Tratto dall’omonimo bestseller internazionale di Giuseppe Catozzella, edito in Italia da Feltrinelli e vincitore del Premio Strega Giovani, Non dirmi che hai paura arriva al cinema dalla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma, (in concorso nella sezione autonoma e parallela Alice nella Città).
Unico lungometraggio italiano in concorso al Tribeca Film Festival, dove si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria, il film porta la firma di Yasemin Şamdereli, in collaborazione con Deka Mohamed Osman, ed è ispirato a una storia vera.
Il film è in sala dal 5 Dicembre con Fandango.
Non dirmi che hai paura | La trama
Nel 1969 in Somalia un colpo di stato sembra ristabilire una sorta di “pace”, almeno sino a quando, nel 1991, una terribile guerra civile scoppia a riscombinare i già precari equilibri, portando morte, violenza, paura, per le strade. In questi anni difficili, a Mogadiscio, nasce Samia Yusuf Omar: sin dalla tenera età, la piccola mostra una grande passione, nonché una predisposizione, per la corsa, gareggiando insieme agli adulti nelle corse del villaggio in cui cresce.
Spinta e sostenuta dal padre e dal migliore amico Alì, Samia arriva fino alle Olimpiadi di Pechino del 2008, sebbene il percorso sia costellato di ostacoli e di avversità. In quanto donna, in Somalia, è costretta a determinate regole, comportamentali ma non solo. Per fortuna, l’affetto della famiglia le permette di portare avanti il suo sogno e di immaginare un futuro di libertà e speranza.
La vita intera è un sogno.
Correre per la libertà
Sulle note di una danza africana si apre la pellicola firmata da Şamdereli e Osman, a imprimere nei sensi, prima che nella vista, dello spettatore, un’idea precisa delle origini di questa storia. Il ritmo, le percussioni, l’energia che ne vengono fuori appartengono, in maniera naturale ma viscerale, alla protagonista e alla sua emblematica vicenda. Samia diviene un simbolo: di resistenza oltre che di resilienza, di passione e di un sogno che non svanisce nè svilisce, di onestà, purezza e giustizia. Quella stessa giustizia che a lei viene negata da una tragedia ineludibile e dolorosa.
La storia (vera) di Samia mette in luce tutte le difficoltà affrontate da un’ampia fetta di popolazione. Tra chi è costretto a crescere troppo in fretta, chi a imbracciare le armi, chi ad abbassare la testa e a obbedire a dettami rigidi e inattaccabili. Il coraggio deve essere messo a tacere per la sopravvivenza, ma a volte qualche barlume di speranza continua a brillare.
La famiglia, vero e proprio nido che custodisce e protegge, permette alla protagonista di coltivare ciò che la rende tale e che la rende viva. La corsa – quale miglior simbolo di libertà – dà a Samia qualcosa di bello in cui credere e grazie al quale mantiene sempre saldo il legame con il padre. Il rapporto tra i due è fondamentale nella formazione della giovane, che cresce avendo come esempio un uomo gioviale, propositivo, affettuoso.
Devi nascondere la paura.
Non dirmi che hai paura racconta un fatto di cronaca, ma sceglie attentamente il messaggio da far arrivare, e che dovrebbe essere trasmesso di voce in voce, affinché lo spirito di Samia continui a correre tra coloro che ne hanno più bisogno.
*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.