Dalla regia di Alice Rohrwacher e JR, il cortometraggio Allegoria Cittadina (Allégorie Citadine) immerge lo spettatore all’interno della rappresentazione grazie a un continuo flusso di inquadrature ricche di significato.
Presentata per la prima volta nel 2023 all’esterno dell’Opera Garnier di Parigi, e disponibile su Mubi, la storia si sviluppa intorno alle vicende di Jay (Naïm El Kaldaoui), un bambino di sette anni, e sua madre (Lyna Khoudri), una ballerina professionista. La narrazione ipnotizza lo spettatore che si ritrova, come ammaliato, a interrogarsi davanti a ciò che effettivamente comprende l’esistenza e l’illustrazione della vita.
“Cosa accadrebbe se uno dei prigionieri riuscisse a liberarsi dalle catene e a fuggire dalla caverna?”
In una ventina di minuti i due registi tramutano e innescano labirinti all’interno della sceneggiatura che, con l’arrivo del direttore di scena (Leos Carax) inizia effettivamente a sbrogliarsi. Basato sul mito della caverna di Platone, il racconto vede in Jay la sola e unica persona in grado di poter placare quei battiti che, nelle prime scene del film, martellano con un ritmo irrequieto.
La risoluzione al grande enigma filosofico, tema centrale della coreografia per cui la madre si candida come danzatrice, apre e nutre lo sguardo degli attori, pronti a scoprire la “verità” che si cela dietro ai muri della città.

Leos Carax e la liberazione del “prigioniero” dalla caverna
“Un quadro nel quadro”: le opere di JR scoperchiano la verità
Le immagini parlano e lo fanno in maniera concreta: uscito dalla “caverna” il piccolo Jay si ritrova, solo, ad affrontare il caos della realtà quotidiana dove chiunque sembra non voler vedere ciò che gli accade attorno, assorto all’interno degli abituali impegni.
Le opere di JR diventano infatti protagoniste delle inquadrature riempiendo il vuoto della concretezza odierna dove i paste up eseguiti sopra i muri della metropoli rievocano la verità che si nasconde dietro al sentimento del nulla.
“Stiamo vivendo sotto la dittatura delle immagini, ma lavoriamo anche con le immagini e sappiamo che possono essere un potente strumento di liberazione”
Alice Rohrwacher e JR sottolineano come, tra i temi trattati all’interno del cortometraggio, ci sia infatti un’analisi sulla potenza effettiva dell’immersione che avviene nelle “ombre della tecnologia”: le immagini ci mantengono incastrati in un mondo oberato di informazioni visive ma, allo stesso tempo, grazie ad esse, possiamo trovare un potente strumento di liberazione. Attraverso la “luce” di uno sguardo estetico siamo in grado di modificare la nostra esperienza e la percezione che abbiamo delle immagini, anche digitali.

Aprire lo sguardo per scoprire nuovamente la realtà
“Il mito della caverna”: il tema che si cela dietro al cortometraggio
“Quando siamo insieme (Alice e JR) ci piace sperimentare per fare qualcosa che non sia solo un prodotto comune, ma un punto per iniziare conversazioni. Per noi è che le persone guardino il film e si chiedano cose, che inizino a pensare e a chiedersi cosa siano le immagini. In questo momento è qualcosa di molto importante per noi”.
Allora è il cinema, come arte, a farsi carico di aprire finalmente lo sguardo sull’immagine delle cose? Secondo Rohrwacher e il fotografo francese JR, sì, grazie all’espressione estetica del proprio io e della propria creatività, liberandoci così da quelle “catene” che mantengono, ancora, il nostro sguardo inchiodato verso il muro di una caverna che di per sé continua a mostrarci solo le ombre dell’umanità.