fbpx
Connect with us

Personaggi

Matt Dillon: il teen idol che raggirò Hollywood

Poliedrico, indipendente, schivo e anti-hollywoodiano. La carriera di Matt Dillon fino ai giorni nostri.

Pubblicato

il

Dillon

Sessantaquattro opere all’attivo e una carriera che inizia dai suoi quattordici anni d’età. Il 18 Febbraio del 1964 nasceva Matthew Raymond Dillon, attore poliedrico che non si è mai lasciato ingabbiare in un ruolo specifico, dal genere comedy fino a prestare il volto a uno spietato assassino diretto da Lars Von Trier. In occasione della presenza a Roma il prossimo autunno ad Alice nella città, ripercorriamo la carriera di uno dei nostri attori preferiti! 

Matt Dillon, infanzia da Teen Idol

Dillon nasce a New Rochelle, figlio di immigrati irlandesi, da madre casalinga (Mary Ellen) e padre pittore (Paul Dillon). Secondo di sei fratelli (quattro uomini e tre donne, di cui solo uno attore, Kevin Dillon), avvia la sua carriera da giovanissimo.

Di anni infatti ne ha appena quattordici quando debutta in Over the Edge di Jonathan Kaplan. Viene scoperto da un casting director nel comune di Mamaroneck, New York, mentre marina la scuola.

“Sicuramente non ero in classe, possiamo dire. Penso che finii a fare quel film perché mi sentivo molto connesso col personaggio. Riconoscevo quel bambino, era un giovane delinquente.”

Dillon

Matt Dillon nel 1979, nel film Over The Edge

Il film riceve una distribuzione limitata e non ha particolare successo. Ciò nonostante, la performance del giovane Dillon viene recepita molto positivamente e gli permette di recitare in altri due film: Little Darlings e My Bodyguard. Entrambi hanno un enorme riscontro tra il pubblico, soprattutto quello giovanile dell’epoca, scolpendo il volto di Dillon come quello di una giovane icona.

Negli anni ‘80 è già visto come una rockstar, al pari dei suoi attori coetanei. Dillon diviene, infatti, molto popolare, adornando muri di innumerevoli camerette, con poster che lo ritraggono come Dallas Winston de I Ragazzi della 56a Strada (The Outsider) diretto da Francis Ford Coppola. La collaborazione con il noto regista non termina lì, dato che diviene il volto anche di Russell “Rusty” James in Rusty il Selvaggio (Rumble Fish) sempre nel 1983. 

Da lì in poi, Matt Dillon continua a interpretare ruoli diversi e distinti. Nel 1985 debutta a Broadway con The Boys of Winter e nel 1995 è il compagno di Nicole Kidman nella comedy a tinte gialle Da Morire (To Die For) di Gus Van Sant. Nel 2004 raggiunge l’Academy e i Golden Globe con il suo ruolo in Crash di Paul Haggis, per cui viene nominato come Miglior Attore Protagonista. Per lo stesso ruolo sarà vincitore di un Independent Spirit Award.

A proposito del poliziotto razzista che interpreta in Crash, l’attore stesso affermerà di aver avuto paura che il pubblico l’avrebbe identificato come il suo personaggio. Oggi, invece, Dillon non si tira indietro dalla politica che anima l’America e riflette sui problemi sociali che la attanagliano:

Metta le mani contro il muro è una cosa vecchia. Ora è più tipo: gettalo a terra, soffocalo e magari sparagli pure. Non puoi trattare i cittadini in questo modo e gli afroamericani sopportano il peso maggiore.”

Indie fino a prova contraria

Matt Dillon nel corso della sua carriera ha esplorato molto il cinema d’arte moderno e internazionale. L’ampio respiro che ha concesso alla sua carriera gli ha permesso di esplorare autori e storie alternative nel panorama mediale.

Ha interpretato un astronauta nel film francese Proxima, diretto da Alice Winocour, e si è fatto dipingere dalla gelida penna di Lars Von Trier. se per il ruolo di John Ryan, Dillon ha avuto qualche perplessità, sicuramente ne ha avute molte più scegliendo di interpretare il deviato serial killer Jack in La casa di Jack (The House that Jack Built) di Von Trier. 

In diverse occasioni Dillon ha affermato di essersi trovato in difficoltà nell’interpretare quel personaggio così spietato. La scena che l’ha più messo alla prova e che l’ha quasi fatto rinunciare al film è quella che lo vede terrorizzare una delle sue vittime, interpretata da Riley Keough:

È stato difficile immaginarmi lì anche solo nella mia testa. E non era per via della violenza, ma per la degradazione, per il modo in cui le rivolge la parola.

E persino a film terminato è stato riluttante nel rivedere il suo lavoro, prima di essere convinto dalla co-star Bruno Ganz, che lo definì come “uno dei film più interessanti mai visti”.

 Matt Dillon in 'The House That Jack Built'

Matt Dillon interpreta il deviato serial killer Jack ne “La casa di Jack”

La collaborazione con autori e opere più di nicchia procede anche insieme a Yorgos Lanthimos, che nel 2019 crea un cortometraggio di poco più di dieci minuti che si disvela un incubo ad occhi aperti. Qui, Dillon lascia alle spalle i pensieri cupi di Jack e si cala nei panni di un violoncellista che incontra una misteriosa donna sulla metropolitana. A proposito di Nimic e dell’esperienza del cinema indipendente europeo lo stesso attore ha dichiarato che questo esercita su di lui un personale fascino.

I film europei tendono ad essere un po’ più aperti all’interpretazione. Ricordo di aver detto a Yorgos ‘so cosa stai facendo’ e lui mi rispose ‘davvero?’, senza muoversi, non tentennò.

Nonostante un inizio di carriera estremamente popolare, Dillon ha sempre tenuto a mostrare un approccio molto entusiastico verso il cinema di genere e indipendente. È un attore che si è sempre preso i suoi rischi, pur di perseguire la personale ricerca verso qualcosa di nuovo.

Se il regista non ha esperienza c’è del rischio. Ma fin quando so che sta provando a fare qualcosa di unico e nuovo, prenderò quel rischio.

Matt Dillon: attore e regista

Nonostante la maggior parte della sua carriera sia dedita alla recitazione, Dillon si è spostato anche dietro la macchina da presa per ben due lungometraggi.

La prima fatica, City of Ghosts, uscita nel 2002, viene presentata al festival del cinema di Locarno, dopo ben sette anni di lavorazione.

Un’opera prima ambiziosa, che vanta un cast di tutto rispetto, annoverando anche Stellan Skarsgård e Gérard Depardieu. Nonostante ciò, Matt Dillon ha voluto esplicitamente anche attori sconosciuti con poca e scarsa esperienza, che a detta sua hanno rivelato magnifiche performance.

Attore Matt Dillon, City of Ghosts, 2002, Photo credit: Roland Neveu Prospective

L’attore sul set cambogiano di City of Ghosts, che lo vedeva per la prima volta anche regista e sceneggiatore.

La seconda e ultima opera di Matt Dillon alla regia è invece un documentario, dal titolo El Gran Fellove, del 2020, in cui racconta in modo agile e illuminante la vita del cantante e compositore cubano Francisco Fellove.

Molti sono i registi che lo ispirano, prendendo tutto ciò che ha imparato lavorando con Coppola, Van Sant e Trier:

Porterò sempre con me l’esperienza fatta con Lars. Soprattutto l’importanza del potenziale di fallimento nei lavori… 

Nonostante le due opere, Dillon rimane ben ancorato al suo spazio di attore che sembra essere sfuggito ai modi predatori tipici di Hollywood. Nonostante sia stato lanciato come icona teen, egli non ha mai dovuto aspettare decenni senza mostrarsi, prima di esser ripescato dalla gabbia degli attori dimenticati da un qualche Tarantino. 

Forse il modo per cui è riuscito così agilmente a saltare via dalle grinfie del typecasting è insito nel suo fare schivo e molto selettivo, come dice lui stesso:

Non mi sono mai lasciato coinvolgere da tutto quel business dei cuori infranti. Non mi piaceva e non era ciò che mi interessava. E ho sempre avvertito un vero divario tra me stesso e il pubblico.

Oppure, ancora, questa ricerca artistica e personale per la novità del medium cinematografico deriva da un altro suo mantra. Lo stesso che ha ribadito anche quando si è presentato come parte della giuria di Alice nella Città 2024:

Vengo a imparare. Non a insegnare.

Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers

Matt Dillon