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‘Silenzio!’: come nascondere una bugia

Teddy Lussi-Modeste con il film 'Silenzio!' racconta la parte più dolorosa della sua vita

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Silenzio!

Silenzio! (Pas de vagues), il nuovo film di Teddy Lussi-Modeste (Il prezzo del successo) arriva nei cinema italiani dal 27 febbraio con No.Mad Entertainment. Il film è scritto dallo stesso regista e da Audrey Diwan. Il protagonista è François Civil (I Tre Moschettieri – Milady) vincitore nel 2019 del  Trophée Chopard per la rivelazione maschile al Festival di Cannes.

Sarà proiettato sia in versione originale con sottotitoli italiani sia doppiato, con anteprime a Firenze (24 febbraio), Roma e Milano (25 febbraio).

 

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‘Silenzio!’ il peso della verità

Un giovane insegnante della periferia parigina, Julien (François Civil) dedito al proprio  lavoro, viene accusato ingiustamente di molestie da parte di una sua alunna. Come si vede anche nel trailer: il professore si ritrova quindi in trappola tra una classe omertosa e la presidenza che lo abbandona. Infatti, il vero interesse dell’istituto scolastico non è quello di fare giustizia. Piuttosto è quello di non fare scoppiare uno scandalo, come dice il titolo di mantenere il silenzio ed evitare ripercussioni sulla scuola stessa.

Un’autobiografia

Il film è ispirato a fatti realmente accaduti allo stesso regista e sceneggiatore che è anche professore di lettere. Teddy Lussi-Modeste ha raccontato la sua esperienza anche lontano dalla macchina da presa :

“Il film è ispirato da una situazione che ho dovuto affrontare qualche anno fa. Un giorno, nella scuola dove insegnavo, la consigliera scolastica mi consegna una lettera scritta da una mia alunna. La ragazza mi accusava di guardarla mentre mi sistemavo la cintura. Aveva 13 anni. La situazione si tende. uno dei suoi fratelli mi minaccia di morte. Un altro la spinge a sporgere denuncia contro di me. Io non volevo smettere neanche temporaneamente di insegnare. Mi sembrava un’ammissione di colpa. Ogni giorno, tornavo a casa chiedendomi se mi avrebbero spezzato le gambe. Vivevo nella paura e nella vergogna – ma avevo anche un senso di colpa: non volevo che i miei colleghi, che mi accompagnavano fino alla stazione della metropolitana, venissero aggrediti per colpa mia”.