Su Netflix per la seconda stagione, con protagonista Keri Russell, The Diplomat 2. Ideata da Debora Cahn (Grey’s Anatomy, The West Wing), la serie è prodotta dalla stessa showrunner e l’ex Felicity. Tra gli interpreti ritornano nei loro ruoli Rufus Sewell, David Gyasi, Ali Ahn, Ato Essandoh e Rory Kinnear.
IL TRAILER – The Diplomat 2
L’anti-diplomatica – The Diplomat 2
Nel ritorno di The Diplomat 2 non si può fare a meno di notare un certo disadattamento verso lo stereotipo archetipo dell’istituzione. Keri Russell, come dimostra bene nei primi due episodi, continua a interpretare un certo rifiuto per la rappresentazione della politica standard. L’ambasciatrice americana trapiantata in Inghilterra, Kate Wyler, ricomincia da dove ci aveva lasciati. L’attentato nel cuore di Londra in cui hanno rischiato la vita sia il marito Hal, ex diplomatico di lunga data, e Stuart, capo missione dell’ambasciata. L’inizio della seconda stagione ruota sulle conseguenze di ciò.
I dubbi di Kate sul coinvolgimento del premier britannico assieme al solito pericolo russo, sono mescolati al melodramma che ne rappresenta anche la prova del trepidante successo. La creatrice di The Diplomat 2, Debora Cahn, forte della palestra di inizio carriera con Shonda Rhimes, usa il carattere ambivalente della sua protagonista, tra integrità e amori, generando una figura intermedia tra un’eroina politica e il personaggio di una soap-opera. La Russell direziona l’azione e il caos orizzontale dello show, pieni di intrighi e intrecci degni di una spy-story, con i tumulti della sua caratterizzazione personale.
Quasi nessuno riesce a stare dietro a Kate. Così decisa a dimostrarsi centrale nelle trame e sotto-trame del potere, e così instabile nel tormento emotivo che guida le sue azioni. Se nel primo episodio assistiamo alla ricerca di verità svelata del post-esplosione, con tanto di senatrici americane nascoste e usate come joker contro il primo ministro britannico, nel secondo episodio The Diplomat 2 si riappropria del proprio ibrido. Il potere e i sentimenti che rapidamente si fondono sul potere. L’ambasciatrice crea il caos, va contro il rituale del diplomatico “statuina”, uscendo ripetutamente dalla classicità del suo ruolo per imporsi efficacemente come attore politico di primo piano. Sotterfugi e trame politiche ben si coniugano con la fusione del melò della serie. The Diplomat 2 sembra ed è una splendida fusione tra la sottigliezza politica del miglior The West Wing e gli intrecci privati di Scandal, uno dei punti di riferimento della serie. Un mix perfetto tra vecchie e nuove narrazioni.
Lei, lui, l’altro – The Diplomat 2
Il concetto di rimatrimonio del filosofo americano Stanley Cavell sembra adattarsi con una certa applicazione al rapporto tra l’ambasciatrice e suo marito. La validità del matrimonio viene messa fin da subito in discussione nella prima stagione da quando Kate e Hall atterrano sul territorio inglese. È un matrimonio apparentemente finito, e l’ambasciatrice sembra capitolare in un rocambolesco flirt con Austin, il tenebroso segretario degli affari esteri del Regno Unito. Sempre sul punto di rottura sentimentale e politica, Kate e Hall sono in fondo anime gemelle che nella ripetizione dei loro contrasti si incontrano sempre. Tale odi et amo trova nei primi due episodi una rappacificazione e una rigenerazione dell’azione matrimoniale. Hall e Kate si riuniscono nella quasi tragedia dell’attentato, evento che ha rischiato di non poter più produrre la nuova linfa al proprio rimatrimonio.
Lo schema della serie, abbastanza intuibile, consiste nel non risolvere ma nel ridare vita a ciò che era interrotto e quindi recuperabile. Trovando il filo e riprenderlo. In The Diplomat e The Diplomat 2 sono i personaggi l’azione che tiene in vita la serie, evitando nella loro fragilità relazionale di mettere un punto definitivo a un eterno melodramma. Entrambi sono manovrati e manovratori. Vogliono invadere il campo dell’altro, accusandosi a vicenda delle reciproche interferenze, ma nel contempo si risentono se uno dei due non lo fa. Nella scena finale del secondo episodio, durante il solito litigio su strategie opposte, Hall non riesce ad allacciarsi le scarpe e Kate, dopo essere stata cacciata dalla stanza, si precipita ad aiutare il marito. Proprio come una passione che è sempre accesa. E proprio come una coppia in crisi sempre disponibile al rimatrimonio.
Le donne di potere che ci guidano
I primi due episodi di The Diplomat 2 confermano la tendenza della serie di sminuire, e a tratti ridicolizzare, le istituzioni di primo piano in favore delle riserve di governo. Un esempio dirompente è il primo ministro inglese interpretato da Rory Kinnear. In lui risiede la classica mascolinità tossica del leader di turno, dipinto però da Debora Cahn come un inetto qualunquista. Una versione oltremànica di Donald Trump, insicuro, pessimo stratega, e schiavo dell’astuta capo di gabinetto. Le conseguenze del cliffhanger della prima stagione si tramutano nella seconda in un rovesciamento del potere. Passando dal maschile al femminile, e ai panchinari di serie b come Kate Wyler ridefinendo ruoli e gerarchie.
Un piano meta-politico in perenne metamorfosi, che accentra l’esaltazione delle underdog. L’ambasciatrice della serie Netflix parte come funzionario di medio livello mandata a Londra per tappare una pezza sulla politica americana. Ma arrivando in rapida ascesa a concreti desideri presidenziali. E poi, tutto concorre a far emergere donne di secondo grado a un livello superiore; la diplomatica è in buona compagnia insieme all’agente della CIA stazionata a Londra. Donne sottovalutate ed efficaci capaci di fare la differenza in ambienti prevalentemente maschili.
The Diplomat 2 nei suoi primi episodi si conferma un universo politico in cui la competenza femminile prevale, insieme al caos sentimentale dei suoi interpreti. Se riuscirà a non far strabordare troppo il livello melò, la seconda stagione potrebbe essere un ottimo esempio di serialità moderna. Uno strano ma efficace incrocio tra quality tv e guilty pleasure.
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