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‘L’orto americano’: thriller, horror e amore

'Per la prima volta ho tradotto la realtà a colori in bianco e nero, e dunque non è più la realtà, ma qualcosa che assomiglia alla realtà, cioè il cinema'

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L'orto americano

Il film di chiusura della 81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia L’orto americano, diretto da Pupi Avati e scritto insieme a suo figlio Tommaso, arriva al cinema dal 6 marzo distribuito da 01 Distribution. Prodotto da Duea Film, Minerva Pictures e RAI Cinema, con il sostegno della Emilia-Romagna Film Commission, L’orto americano è interpretato da Filippo Scotti, Roberto De Francesco, Armando De Ceccon, Chiara Caselli, Rita Tushigham, Massimo Bonetti, Morena Gentile, Mildred Gustafsson e Romano Reggiani.

Un thriller gotico per raccontare un eterno sguardo d’amore.

La trama di L’orto americano

L’orto americano narra la storia di un giovane psicopatico con aspirazioni letterarie che si trova a innamorarsi fulmineamente di una giovane infermiera dell’esercito americano. Siamo a Bologna a ridosso della liberazione e a questo giovane problematico è sufficiente l’incontro di sguardi con la bellissima soldatessa per far sì che lui la consideri la donna della sua vita. Casualmente, un anno dopo, nel Midwest americano andrà ad abitare in una casa contigua (in realtà separata da un nefasto orto) alla casa della sua bella. In questa casa vive l’anziana madre disperata per la scomparsa della figlia che dalla conclusione del conflitto, dopo aver scritto a casa che si sarebbe sposata con un italiano, non ha più dato notizie di sé. Inizia così da parte del ragazzo una tesissima ricerca che gli farà vivere una situazione di altissima drammaticità, fino a una conclusione, in Italia, del tutto inattesa”. [trama ufficiale]

Il bianco e nero di L’orto americano

Dopo una lunghissima carriera, con oltre cinquanta film realizzati, Pupi Avati sceglie – per la prima volta – di utilizzare il bianco e nero. Lo fa per la trasposizione cinematografica del suo romanzo, edito nel 2023 da Solferino, L’orto americano. È questo il titolo del suo ultimo film, girato tra l’Emilia Romagna e l’Iowa, due terre lontanissime tra loro, ma molto simili.

“Per la prima volta ho tradotto la realtà a colori in bianco e nero, e dunque non è più la realtà, ma qualcosa che assomiglia alla realtà, cioè il cinema”.

Così Pupi Avati motiva la scelta del bianco e nero per la fotografia, curata da Cesare Bastelli, de L’orto americano. Una decisione, quella del maestro, che va ben oltre alla mera tecnica per diventare una dichiarazione d’intenti, inserendo numerose citazioni del cinema da lui amato, quando era ragazzo.

Il film inizia con degli inserti di repertorio per definire l’epoca in cui si sviluppa la vicenda e subito dopo ci ritroviamo nel rurale Mild West americano. È qui che il regista comincia a omaggiare il cinema, in maniera raffinata e senza mai strafare. Come ogni buon cineasta, Avati non mostra apertamente le sue citazioni, ma preferisce farle intravedere, conservando l’originalità del suo stile che lascia trasparire una certa influenza del cinema classico statunitense, da Hitchcock a Ford per poi, una volta che la vicenda giunge in Italia, rivolgersi a tutto il Neorealismo.

Tra l’America e l’Italia

In questo gioco di omaggi, rimandi e citazioni c’è un fil rouge, una continuità tipica dello stile di Avati e cioè la sua predilezione della provincia. Questa è evidente nella parte italiana del film, ma è presente, anche se probabilmente in maniera diversa, quando la vicenda si svolge dall’altra parte dell’oceano.

L’America, nel nuovo film di Pupi Avati, è quella rurale, apparentemente tranquilla e silenziosa, dove non ci sono grattacieli. Qui il giovane irrequieto, che sogna di diventare uno scrittore famoso, incontra un’anziana, tormentata dalla scomparsa di una delle sue due figlie, che non ha fatto più ritorno dall’Italia, dove si trovava con l’esercito statunitense.

È attraverso l’incontro con l’anziana, interpretata da Rita Tushingham, il Mild West americano non appare più tanto tranquillo e inizia a svelare un mondo sospeso nel mistero da decenni. Una buona dose di orrido inizia a impadronirsi del film per sprigionare la vocazione del regista verso il gotico.

L’orto americano dunque è un horror, ma prima di tutto è un thriller, con un bravissimo protagonista, interpretato da Filippo Scotti, vincitore del Premio Marcello Mastroianni per È stata la mano di Dio, che da aspirante scrittore si ritrova a essere un detective tra due continenti, alla ricerca di una donna scomparsa, incrociata solo una volta e per soli pochi minuti, ma basta per innamorarsi per sempre.

L’intervento dei morti

Una ricerca affannosa, angosciosa, con uno sconvolgente colpo di scena, sullo sfondo dell’Emilia – Romagna sul finire della seconda guerra mondiale, dove il drammatico destino di Barbara (la donna misteriosamente scomparsa, interpretata da Mildred Gustafsson) si intreccia con la raccapricciante uccisione di altre donne per mano di un pericoloso serial killer. E così L’orto americano da thriller si tinge di horror, con il ritorno di alcuni temi cari a Pupi Avati, come l’intervento dei defunti.

“Una certa pulsione che è in me nei riguardi dei rituali scaramantici. Mi deriva certamente dalla cultura contadina in cui sono nato. Una pulsione piuttosto segreta che ho sempre riservato al mio privato. In questa ultima parte della mia vita mi sono aperto con una sorta di civetteria alla possibilità di rivelare come io fin dalla mia prima infanzia abbia coltivato un rapporto con il mondo dei morti”.

Ripensando alla filmografia di Pupi Avati, nei suoi film non è la prima volta che i morti interagiscono con i vivi. I risvolti sono i più disparati, come quelli decisamente più grotteschi, è il caso di Thomas e gli indemonianti o più in sintonia con il genere horror, come L’arcano incantatore, Il nascondiglio e Il Signor Diavolo, solo per fare qualche esempio.

In L’orto americano la relazione con i morti è già insita nel suo protagonista, che va in giro tra America e Italia con un album fotografico dei suoi cari defunti. Inoltre, è ossessionato dall’idea di parlare con loro e solo attraverso un loro proverbiale e soprannaturale intervento potrà scrivere libri di successo.

“La prima cosa che faccio, prima ancora di esplorare l’appartamento americano e decidere dove posizionare la macchina da scrivere per avere vicinissime le foto dei miei morti”.

L’inquietante gioco del doppio

A tingere di gotico il nuovo film di Pupi Avati interviene anche un intrigante organizzazione della narrazione. Il regista e sceneggiatore, insieme a suo figlio Tommaso, dà vita a un testo filmico costituito su un inquietante rimando al doppio. Doppia è l’ambientazione, ma soprattutto doppi sono i principali personaggi, che gravitano intorno al protagonista. Due coppie, la prima quella delle sorelle Barbara e Arianna (Morena Gentile) e l’altra composta due fratelli, Glauco (Armando De Ceccon) ed Emilio (Roberto De Francesco).

Sono queste due coppie di sorelle e fratelli ad aumentare lo spessore gotico de L’orto americano. Le relazioni tra Barbara/Arianna e Glauco /Emilio svelano invidie, conflitti e sacrifici, il tutto incorniciato in un putrido senso di orrido. In questo modo, Pupi Avati recupera la tradizione del cinema di genere italiano, quella fortunata stagione caratterizzata da registi del calibro di Dario Argento, Mario Bava e lo steso Pupi Avati con La casa dalle finestre che ridono. Si tratta di un horror-gotico che ha fatto scuola, con effetti speciali artigianali, semplici ed economici, ma di grande effetto.

L’amore per sempre

Lo stesso avviene in L’orto americano che si avvale di un grande effettista, come Sergio Stivaletti, che evita la scorciatoia del digitale, creando, grazie alla sua lunga esperienza, macchine e maschere sceniche terrificanti semplici e allo stesso tempo geniali.

Un grande contributo quello di Stivaletti, sfruttato da Pupi Avati con il suo espressivo stile, creando delle eleganti figure retoriche visive. In un preciso momento del film avviene una vera e propria sineddoche: da un grosso e inquietante vaso, dissotterrato, emerge un organo sessuale femminile mutilato. Una parte che ossessivamente rievoca il tutto, corpo e anima, di una donna inseguita per sempre.

Un’immagine terrificate, prossima, ancora una volta, all’orrido che, in questo caso acquista un sapore erotico, come nel personaggio di Doris, la proprietaria della pensione, interpretata da Chiara Caselli. Immagini e scene sinistre veicolate verso la vera meta del film: un’eterna storia d’amore.

La vicenda de L’orto americano sembra nascere per una semplice coincidenza, poi però si sviluppa e prende forma per una scelta decisa, consapevole del suo protagonista che si mette alla ricerca della sua anima gemella, perché per Avati basta un semplice sguardo e nasce l’amore, quello per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

L'orto americano

  • Anno: 2024
  • Durata: 107 minuti
  • Distribuzione: 01 Distribution
  • Genere: thriller - horror
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Pupi Avati
  • Data di uscita: 06-March-2025