e a immagini di repertorio. CosĂŹ quel momento di frenesia, di entusiasmo, che accompagna ogni rivoluzione, prende forma in Rule of Stone.
Un mutamento architettonico non certo neutro, ma straripante di forze ideologizzate, sia in ottica estetica che politica. Attraverso lâarchitettura, per usare il pensiero di Walter Benjamin, si fornisce un prototipo di unâopera dâarte, percepito nella distrazione da parte della collettivitĂ . Gli edifici, continuando a riportare il pensiero dellâintellettuale tedesco dâorigine ebraiche, accompagnano lâuomo da sempre. Lâesigenza di una dimora è un bisogno ancestrale e necessario. Per questo lâarchitettura è la piĂš antica tra le forme dâarte e attraverso di essa si può al meglio comprendere il rapporto tra le masse e lâopera dâarte.

Un continuum con l’antichitĂ
Walter Benjamin in Rule of Stone non viene mai citato esplicitamente, ma implicitamente parte del suo pensiero, come il breve frammento riportato poco sopra, parte del suo Lâopera dâarte nellâepoca della sua riproducibilitĂ tecnica, rivive nel film documentario di Danae Elon. Con lâannessione della parte orientale di Gerusalemme allo Stato Ebraico, inizia la ricostruzione della cittĂ . Questa viene edificata interamente con lâutilizzo della pietra di Gerusalemme. Una scelta fatta attraverso le leggi del Governo, per formalizzare un continuum spazio â temporale con lâantichitĂ , proiettandola nel futuro.
Una dichiarazione dâintendi allo scopo di sottolineare una potenza che sconfina nel Divino, ma con un uso del tutto materiale. CosĂŹ il flusso urbanistico della cittĂ diventa unico tra passato e presente, tra arabi ed ebrei. Dopo, però, avvengono le ricadute politiche, con lâatto di demolizione delle dimore dei palestinesi, costretti a lasciare le proprie case, costruite in maniera spontanea, un vernacolo naturale e popolare. La pietra di Gerusalemme, dorata, radente di luce gialla, cozza con una vera occupazione israeliana.
E cosĂŹ che che la rivoluzione urbanistica del 1967, nata come un laboratorio colmo di speranze, diventa un illusione che preannuncia una terribile violenza subito dagli arabi di Gerusalemme.
Esponendo questa vicenda, Danae Elon non nasconde mai i propri sentimenti, e mostra tutte le contraddizioni della sua amata terra, che si mescola con il trascorso dei propri cari. Come il pensiero di suo padre Amos Elon, giornalista e scrittore ebreo, tra i primi a denunciare lâaspetto negativo della ricostruzione della cittĂ . Lâocchio della regista dĂ un taglio evocativo al suo film documentario, sottolineando il valore ancestrale di Gerusalemme, dove la natura divina si mescola con quella artificiale costruita dallâuomo. Lâarchitettura appunto, che si fa scenario di un desiderio di pace, costantemente minacciata dalla violenza della guerra.
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