Al Lovers Film Festival 2025 è stato presentato 7 minuti (2024) di Alessia Bottone. Un cortometraggio realizzato attraverso i Found Footage, per visualizzare la confessione di un anziano omosessuale, Alfredo. La rievocazione dell’appassionata quanta amara relazione con Mario, ma anche uno scorcio dell’Italia degli anni ’60, bigotta e al contempo ipocrita.
7 minuti: il tempo di una confessione mentre la sigaretta si consuma
Il titolo scelto dalla regista Alessia Bottone si rifà al tempo di esaurimento di una sigaretta accesa. Un tempo breve, ma sufficiente per dare alla persona che fuma degli interminabili istanti per riflettere, ricordare.
Mentre la sigaretta si consuma, Alfredo rievoca la sua relazione omosessuale vissuta clandestinamente con Mario. Un pensiero che lo perseguita da anni, proprio perché finito dolorosamente.
Un rapporto anch’esso breve ma intenso come la sigaretta accesa, in un’epoca nel quale l’amore omosessuale poteva essere consumato soltanto di nascosto. Quell’Italia democristiana – e destrorsa – bacchettona, che prediligeva il classico Dio, patria e famiglia. La donna in casa, e l’uomo forte e virile.
I gay venivano dileggiati, e sovente picchiati, come ha anche mostrato il documentario Felice chi è diverso (2014) di Gianni Amelio, che tra interviste a dei “salvati” e materiale d’archivio ricostruisce quell’età italica socialmente buia.
Ecco, 7 minuti della Bottone pare una piccola appendice a quelle storie. La confessione di un uomo qualunque, Alfredo, che ormai anziano ripensa a quel suo antico amore. Una ricostruzione di finzione, che, come ha affermato la regista, si riallaccia a Parenti serpenti (1992) di Mario Monicelli.
Per narrare questa intima e straziante dichiarazione, la Bottone ha utilizzato il materiale d’archivio, tranne l’ultima scena girata ad hoc (e “invecchiata” per farla aderire alle scene precedenti). Un sapiente ripescaggio che mette in immagini non soltanto il vissuto del solitario protagonista, ma anche en passant l’Italia di quel tempo.
Immagine in bianco e nero, oppure di un colore ormai slavato, che amplificano il senso di lontananza e dolore. Scuri spezzoni, con un inizio molto alla Un chien andalou (1929) di Luis Buñuel, che rispecchiano l’anima lacerata di Alfredo.