‘House of Ninjas’, il nuovo action-dramedy lanciato su Netflix
Recensione della serie firmata da Dave Boyle: House of Ninjas. Un salto nel Giappone moderno, tra tradizioni e contemporaneità, in una chiave del tutto nuova
House of Ninjas è la nuova serie TV di Netflix diretta da David Boyle, disponibile sulla piattaforma dal 15 febbraio 2024. Tra i protagonisti riconosciamo: Kento Kaku (noto per Nippon Noir del 2019), Yōsuke Eguchi (che ha recitato in Rurouni Kenshin – The Final nel 2021) e Kengo Kora (famoso per The Chef of South Polar del 2009); dotando il cast di vasta esperienza, con attori che il pubblico, anche quello meno esperto, ha già avuto modo di apprezzare in opere più commerciali e di ampia distribuzione.
David Boyle, regista statunitense appassionato di cinema asiatico, ha utilizzato gli interpreti, nelle vesti di ciascun personaggio, creando un adattamento che incrocia sia l’orientamento nipponico, che quello occidentale, lasciando assimilare ad House of Ninjas generi e sottogeneri da entrambe le culture, non sempre in modo ideale, ma comunque con competenza.
House of Ninjas: la trama
House of Ninjasintroduce la misteriosa famiglia Tawara, l’ultima discendenza di ninja in Giappone. Il capofamiglia Soichi (Yōsuke Eguchi) ha deciso di ritirarsi dopo la tragica morte del primogenito, cercando una vita normale. Tuttavia, Haru (Kento Kaku), il secondogenito, resistendo al lavoro nella fabbrica di sakè di famiglia, è tormentato dal ritorno dei temibili Fuma, un clan ninja considerato scomparso.
La famiglia Tawara, custode del leggendario lignaggio di Hattori Hanzo, si trova ad affrontare una scelta difficile. Mentre il capofamiglia cerca di evitare il coinvolgimento con il Ninja Management Bureau, emergono segreti e desideri nascosti tra i membri della famiglia. La vita da shinobi si scontra con il desiderio di una vita normale, mentre il destino della famiglia è sospeso tra il passato e il presente, determinato dall’ombra minacciosa del Clan Fuma.
Una storia di fusione
House of Ninjas si configura come una serie televisiva che, incarnando il distacco dal drama, si avventura in un linguaggio poliglotta nel panorama cinematografico. Le prime riprese, presentando i personaggi, si ispirano alla sitcom americana degli anni ’80/’90, amalgamando questo stile con la millenaria cultura giapponese, intrisa di discendenze e tradizioni, attraverso un atteggiamento universale adottato dai protagonisti.
Nello Specifico
L’approccio ampio e focalizzato sul seguire tutte le figure coinvolte, si discosta notevolmente dal closeup introspettivo, spesso presente sia nella cultura anime che in quella live action. Esempi di tale approccio, li possiamo riscontrare in Gachi Max (2010, diretto da Takashi Motoki e Yûji Nagamori) o in Gangnam Blues (2015, diretto da Yoo Ha); qui, dall’analisi dei personaggi e delle vicende che si apprestano a vivere, emergono tutte le sfaccettature di trame più o meno strutturate. Differentemente, in House of Ninjas, il fulcro della serie è il plot complessivo, intorno al quale ruotano i personaggi, seguendo una dinamica simile a quella di serie come Otto Sotto Un Tetto(1989-1998). Facendo esempi meno audaci possiamo banalmente citare Riverdale.
Un altro termine di paragone, seppur meno gradevole, evidenzia che in House of Ninjas si riscontra una notevole varietà di argomenti e stili. Seguire il focus del racconto non risulta agevole, spesso ci si imbatte in un timido approccio verso side stories, non sempre sviluppate concretamente e mescolate a tematiche quali sette religiose e cultura shinobi, che dovrebbero costituire l’intero contenuto della serie.
Questi elementi contribuiscono a rendere House of Ninjas una novità che riesce in parte a sorprendere, ma che perde in gran parte le caratteristiche differenzianti che hanno contraddistinto il cinema giapponese, sia nella regia che nella trama, dove azioni, dialoghi ed eventi tendono ad adottare un linguaggio generalmente vicino alla visione oltreoceano, trascurando le suggestive ambientazioni, lo spirito distintivo degli interpreti e l’impronta culturale.
Fotogramma della serie TV – House Of Ninjas
House of Ninjas: Riflessioni e Conclusioni
La serie dello statunitense Boyle sorprende e mantiene una posizione di rilievo nella Top 10 settimanale della piattaforma. Tale successo è indubbiamente attribuibile alla maestria della regia che, con uno sguardo internazionale, rende il prodotto accessibile, sebbene staccato dall’essenza orientale che potrebbe relegarlo ad una nicchia di appassionati esperti. Le melodie in stile folk americano (come Our House di Tomo Nakayama e Yuuki Matthews), unite a una fotografia meno incline ai dettagli e più orientata alla funzionalità, costituiscono un ulteriore sostegno nel fluire agevolmente attraverso la narrazione degli shinobi contemporanei.
Un leggero richiamo all’universo di John Wick emerge, con l’entità del Ninja Management Bureau, che ricorda vagamente l’organizzazione dei Continental’s hotel presenti nella saga di Chad Stahelski, suggerendo, con tale aspetto, una trama ricca di azione e colpi di scena, sebbene tali momenti si concentrino prevalentemente nell’ultima parte della serie, mentre gli episodi centrali risultano statici e eccessivamente lenti. Soprattutto, quest’ultimo elemento, fa comprendere come House of Ninjas sia un esperimento, mettendo in luce la necessità di approfondire ulteriormente i temi trattati e di bilanciare le tecniche cinematografiche, tenendo conto delle diverse culture e dell’impatto comunicativo.
Le componenti cruciali che mancano in House of Ninjas, rendono l’opera accessibile ma facilmente trascurabile nel vasto panorama di Netflix. È bene ricordare che la piattaforma streaming è diventata, nel corso del tempo, un servizio on-demand fortemente orientato alla sperimentazione di nuovi generi, ma al contempo sensibile ai risultati, in assenza dei quale ha ampiamente dimostrato poca flessibilità.
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