Una proiezione d’eccezione, un reportage recuperato dall’associazione Cinema Zero e presentato in anteprima mondiale al Pordenone Docs Fest. The Cinema of the Men Who Say No è un lavoro fondamentale all’interno della rassegna “Nuovo Cinema Palestina”, che ha impreziosito il programma dell’edizione 2025 con una panoramica storicamente accurata, libera da discorsi pregiudizievoli e cinematograficamente preziosa.

Israel’s Opposition Filmmakers
Un documentario di Gideon Bachmann, acutissimo filmmaker ebreo, amico e fotografo di Pasolini e Fellini (Ciao Federico!) e noto per aver seguito nella sua evoluzione il movimento underground newyorkese (Jonas, Underground New York!).
The Cinema of the Men Who Say No è uno studio cinematografico e politico sui registi israeliani che hanno detto no alla posizione di violenza tra israeliani e palestinesi. Una urlo di protesta che passa attraverso la loro pratica cinematografica: le storie, le idee, l’azione politica che si trasforma in cine-attivismo.
Sono gli anni della prima intifada e il film nasce da un’idea di Dan Fainaru, critico cinematografico e monumento del cinema israeliano: ex-presidente del Israeli Film Institute, giurato al Festival del Cinema di Berlino e Vicepresidente onorario dell’International Film Critics Association (FIPRESCI).
Bachmann riprendere un movimento di registi israeliani di sinistra che, nelle loro contraddizioni interne, credono ancora nella possibilità di una fine del conflitto che non implichi la guerra. Una speranza che nasce da uomini al tramonto degli anni ’90, dopo aver vissuto sulla loro pelle già cinque guerre (per un totale di 20.000 morti).
Sono Avram Heffner, Uri Barbash, Renen Schorr, Amos Guttman e Dan Wolman. Ma sono anche Zeppel Yeshurun, Gur Heller e Rafi Bukai, regista di Avanti popolo!, film vincitore al Festival di Locarno e uno dei pochissimi film che è riuscito a uscire dallo Stato di Israele e ad avere un legame con l’estero.
L’arte non cambia la realtà ma la rende comprensibile
The Cinema of the Men Who Say No è un lavoro che raccoglie un pensiero potente e collettivo, autocritico e intrinsecamente pacifista. Un cinema che dice no parlando, nella sua totalità, di guerra e di morte.
Un cinema ripreso rigorosamente en plein air, con piccole crew e luci naturali, con attori che verranno pagati solo dopo che il film inizierà a incassare. Lavori della contraddizione politica, militare, sociale, culturale e produttiva: i film degli uomini che dicono no sono infatti film finanziati dallo Stato d’Israele e al contempo ostracizzati da esso, creati principalmente per un mercato interno, in un clima di ironica autocritica.
Film di guerra nella guerra, di registi che hanno provato a dire no prima del genocidio che stiamo guardando, terrificati ma anche desensibilizzati, come gli israeliani raccontati. Cittadini-soldati anestetizzati alla morte e al conflitto, cittadini che diventano soldati per un mese e mezzo l’anno, o forse soldati che sono per 10 mesi e mezzo in congedo.
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