Sara, il cortometraggio di Ariana Andrade Castro prodotto da Gato Andino Films, presentato al Riff 2024, affronta il tema del traffico di esseri umani. Una storia toccante che fa da sfondo a un problema ancora estremamente attuale.
É sera. Una ragazzina di nove anni sta giocando con le bambole fuori dal ristorante di famiglia. Incuriosita dai rumori, entra in un camion parcheggiato nelle vicinanze. Oltre alle casse di frutta, dentro ci sono delle bambine della sua età. Sono vestite con gli stralci e molto spaventate. Invece di giocare insieme con le bambole, si nascondono al primo rumore. Poco dopo, il camion partirà e le bambine saranno scambiate per una somma di denaro.
Un destino che può toccare a chiunque
Non sappiamo da quali famiglie provengano le ragazzine sul camion, come ci siano arrivate, quale storia ci sia dietro, mentre di Sara lo sappiamo. Lei è figlia di uno dei due autisti, è vestita bene, curata, coccolata, però tutto questo non ha più importanza. Si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato e adesso il suo destino è lo stesso delle altre. Ora anche lei è una merce.
“Circa il 72% delle vittime della tratta di esseri umani a livello globale sono donne e ragazze” recitano le scritte del video.
Il cortometraggio denuncia una triste realtà: la facilità con cui i bambini possono sparire. Non c’è differenza, non si può scampare a un pericolo ancora attualissimo. Sara non è diversa da altre bambine. É felice e ingenua e non realizza quello che sta succedendo, finché un uomo non entra nel camion per “zittirla”. Dopo la violenza subita, lei cambierà e diventerà uguale alle altre bambine, silenziosa e impaurita. Nella storia infatti è coinvolto proprio il padre di Sara. Una scelta che aggiunge drammaticità a una storia che già di per sé è molto triste.
La verità
All’inizio del cortometraggio noi osserviamo Sara nella sua innocenza, nella ingenuità di fidarsi della sua famiglia . Seguiamo la sua storia, speriamo che possa salvarsi, che il padre possa accorgersi almeno della sua presenza, ma così non accade. Il film prosegue a parlarci della corruzione, della violenza e della finta preoccupazione che il padre dimostra per le bambine. Ma lui fa parte di questa realtà, chiude gli occhi e guadagna alle spese delle vite umane. Infatti, lo vediamo quasi sempre di spalle e nell’unico momento in cui mostra il viso affacciandosi dentro al camion è per dare da mangiare alle ragazze, ma anche lì, è sollevato di non vederle.
Ariana Andrade Castro sceglie di denunciare questa realtà attraverso la storia di Sara, ma dietro a questa storia ci sono migliaia di persone e bambini di cui non conosciamo e non conosceremo mai il nome. Il cortometraggio è girato quasi totalmente sul camion mettendo in contrapposizione le bambine che vediamo in volto, di cui leggiamo le emozioni e la paura e gli autisti sempre di spalle che guardano altrove. Uno dei due prova vergogna ma non reagisce, non vuole perdere questa fonte di guadagno e l’altro ormai non vede nemmeno più le bambine come tali. Ma nonostante questa differenza, il finale non cambia. Non c’è uno sviluppo narrativo, perché non ci deve essere. La realtà è questa.
Ariana Andrade Castro
Ariana è una regista, sceneggiatrice e produttrice peruviana. È laureata in Scienze della Comunicazione. Ha realizzato diversi cortometraggi che hanno partecipato a festival nazionali e internazionali. Il suo lavoro più recente è il cortometraggio Sara. É stato realizzato con un premio di incentivo economico dal Ministero della Cultura del Perù. Ariana, inoltre, è la regista e fondatrice della società di produzione Gato Andino Films.
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