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Giornate degli Autori

‘Manas’: ribellarsi alla violenza nella foresta amazzonica

Vincitore alle 21e Giornate degli Autori il film brasiliano di Marianna Brennand, prende spunto dalle storie di donne e bambine vittime di abusi e violenze, in un contesto remoto e privo di tutele. Una storia dal valore universale.

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Le prime, splendide immagini del film Manas (Sorelle), esordio al lungometraggio della regista brasiliana Marianna Brennand – tornata in patria dopo aver studiato cinema negli States – presentato e risultato vincitore alle 21e Giornate degli Autori, nell’ambito dell’81a Mostra del Cinema di Venezia, descrivono, incorniciate da una finestra rotta con uno straccio a mo’ di tenda (quasi si venga invitati dalla regista a guardare di nascosto, con discrezione, l’affresco familiare), la vita quotidiana di una famiglia poverissima che vive in una casa-palafitta nelle paludi di Marajó, la più  grande isola fluviale del mondo, nella foresta amazzonica, immersa in una natura antica ed  incontaminata: madre e padre con due figlie femmine, due maschi e un altro figlio in arrivo.

Nulla lascia presagire gli avvenimenti successivi, che si disveleranno poco a poco nell’atmosfera sospesa del film – una sospensione del tempo e dello spazio, come nelle vite dei protagonisti – che si dipana tra la pesca in canoa, la caccia all’interno della foresta, la cucina essenziale a base di manioca, i giochi in acqua dei bambini, la scuola in legno del villaggio.

Ma l’apparente, serena normalità nasconde invece un dramma occulto, protratto da tempo immemore e portato alla luce con coraggio dalla Brennand, la quale, durante le ricerche per un documentario nella foresta amazzonica, ha incontrato per caso ed ascoltato le confidenze di molte donne, ragazze e bambine vittime di abusi e violenze sessuali e del contesto sociale isolato e privo di tutele in cui essi vengono perpetrati.

Manas: dare voce alle donne invisibili

Si pensi che nei luoghi più remoti dell’Amazzonia, bambine e bambini, alla loro nascita, non vengono neppure registrati all’anagrafe per le immense distanze da percorrere per giungere agli uffici preposti e per la scarsa alfabetizzazione, tanto che alcuni funzionari girano con dei furgoni attrezzati ad uffici per raggiungere questi luoghi, iscrivere i neonati all’anagrafe e ‘controllare’, laddove possibile, il rispetto dei diritti dei bambini, contro violenze, abusi e maltrattamenti.

Nella storia raccontata dal film, la regista ha tratto ispirazione dalle drammatiche storie vere, di violenza e vittimizzazione di donne e bambine, condivise con lei dalle popolazioni locali, senza mai mostrare atti violenti o situazioni esplicite, manifestando  una non comune delicatezza, tatto e rispetto dell’ambiente e delle persone incontrate, ma affidando alla potenza estetica e narrativa delle immagini e delle espressioni dei volti la portata di una tragedia di fronte alla quale ci si sente impotenti ed inadeguati.

«Durante una ricerca per un documentario da girare nei villaggi della foresta amazzonica – racconta Marianna Brennand – ho incontrato donne vittime di traumi indicibili fin dalla più tenera età. Avevano subito abusi sessuali all’interno delle loro case, oltre a essere sfruttate sessualmente su chiatte commerciali, praticamente, senza alcuna possibilità di fuga. Purtroppo, la maggior parte di noi donne ha una storia di abuso sessuale, morale o psicologico, che ha lasciato cicatrici profonde. Il Me Too e altri movimenti per i diritti delle donne ci hanno incoraggiato e permesso di rompere il silenzio e di denunciare gli abusatori in tutto il mondo. Ma che dire di queste donne invisibili di cui non conosciamo nemmeno l’esistenza? Con Manas voglio dare voce a loro che altrimenti non sarebbero mai state ascoltate, onorando le storie che hanno condiviso con me. Vedo il cinema come un veicolo efficace per la trasformazione sociale e politica e spero che Manas sia in grado di mobilitare gli spettatori rompendo l’enorme tabù che circonda questa difficile realtà che riguarda noi tutte».

Manas: isolamento, violenza, connivenza, degrado

La protagonista del film, la tredicenne Marcielle (nome che, secondo alcuni, significa ‘appartenente a Marte’, ‘giovane guerriera’), detta Tielle, è una ragazzina bella, forte e intelligente dai tratti indios, sguardo intenso e fiero, ancora ignara della sua femminilità, una preadolescente curiosa e vivace, che lavora a casa come tutti per aiutare ‘la baracca’ (qui nel senso letterale): ogni tanto prova a concedersi qualche piccola disobbedienza, mal accetta e severamente punita dal padre Marcílio (l’attore brasiliano Rômulo Braga) che, al di là dell’apparente rigore educativo da buon padre di famiglia ‘all’antica’, tende invece ad essere un vero e proprio padre-‘padrone’ che vuole controllare e gestire ogni mossa dell’intera famiglia e, come emergerà poco a poco, andare molto ‘oltre’.

Una sera infatti il padre ‘ordina’ a Tielle (nel ruolo la giovanissima e talentuosa Jamilli Correa) di andare a dormire nel suo letto, con la scusa che l’amaca della ragazza è rotta – e ogni scusa è buona per non ripararla nei giorni successivi – e la madre viene relegata nel letto del figlio, a nulla valendo le proteste della ragazza. Tutto questo pur dormendo, ovviamente, l’intera famiglia in un unico, angusto ambiente-dormitorio.

La madre Danielle (un personaggio privo di speranza, interpretato con intensità da Fátima Macedo) non si oppone, abbassa lo sguardo come di fronte ad un destino ineluttabile e ‘consegna’ con il suo silenzio carico di tristezza la figlia agli abusi paterni: si scoprirà più avanti anche la sua storia di ragazzina abusata che, dopo aver denunciato il padre alla polizia, venne mandata via da casa dai genitori e ‘raccolta’ dall’attuale marito, considerato pertanto da lei una ‘brava persona’. Per questo a Tielle che chiede ogni giorno di tornare alla sua amaca, la madre risponde: ‘non possiamo cambiare cose che sono sempre accadute’.

A poco a poco viene a galla l’orrore, finché un giorno il padre invita Tielle ad andare a caccia con lui nella foresta, per insegnarle a usare il fucile (e la ragazza ‘guerriera’ ne imparerà l’uso con grande precisione) ma, ovviamente, per iniziarla a ben altre pratiche.

La perdita dell’innocenza e della spensieratezza coincidono, nella ragazzina – che mantiene lo stesso sguardo intenso e non lascia trapelare l’accaduto se non facendosi la pipì addosso davanti alla madre al ritorno dalla battuta di caccia – con il suo aprirsi ad esperienze sessuali a pagamento, sulla vicina piattaforma petroliera, dove viene portata da un’amica già esperta, e dove varie ragazze della palude offrono i propri corpi ai lavoratori della chiatta quando vanno a vendere i gamberetti pescati.

Al ritorno a casa il padre è furioso: Tielle viene picchiata e messa fuori di casa, ma non per proteggerla bensì perché la ragazza non può neppure decidere in autonomia del suo corpo, dato che lui considera la figlia una sua proprietà esclusiva.

L’indissolubile legame di sorellanza con chi fugge e con chi resta 

Finalmente la nostra giovanissima eroina capisce il motivo per cui la sorella più grande se n’è andata anni prima e vive in città dove – si dice – conduce una vita migliore: condizionata dai racconti della madre, Tielle venerava la sorella maggiore (aveva messo una sua foto in un albero costruendole una sorta di altarino) pensando che fosse fuggita da quella vita squallida trovando un «brav’uomo» su una delle chiatte che solcano la zona.

Giorno dopo giorno, la ragazza si scontra con una realtà che prima non era in grado di decifrare intorno a lei, come ad esempio il fatto che una sua compagna di scuola di 13 anni sia già incinta pur non frequentando nessun ragazzo: Tielle comprende di essere intrappolata tra diversi ambienti violenti. A nulla vale l’aiuto di una poliziotta locale, Aretha (la brava Dira Paes), che comprende quanto sta accadendo a casa della ragazza e la allontana dal padre, affidandola alla famiglia di un’amica: Marcílio andrà a riprendere la figlia con prepotenza e arroganza, e Tielle spaventata tornerà docilmente a casa e al suo martirio, per evitare il peggio.

Finché un giorno il padre porta a caccia la sorellina più piccola di Tielle e la ragazza lo scopre: sarà in quel momento, come presa da un raptus di consapevolezza e preoccupata per la sorellina, che la ragazzina di tredici anni deciderà di ribellarsi a una storia traumatica di violenza domestica tramandata di generazione in generazione. L’affetto per la sorellina e la rabbia repressa la spingeranno ad affrontare il padre, il sistema che opprime la sua famiglia e tutte le donne della comunità.

Un film urgente, importante, magnificamente girato, interpretato con poesia, disperazione e speranza.

“La nostra giuria ha premiato un’autrice emergente prodotta da Salles e dai fratelli Dardenne – hanno affermato Giorgio Gosetti e Gaia Furrer, delegato generale e direttrice artistica delle Giornate – Una storia che sembra richiamare l’immagine ufficiale delle Giornate: una ragazza in bilico sul filo sospeso tra il reiterare di violenze e un sistema sociale che le giustifica. Una storia sul coraggio e sull’emancipazione, sulla sorellanza che da un luogo remoto arriva fino al cuore della giuria, della presidente Joanna Hogg e di tutti noi.”

Produzione, supporto e bio regista

Prodotto da Inquietude e coprodotto da Globo Filmes, Canal Brasil, Pródigo e dalla portoghese Fado Filmes, il film ha avuto il supporto di República Portuguesa Cultura, Ancine, FSA-BRDE.

Marianna Brennand: dopo essersi laureata in cinema alla UCSB, è tornata in Brasile per realizzare un documentario sul suo prozio Francisco, un artista  riconosciuto a livello mondiale per i suoi lavori in ceramica. Puntando su un approccio narrativo poetico basato sui diari del suo personaggio, Francisco Brennand è stato presentato in anteprima nel 2012 e ha vinto i premi per il miglior documentario brasiliano e per il miglior film brasiliano al Festival di São Paulo. Nel 2007 aveva diretto un altro documentario, O Coco, a Roda, o Pnêu e o Farol, sulla ricca tradizione musicale del «coco de roda» a Olinda, città nello Stato del Pernambuco. Manas segna il suo debutto alla regia di un lungometraggio ed è il risultato di una ricerca decennale sul tema complesso e delicato dell’abuso e dello sfruttamento sessuale di bambine e adolescenti sull’isola di Marajó, nella foresta amazzonica.

 

 

 

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  • Anno: 2024
  • Durata: 101'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Brasile, Portogallo
  • Regia: Marianna Brennand