Nel corso della 29esima edizione del MedFilm Festival, è stato presentato in prima assoluta il documentario 'The Dreamers: Afghan Women’s Resistance', diretto dal documentarista italiano Alessandro Galassi. In virtù di questo ambizioso progetto abbiamo pensato di approfondire il lavoro del regista.
Nel corso della 29esima edizione del MedFilm Festival, è stato presentato in prima assoluta il documentario The Dreamers: Afghan Women’s Resistance, diretto dal documentarista italiano Alessandro Galassi, realizzato con Avvenire e con l’intervento di NOVE Caring Humans.
In virtù di questo ambizioso progetto abbiamo pensato di approfondire il lavoro del regista, nella volontà di scoprire le motivazioni e le intenzioni dei suoi documentari. Galassi scrive sul suo sito ufficiale:
‘Nato a Macerata, vivo tra Roma e città del Messico. La radio è stata la mia prima passione, ma è stato il sociale vissuto con diverse esperienze ad avermi insegnato a guardare e raccontare con rigore. Mi interessano le persone e le loro storie, spesso quelle meno raccontate’.
Realizza progetti per il Corriere della Sera, El Pais, Unicef, Università la Sapienza, Magnolia, Endemol Skine, Unhcr, Oim. Collabora dal 1999 con la Rai, ed è socio delle messicana Lum arte y medios. Inoltre si occupa del coordinamento e della realizzazione di progetti sociali presso l’Istituto Penale per Minorenni di Roma ‘Casal del Marmo’. Infine, co-direttore artistico Festival della Missione (Milano 2022).
The Dreamers: Afghan Women’s Resistance (2023)
Un frame del docufilm “The dreamers” – A.G.
Il docufilm di Alessandro Galassi, della durata di 17 minuti, porta sullo schermo il grande sogno delle giovani afghane che, sfidando il divieto d’istruzione per le donne, imposto dai talebani il 15 Agosto 2021 ,e rischiando la propria vita, frequentano scuole clandestine. In questi centri di apprendimento del distretto di Bamyan, a nord-ovest di Kabul, emerge il coraggio, la passione, la determinazione delle studentesse e delle insegnanti che non rinunciano alla formazione, al futuro, alla speranza.
Queste scuole segrete, tollerate dalle amministrazioni talebane locali perché sostenute dai consigli degli anziani, permettono ad oltre novecento studentesse di apprendere gratuitamente inglese, informatica, matematica e scienze, ma soprattutto danno loro la possibilità di coltivare i propri sogni. In una spinta verso la resistenza, il cambiamento e la speranza di un futuro migliore.
Al cinema Savoy di Roma, in occasione della presentazione del cortometraggio, proiezione speciale del MedFilm Festival, il regista Galassi ha rivelato al pubblico i dubbi e le sensazioni provate nel corso di quest’incredibile viaggio, avvenuto soltanto qualche mese fa:
«Può lo sguardo di un uomo occidentale cogliere la forza di queste giovani donne che hanno scelto di trasformare il proprio corpo, la propria intelligenza, la propria voglia di vivere in resistenza quotidiana? È la domanda che mi ha accompagnato per tutto il viaggio. La risposta è venuta nell’incontro con loro. E da un dettaglio, apparentemente insignificante. Queste ragazzine ascoltavano “The dreamers” della band coreana Bts, come mia nipote qui a Roma. Nessun regime può togliere alle adolescenti la capacità di sognare».
Fratelli Tutti (2022)
Il mondo è in frantumi, la fraternità spezzata dal moltiplicarsi dei muri fisici, economici, legali. Mai come ora l’ecologia – intesa come relazione tra essere umano e natura – è ferita. Questo tempo di crisi è, però, tempo di sogno.
Donne e uomini in pellegrinaggio sulle vie del mondo: sulle strade affollate delle grandi metropoli come sui viottoli sterrati dei villaggi remoti del Sud del mondo.
Attraverso tre storie, il documentario racconta chi ha scelto di farsi missione, incarnandosi nei popoli e camminando con i popoli e per i popoli del pianeta. Spostandosi dal Brasile alle Filippine, “Fratelli tutti” si sofferma sulle “soglie” fra luogo e non luogo. Fra la realtà, spesso tragica, dei luoghi dove si “ammassano gli scarti” del nostro modello socio-economico, e l’utopia quotidiana di quanti, come i missionari, non si rassegnano alla dittatura dell’esistente ma hanno il coraggio di piantare semi di bene.
Anamei, Los Guardianes Del Bosque (2021)
Il documentario Anamei, Los Guardianes Del Bosque racconta di alberi, di uomini e di Dio con uno sguardo amorevole sulla bellezza del mondo e delle persone.
Ad Anamei si rivolse, al principio dei tempi, il popolo indigeno Harakbut dell’Amazzonia peruviana per salvarsi dalla distruzione. E continua a farlo anche oggi per trovare la forza di resistere a vecchi e nuovi conquistadores.
Un tremendo pericolo incombe su questo popolo di meno di 2mile superstiti e sul resto della regione. Cuore ferito e pulsante dell’Amazzonia peruviana nella ragione di Madre de Dios: l’estrazione dell’oro. Le miniere illegali hanno ingoiato oltre 50mila ettari di foresta, trasformando gran parte della riserva della Tampobata in una landa di terra rossa. Insieme agli alberi, il metallo prezioso divora le vite di centinaia di migliaia di donne e uomini, ostaggio del lavoro schiavo e della prostituzione forzata.
Madre De Dios è dunque la metafora concreta di quanto crisi ambientale e crisi sociale siano intimamente collegate. Per questo Papa Francesco ha deciso di aprire là, nel Gennaio 2018, il Sinodo sull’Amazzonica. Il pontefice ha chiamato la chiesa universale a riflettere sulla realtà amazzonica. Cartina di tornasole delle sfide, spirituali e materiali della contemporaneità. Il mito di Anamei costituisce l’asse portante del documentario, raccontato in audio dalla poetessa Ana Varela Tafur.
Il regista Alessandro Galassi in merito al film:
‘Non mi sono mai occupato di Vaticano né di Amazonia. Nell’estate 2019, però, un amico vaticanista mi ha parlato del Sinodo straordinario dedicato alla regione che si sarebbe tenuto nei mesi successivi a Roma. La notizia mi ha colpito. Sono da sempre molto interessato alle questioni latino-americane. Ho la fortuna di vivere alcuni mesi all’anno in quella parte di mondo, quindi i presupposti erano perfetti. Del resto è la curiosità che mi ha portato a fare il documentarista […] Ho cercato di non indulgere al piacere del sensazionalismo. Di narrare, in modo sobrio e vero, lo scempio di risorse, di natura e di vite. E poi di raccontare di alberi e di uomini, valorizzando il messaggio’.
Sassi (2018)
Sassi è un documentario che racconta storie di resistenza. È la fotografia di 6 persone diverse, unite dal desiderio comune di restare, di non abbandonare la loro terra, distrutta dal terremoto. A due anni dal sisma che ha colpito le Marche e l’Umbria, nella zona montana di Visso Castel Sant’Angelo e Camerino, è difficile tornare alla vita.
Mario e Damiano sono due giovani allevatori. Non se ne sono mai andati da Visso. Dopo la scossa di agosto, hanno vissuto in tenda i primi giorni. Poi, quando hanno trovato il coraggio di tornare nelle case, è arrivata la scossa del 30 ottobre che ha buttato giù tutto. Insieme ai pochi rimasti, hanno occupato il parcheggio del campo di calcio, zona ribattezzata Bronx, il quartiere di chi ha deciso di rimanere, in attesa delle casette che sono arrivate dopo più di un anno dalle scosse.
«Sono paesi distrutti, torneremo in piazza non prima di 20 anni» racconta Emanuela, la geometra che si occupa di ricostruzione. Ha portato la sua famiglia a Roma e lei è tornata nella sua terra. Tanti però hanno perso la speranza e con il contributo dello stato hanno preso in affitto case in altre zone. «Se molti non torneranno, questi paesi sono destinati a morire» racconta Mario.
Sandra e Cesare sono due anziani portati in un hotel al mare, lontani dalle loro montagne. Volevano tornare, anche se non vedranno mai la loro casa ricostruita: sono troppo anziani. Ma hanno diritto ad una casetta in legno a Castel San Angelo. La costruzione dei moduli abitativi è terminata solo a marzo di quest’anno.
Hannah invece è una ragazza americana che studia geologia all’università di Camerino. Era il suo sogno vivere in una città medievale: «Negli Stati Uniti tutto è nuovo». Ma ora ha paura a stare in una zona sismica: quante volte il terremoto distruggerà queste zone, quante volte gli stessi sassi saranno usati per ricostruirle?
Fronteras Mexico (2014)
Fronteras Mexico narra le storie di donne e di uomini in cammino. Sono oltre 200 mila ogni anno, partono dai paesi del Centro America per raggiungere gli Stati Uniti alla ricerca di un lavoro. Il documentario racconta le loro storie e le frontiere del paese. La frontiera con il sud con il Guatemala Tapachula e la frontiera con gli USA, Juarez, la città con il più alto numero di omicidi al mondo.
Il Posto Della Neve (2011)
ECCOM produce Il posto della neve, finanziato da Marche Film Commission, documentario, dedicato al “giallo del secolo”, la scomparsa della Baronessa De Rothschild.
Il 29 novembre del 1980, nella misteriosa montagna marchigiana dei Sibillini, si perdono le tracce dell’inglese Jeannette Bishop May – moglie divorziata del potente banchiere Evelyn De Rothschild – e della sua ex governante, la friulana Gabriella Guerin. Gli scheletri delle due quarantenni, insieme alle loro borse, vengono rinvenuti nei pressi del cimitero di Fiastra il 27 gennaio del 1982, a più di un anno dalla loro scomparsa.
Gli inquirenti esplorarono varie piste: il rapimento, l’incidente di montagna e il delitto. Le indagini si intrecciano con un furto avvenuto poco prima da Christhie’s a Roma e con gli ambienti di Sergio Vaccari, l’antiquario italiano ucciso a Londra. Si parlò di mafia, di contrabbando di opere d’arte, furono ipotizzati legami con il caso Calvi.
Un’inchiesta lunga e difficile, diventata un caso internazionale e finita con un «verdetto aperto». Dopo più di 30 anni, la scomparsa delle due donne rimane un caso irrisolto, un vero e proprio “giallo” consumatosi all’ombra di una catena montuosa – quella appenninica dei Sibillini – segnata da tradizioni antichissime e affascinanti che ruotano intorno alla Sibilla, figura mitica e ambigua, sospesa a metà tra una fata e veggente benefica e una perfida strega tentatrice.
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