Doctor Who: Wild Blue Yonder è il secondo (di tre) speciale di Disney Plus per festeggiare i 60 anni dello show più longevo della storia della televisione, in attesa della quattordicesima stagione della serie revival
Gli speciali su Disney Plus
Abbiamo parlato del primo, The Star Beast, qui: dal 2 dicembre 2023 c’è invece Wild Blue Yonder, e sembra pensato e costruito per aumentare l’hype, in un crescendo emotivo e narrativo in continuità con lo speciale precedente.
E se il primo speciale colpiva al cuore mentre univa il metatesto (il ritorno del Dottore in tv) e il racconto, con una vera e propria celebrazione, questo secondo affascina nel profondo impregnando il racconto e le immagini di un’immanenza incombente e a tratti spaventosa, riempendo lo spazio del racconto di enormi vuoti siderali che si affacciano su vertiginose solitudini eterne.

E non sono pochi i passaggi di continuità che si suppone molto importanti per il Dottore più alieno della televisione, perché Wild Blue Yonder è un episodio fondamentale mentre si ispira ad un immaginario pop e horror sia classico che contemporaneo (da Noi di Jordan Peele al Cube di Vincenzo Natali fino all’Alien di Ridley Scott). Come insegna la tradizione, l’horror è il genere che più si presta all’introspezione, e lo show non fa eccezione, perché tensione e approfondimento psicologico sono una costante nei 50 minuti della puntata, senza ovviamente mai rinunciare a quella patina naif e sempre e comunque ironica che ha contraddistinto le diverse trasformazioni del Dottor Who.
La recensione di Wild Blue Yonder
Certo è che gli speciali Disney Plus non contribuiscono a rendere sempre più coesa l’architettura della serie, celebrandola e insieme arricchendola di nuovi spunti e suggestioni; e fa bene notare che l’aumento del budget a disposizione per la produzione non contraddice la dimensione profondamente, ontologicamente naif della creazione di Sydney Newman, e neanche la prospettiva artistica.

Wild Blue Yonder conta solo i due attori protagonisti sulla scena (David Tennant e Catherine Tate) ma riesce a mantenere la tensione altissima dall’inizio alla fine e a mostrare un cuore palpitante sotto il racconto: ma alla fine quello che colpisce di più (in attesa di The Giggle) è il ponte lanciato dalla produzione tra passato e futuro, con la precisa volontà di rendere la quattordicesima stagione del Doctor Who un’opera di tutto rispetto, contemporanea e insieme consapevole della propria storia, forse anche competitiva con un mercato seriale sempre più intasato ma anche sempre più col fiato corto.